Chiedimelo.
Alla domanda della ragazza seguirono vari secondi di silenzio. Arthur aveva annuito, confermando così che le sue supposizioni, circa il fatto che aveva mentito, erano vere, ma non fece in tempo a risponderle, che Clelia li chiamò sottocoperta. Voleva sapere quale fosse il loro piano.
Asteria non seguì molto ciò che stava dicendo la donna, la sua mente era ancora ferma ai lividi sul corpo del ragazzo. Voleva capire quanto fossero gravi, ma la camicia, per quanto leggera, non glielo permetteva a pieno.
L'esercito di Makai non era stato istituito per combattere, ma per difendere il regno e tutti i suoi abitanti. Makai non rubava, non illudeva e soprattutto non feriva.
Era stata cresciuta sulla base di queste tre regole e le seguiva come una sorta di religione. Doveva essere onesta e giusta con gli altri, indipendentemente dal resto.
Spesso Aslan la incitava a prendere in mano la situazione, a reagire e non solo con le parole. Perché la ripetuta violenza che subiva non poteva essere risolta facendo due chiacchere davanti a un tè. Ma questo non era ciò in cui lei credeva. La violenza avrebbe portato altra violenza e il suo compito era quello di chiudere il circolo che si sarebbe andato a creare.
«Come preferisci,» aveva sospirato una sera. Erano seduti sul prato del giardino reale, sotto un'alta siepe, con solo la luna a fare da testimone. «So quanto è importante per te e rispetto la tua decisione, Asti, ma tu rispetta la mia quando farò loro tagliare la testa.»
Un brivido la percosse e si rese conto di essersi imbambolata a osservare un punto indefinito del pavimento, mentre Clelia e Arthur la osservavano in attesta di una risposta a una domanda che lei non aveva sentito.
Si aggiustò il cappuccio del mantello e si schiarì la gola. Vide Arthur sospirare e passarsi una mano sopra la testa. Clelia appoggiò entrambe le mani sul tavolo di legno, su cui era stesa una vecchia cartina, e scosse la testa. «Asteria, concentrati. Dobbiamo muoverci, non ci vorrà molto prima che vi trovino. Dove vuoi che vi lascio?»
«Aestha.» Rispose prontamente.
Clelia si girò di scatto e alzò un sopracciglio. «Non se ne parla, non sei pronta.»
«Clelia?!» Da lei non se lo aspettava.
«No. Tu non hai idea di cosa ti aspetta. Sei abituata a Makai, sei abituata alle quattro mura del tuo castello. Non puoi andare ad Aestha.» Mentre parlava però non ebbe il coraggio di guardarla negli occhi. Non le piaceva fare la parte della dura, comportarsi come sua sorella.
«Non ho scelto io di stare tra le mura del mio stupido castello, Clelia. Ho studiato Aestha e la sua cultura per anni, so cosa mi aspetta.» Protestò. Sapeva che la sua isola non era neanche lontanamente come la Capitale, sapeva anche di non essere pronta, ma solo perché il mondo l'aveva sempre visto attraverso i libri e i racconti di Aslan, mai dai suoi occhi. Aveva paura, ma non si sarebbe tirata indietro. Non quando c'era lui in gioco.
Notò Arthur guardarla con serietà. Come se cercasse di capire qualcosa, ma non poteva decifrare nulla dal suo volto ancora nascosto.
Clelia chiuse la mano a pugno, lo sguardo ancora sulla cartina.
«Ti prometto che starò attenta.» Continuò la principessa. «Non ci fermeremo molto, dobbiamo solo proseguire verso l'entroterra.»
«Devi pagare una tassa per proseguire.» La interruppe Arthur con voce ferma. Il sorriso di prima era scomparso. Aveva la schiena appoggiata alla parete e una mano dentro la tasca del pantalone. «Chiedono i documenti, non vivono tra gli unicorni come voi, principessa.»
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Il Matto, Il Carro, La Torre, La Luna
FantasíaLasciate che vi racconti la storia di due regni, che per l'amore proibito e nascosto dei loro due re, stavano per unirsi sotto un'unica bandiera e un unico nome, sfruttando l'amore combinato e corrisposto dei loro figli. Un'unione che come un velo...