17. Kaya

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Marchiata.

Kaya camminava a fatica dietro Killian per il sentiero che entrava all'interno dell'alta vegetazione dell'isola. Il vestito strappato le si impigliava tra i rametti e tra le foglie delle piante ai lati del sentiero, rendendolo ancora più rovinato e sporco di quanto non fosse.

In più, faticava a mantenere il passo sostenuto dal ragazzo. Era fuori allenamento e le scarpe che indossava sprofondavano nel fango rendendo il tutto ancora più difficile.

Killian non fece caso alle sue difficoltà e continuò a camminare. Aveva indosso ancora i vestiti da prigioniero, dei vecchi stracci incolore. A Makai la libertà era simboleggiata da colori vivaci, forti, come quelli dei loro frutti. Essere privati di questi era fonte di vergogna.

Kaya provò a distrarsi concentrandosi su di lui. Era più alto di lei, i capelli scuri e ondulati gli arrivavano alle spalle, conferendogli un'aria più selvaggia e meno regale. Eppure, gli anni di allenamento come prima guardia si vedevano tutti dal suo portamento. Era rigido, camminava con la schiena dritta e i muscoli tesi, come se fosse in continua allerta e pronto a mettersi in posizione d'attacco.

Infatti, si bloccò di colpo quando sentì un lontano rumore, che Kaya non percepì, troppo concentrata a non cadere nel fango.

Il ragazzo allungò una mano dietro di sé, per farle segno di fermarsi e lei fu più che felice di assecondarlo.

Killian rimase con le orecchie tese per qualche secondo, poi andò qualche passo avanti e alla fine sospirò. «Ci siamo quasi» disse. «C'è un villaggio alla fine del sentiero, sta succedendo qualcosa, sono sicuro che sia lui.»

Da ciò che le aveva detto prima che iniziassero a camminare, non era più convinta di voler incontrare questo Khaosrim. Eppure, era il fratello di Izumi ed era stata lei a portarla lì, da lui. Tra streghe e maghi si sarebbero compresi. Non aveva niente da temere. In ogni caso però, decise di distrarsi o i pensieri avrebbero fatto sì che le sue gambe smettessero di seguire il ragazzo.

«Quindi, chi è la tua...» strappò via un pezzo di vestito rimasto impigliato in un ramo spinoso «...tartaruga?»

Killian si voltò a guardarla con le sopracciglia aggrottate. «Honu.» La corresse. «E non sono affari tuoi.»

«Sei antipatico...» borbottò alzando le ginocchia in alto così da fare passi più lunghi, mentre con le mani si reggeva ciò che rimaneva del suo vestito. Se la sua vicina di casa l'avesse vista in quelle condizioni, le si sarebbe preso un infarto.

Killian si fermò di colpo, lasciandola procedere di qualche passo prima che si accorgesse che non la stava seguendo. «Antipatico? Ho passato le ultime settimane rinchiuso in una cella, torturato dalle guardie di Landorr che hanno una passione nel gettare acqua gelata addosso ai prigionieri nudi! Stamattina ho rischiato di perdere letteralmente la testa finché una ladra non ha iniziato a parlare al contrario e improvvisamente mi sono trovato qui! Dov'è qui?! Non lo so dov'è qui!» Urlò, fece una pausa per riprendersi e ricominciò con tono più controllato. «Ma sai cosa so? Che mi ci ha portato un'entità magica. E che questa "entità" ora vuole consegnarci a...» Si passò una mano sul viso e scosse la testa, senza completare la frase.

Kaya lo osservava con gli occhi spalancati, attendendo le ultime parole, che però non arrivarono. Strinse la pietra che pendeva dal suo collo e da questa recuperò il suo coraggio, ricordandosi che era Izumi che gliela aveva data, ed era Izumi che la stava mandando da lui. Non poteva essere niente di brutto.

Killian riprese a camminare a passo svelto lasciandola confusa e rallentata, dietro di sé.

«Senti, mi dispiace per tutto quello che hai passato, ma non penso sia il modo gius-» Kaya non riuscì a completare la frase, il suo volto si trovò spalmato sopra il fango. Era scivolata, il vestito le si era impigliato nuovamente e aveva messo male il piede.

Il Matto, Il Carro, La Torre, La LunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora