Voglio Andare a Makai.
I capelli neri erano spettinati sopra il cuscino. Il corpo nudo e ansimante era nascosto da pesanti coperte. Izumi accanto a lei sorrideva soddisfatta di quell'espressione che decorava il volto della ragazza. Si avvicinò e le leccò il collo, fino ad arrivare al suo orecchio, dove le morse il lobo.
«Smettila.» Sussurrò Kaya senza allontanarsi.
«Non fingere che non ti sia piaciuto, ragazzina.» Izumi le fece scorrere l'indice nero sopra il petto, seguendo un percorso invisibile.
Odiava quando la chiamava in quel modo. Non era una ragazzina, non era stupida come pensava. Offesa si alzò di scatto facendola allontanare. Le coperte le caddero di dosso e la pelle nuda e bianca rabbrividì per il freddo. «Non fingo, infatti. Ora voglio delle risposte.»
Izumi scoppiò a ridere e si stese sul letto, alzando una mano oltre la testa. «Sai che non puoi mentirmi!» Il corpo nudo, steso sopra le coperte, mostrava i segni di quelle che Kaya aveva sempre immaginato fossero torture. Non le aveva però mai chiesto niente e Izumi non ne aveva mai parlato. Fino a qualche minuto prima stava baciando quelle cicatrici ed ebbe l'impulso di tornare su di lei e riprendere da dove aveva lasciato.
Scosse con forza la testa per allontanare quei pensieri. Afferrò il suo vestito caduto a terra e se lo infilò prima che cambiasse idea. «Voglio delle risposte.»
«E io una parola magica... per fa-?»
«Izumi!» Esclamò non appena riuscì a liberare la testa da tutto il tessuto del suo vestito. La strega aveva ragione, le era piaciuto, lo aveva voluto, ma l'aveva fatto solo perché era l'unico modo per pagarla delle sue risposte.
La donna sorrise mostrando i denti affilati. «Va bene, ragazzina. Ma solo per questa volta.» Si alzò e senza badare a coprirsi si avvicinò al tavolo in fondo alla stanza. Sopra di esso una piccola finestra da cui entrava la luce dell'aurora.
Il tavolo ospitava alcune pietre colorate, delle candele nere consumate e un vecchio mazzo di carte rovinato. «Qual è la tua domanda, tesoro?»
«Puoi coprirti? Non riesco a concentrarmi...» Borbottò pettinandosi i capelli con la mano, Arthur si era preoccupato che tornassero perfettamente neri prima della sua partenza, prolungandosi poi in una sfilza interminabile di raccomandazioni su come comportarsi durante la sua assenza. Aveva smesso di parlare solo una volta sopra la nave.
La donna alzò un sopracciglio e sorrise maliziosa. «È questa la tua domanda?»
«No.» Rispose subito facendo un passo avanti. «Voglio sapere di mio fratello.»
La strega alzò gli occhi al cielo. «Tuo fratello...» Borbottò con disprezzo. «Senza che disturbo gli spiriti, te lo dico io: è un idiota.»
La ragazza fece un respiro profondo e alzò un sopracciglio. Era incredibile come quei due non si fossero mai incontrati, ma provavano comunque un odio reciproco. Arthur aveva paura che la portasse sulla cattiva strada, che potesse metterla nei guai. Izumi invece sapeva che era lui il motivo per cui Kaya non si lasciava andare alla magia e alle sue vere potenzialità, lui e la sua mente ottusa, come molti altri del suo stesso popolo.
«Va bene.» Sospirò la strega alzando gli occhi al cielo. «Ma devi essere più precisa.»
Fu allora che la ragazza si rese conto che stava accarezzando le carte, le mischiava, ci tamburellava sopra con le lunghe unghie nere, ci stava parlando. «Voglio sapere... cosa lo aspetta?» Si aspettò di essere sgridata nuovamente, ma Izumi non disse nulla, chiuse gli occhi e si concentrò.
Le candele sul tavolo si accesero all'improvviso. La strega ribaltò gli occhi, mostrando la sclera, alzò il mento verso il soffitto e si avvicinò a Kaya come se fosse in trance. Lei si sforzò di non muoversi, nonostante tutto il suo corpo le gridasse di scappare, si morse una guancia e resistette.
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Il Matto, Il Carro, La Torre, La Luna
FantasiLasciate che vi racconti la storia di due regni, che per l'amore proibito e nascosto dei loro due re, stavano per unirsi sotto un'unica bandiera e un unico nome, sfruttando l'amore combinato e corrisposto dei loro figli. Un'unione che come un velo...