21. Kaya

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Capitano.

Fu spinta talmente forte che perse l'equilibrio e colpì con le ginocchia il pavimento coperto di lastre di legno chiaro. Aveva provato a divincolarsi per tutto il tempo, urlando e scalciando, ma la presa del ragazzo dalla pelle scura era talmente forte da risultare del tutto inutile.

L'aveva trascinata sopra la nave, per poi proseguire salendo le scale dietro al timone. Kaya qui si era imposta di fermarsi, ma questo le provocò solo un livido al ginocchio perché cadde. Il ragazzo la afferrò meglio e la spinse nuovamente in piedi. Entrò dentro l'unica porta al di sopra del pianerottolo di legno e lì la spinse a terra.

Bloccò la caduta con le mani legate strette da una corda e storse la bocca in un'espressione di dolore. Fece per rialzarsi, quando allo scricchiolio delle travi di legno, si bloccò. Dei passi pesanti si stavano avvicinando.

Nella traiettoria di Kaya entrarono degli stivali neri che si fermarono divaricando leggermente le gambe. La ragazza fece salire lentamente gli occhi. Dei pantaloni marrone scuro lasciarono il posto a una camicia bianca slabbrata dalle maniche ridicolosamente ampie che gli ricadeva sul busto, era legata svogliatamente sul davanti con dei lacci dello stesso colore, lasciando in questo modo intravedere la pelle sottostante, ricoperta di tatuaggi.

Gli occhi erano del blu più profondo del mare, la osservavano con le sopracciglia nere aggrottate in un'aria schifata. I capelli neri erano tagliati corti e sistemati in modo che non ricadessero sulla fronte, ma rimanessero ordinati sopra la testa. Le labbra invece erano arricciate marcando così la sua espressione indignata e mettendo in evidenza una piccola ferita a destra, alla stessa altezza della fossetta.

«Cos'è?» Chiese. La sua voce fece vibrare il petto di Kaya.

«Una volontaria a quanto pare.» Rispose l'altro facendola tornare sulle ginocchia quando lei fece per alzarsi.

«Non sono volontaria proprio di niente!» Rispose la ragazza trovando nuovamente coraggio.

Lui la squadrò come fosse merce. Poi tornò a guardare il ragazzo dietro di lei e alzò un sopracciglio.

Questo si avvicinò di un passo. «Vi ha chiamato... col vostro nome.» Gli spiegò.

Gli occhi blu si spalancarono e tornarono a posarsi su Kaya. Aggrottò le sopracciglia e per qualche secondo pensò al da farsi. Dopo di che, lentamente, sfilò un coltello dalla sua cinta, si avvicinò a lei e appoggiò un ginocchio a terra per essere alla sua stessa altezza. Le afferrò i capelli con forza in modo da farle alzare il collo verso l'alto e avvicinò poi la lama a questo. «Chi sei?»

Kaya iniziò a respirare affannosamente, spaventata. «Mi chia...» Si bloccò, non riusciva a parlare in quella posizione e la presa le faceva male. «Kaya.» Riuscì a dire.

Lui strinse i denti e si avvicinò maggiormente a lei. «Chi ti-?» Si fermò. Gli occhi posati sul segno nero che decorava parte del suo collo. «Izumi.» Sussurrò.

«Sì.» Riuscì a dire.

Il ragazzo riportò l'arma a posto e lasciò liberi i capelli della ragazza. Tornò in piedi. «Divakar,» chiamò il suo sequestratore. «Avverti gli altri che stiamo per salpare. E che non toccassero nessuna ragazza, non questa volta.»

Un paio di secondi di silenzio passarono prima che rispondesse: «Subito, Capitano. Mentre dell'altro che ne facciamo?»

«Chi?»

Kaya sobbalzò quando accanto a lei cadde Killian sulle ginocchia. Dovevano averlo tenuto dietro di lei per tutto quel tempo. Non pensava di poter mai essere così felice di vedere una persona conosciuta il giorno stesso.

Il Matto, Il Carro, La Torre, La LunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora