33. Killian

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Uno stregone.

Sdraiato sul letto osservava le stelle che si spargevano sopra di lui, visibili grazie al soffitto aperto caratterizzante il bordello. Queste andavano sfumando mentre lentamente il sole nasceva.

Non era riuscito a chiudere occhio per tutta la notte. Non gli piaceva trovarsi nello stesso posto dove si trovava Izumi. Per questo si era recato a uno dei tanti bordelli che si trovavano sull'isola, ma la sua ansia non era diminuita più di tanto. Sapeva che lei era lì e sapeva che aveva tutti i motivi per volerlo morto.

L'agitazione di Kaya per ciò che stava vedendo mentre si trovava sotto incantesimo, non gli era affatto piaciuta. Aveva chiesto a Khaosrim di farla fermare ma lui sembrava averlo ignorato o forse proprio non lo aveva sentito. I suoi occhi erano su Kaya, come se la stesse controllando o studiando.

Quando la roscia iniziò a tremare, Killian gli era corso vicino cercando di farla svegliare. Fino a quel momento non aveva osato avvicinarsi, neanche quando era caduta per raggiungere la torretta, perché sapeva che la strega lo avrebbe punito. Izumi la proteggeva e non avrebbe mai permesso a Killian di starle vicino in quella che era la sua casa.

Si aspettava infatti di provare qualche sorta di dolore fisico avvicinandosi alla roscia, visti i poteri di Izumi, specializzati sul corpo e la sua anatomia, ma non sentì nulla. Si era voltato a osservarla e l'aveva vista guardare Kaya con sorpresa.

Sbuffò e si sforzò di allontanare la mano dalla bocca, non doveva mordersi le unghie dallo stress. Voleva chiedere a Kaya cosa avesse visto nei ricordi, se c'era anche lui. Ma la sera prima non aveva fatto in tempo, la ragazza era caduta in un sonno profondo poco dopo essere uscita dal ricordo.

«Non riesci a dormire?» Il ragazzo sdraiato accanto a lui gli accarezzò il petto con le sue dita fredde.

Killian sorrise e si voltò. Non gli rispose, lo osservò e basta, mentre con una mano avvicinava il volto del ragazzo al suo. Non ricordava neanche lontanamente quello del suo honu. Nessuno ci si sarebbe mai avvicinato. Eppure lui continuava a provarci, a trovare una persona che potesse sostituirlo.

«Posso aiutarti...» Sussurrò il ragazzo allungando una mano al di sotto delle coperte che coprivano le loro gambe.

Killian chiuse gli occhi e annuì. Avrebbe immaginato il suo volto, i suoi occhi, le sue mani. «Solo,» mormorò «non parlare.» E il ragazzo non lo fece.

Cercava di ignorare l'inutilità di ciò che si ostinava a fare. Non si poteva sostituire un honu. Quelle sensazioni erano irriproducibili. Era legato a lui dal momento in cui aveva avuto l'effetto. Ricordava ancora tutto quanto. Il momento in cui era successo, il battito cardiaco che sembrava essersi dimenticato come funzionare correttamente, un solletichio allo stomaco e poi... felicità. Tantissima felicità. Non riusciva a smettere di sorridere.

Con lui intorno stava bene. Era in forma, era in salute, era felice. Bastava che gli stesse vicino per provare quella magia.

Gli mancava.

Il vuoto che aveva lasciato sembrava incolmabile, ma sapeva che non era la fine. No. Aveva sentito storie di persone che avevano dovuto dire addio al proprio honu, salutarlo definitivamente e sperare di incontrarsi nella nuova vita. Alcuni dal dolore erano morti il giorno successivo. Perché al proprio honu si è legati nella vita e nella morte. Altri, più forti, erano riusciti a non lasciarsi andare, avevano deciso di lottare contro la tristezza, ma non avevano più provato felicità.

Quella di Killian non era la fine. Non ancora.

Improvvisamente la porta della stanza si spalancò e andò a sbattere contro il muro. Killian alzò la schiena spaventato, mentre il ragazzo accanto a sé si pietrificò.

Il Matto, Il Carro, La Torre, La LunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora