Protettore della Principessa.
Il vestito strappato le lasciava libere le gambe dal ginocchio in giù che, insieme alle braccia, non erano mai state così scoperte. Si sentiva a disagio. In più, l'aria che si scontrava con la pelle nuda non aiutava. Eppure, non si poteva fermare. Doveva correre più che poteva.
Un soldato l'aveva vista, aveva urlato, risvegliando così il proprietario del bancone da quello che sembrava un sogno a occhi aperti.
Era arrivata fin sotto il palazzo, quando una folla di persone le permise di nascondersi e recuperare del tempo per riflettere sul da farsi.
Il respiro era ansimante e un fischio fastidioso accompagnava ogni espirazione, si sentiva il petto oppresso e la tosse che era riuscita a controllare per tutta la corsa ora si stava ribellando, ma non doveva fermarsi. Odiava correre, o meglio, era il suo corpo che odiava correre, era come se non fosse fatta per quello, ogni volta che ci provava finiva per sentirsi così.
Camminò velocemente tra le varie persone, cercando di non dare troppo nell'occhio, finché non arrivò alla prima fila, dopo la quale vide una struttura in legno da cui pendeva un cappio, sotto il quale era posto uno sgabello.
L'esecuzione.
La scena era ancora vuota, ma abbassò comunque lo sguardo, non voleva vedere.
Continuando a tossicchiare e a reggersi il petto si fece strada tra gli abitanti di Makai in attesa. Riuscì a captare qualche parola di alcune conversazioni, sentì nominare il principe perduto, qualcuno parlò della principessa con compassione, dicendo che non era colpa sua, per altri invece era stata lei a maledire l'isola.
Aveva sentito parlare della principessa Asteria. Su di lei giravano diverse storie. La sua vicina non perdeva occasione di raccontargliele tutte, aggiungendo le varie sciagure che sarebbero ricadute su Landorr se solo quel matrimonio si fosse compiuto. Quando Aslan scomparve fu come se avessero avuto la conferma di quelle voci.
Kaya non badava molto a quelle che erano solo parole, in più aveva altro su cui concentrarsi. Come non deludere Izumi con le pozioni che le dava da fare per esercitarsi, oltre ad assicurarsi che suo fratello non la rimproverasse troppo.
Sentì qualcuno urlare alle sue spalle e si voltò giusto in tempo per vedere il soldato che l'aveva beccata a rubare, avvertire altri compagni. Kaya fece il gesto di tirarsi su il cappuccio per poi ricordarsi che non aveva più il mantello e che il suo nuovo vestito a prova di svenimento, era già tanto se le copriva il resto del corpo.
Si infilò velocemente all'interno di un arco buio che si apriva fra le mura del castello. Si addentrò in profondità sperando di potersi nascondere tra le tenebre, trovò una porta di legno accostata e ci scivolò dentro.
Una luce fioca le mostrava un breve corridoio che separava degli spazi sterrati, delineati da sbarre. Strinse i denti e si maledì, pensò di tornare indietro, quando sentì un rumore metallico. Si bloccò pensando fosse la spada di un soldato.
Il rumore continuò con insistenza, prima piano e poi più forte, quasi disperato. Ci furono dei secondi di silenzio in cui Kaya sentì solo il battere del suo cuore. Dopo di che, improvvisamente, un urlo.
La ragazza sobbalzò e si ritrasse addosso al muro alle sue spalle, ma inciampò sbadatamente su sé stessa cadendo sulle ginocchia.
«C'è qualcuno?» La voce ruppe l'aria piena di tensione. Era bassa e sembrava stesse piangendo. «Vi prego, aiutatemi. Non ho fatto niente, io non ho fatto niente! Non è stata colpa mia!»
Kaya tornò in piedi soffocando un lamento. Con gli occhi abituatisi al buio si avvicinò alla voce, verso la fine di quella che sembrava una grotta, dove solo una lanterna illuminava debolmente.
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Il Matto, Il Carro, La Torre, La Luna
FantastikLasciate che vi racconti la storia di due regni, che per l'amore proibito e nascosto dei loro due re, stavano per unirsi sotto un'unica bandiera e un unico nome, sfruttando l'amore combinato e corrisposto dei loro figli. Un'unione che come un velo...