CAPITOLO QUATTRO.

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PARTE UNO

Louis tornò dalla sua corsa e sorseggiò il caffè che Harry aveva preparato mentre lui era fuori. Guardò dalla finestra sul retro. Si era svegliato con una sensazione di disagio addosso. L'aveva attribuita al fatto che aveva portato una ragazzo a casa dei suoi genitori per la prima volta da... allora.

Si trattava soltanto di un mese, rammentò a sé stesso. Poi tutto sarebbe tornato normale. Sempre ammesso che un'altra missione potesse considerarsi una cosa normale.

Dopo quel momento – Harry sotto di lui in mezzo ai fiori del giardino dei suoi genitori – non era riuscito a dormire. Ammirarlo, vederlo sorpreso, con la meraviglia negli occhi, gli era sembrata una visione di meraviglie future. Cose che non potevano accadere.

Pensò di comperare un materasso gonfiabile e di andare a dormire in un'altra stanza. Ma gli era piaciuto svegliarsi con corpo di Harry appiccicato al suo. Gli era piaciuto sapere che lui era al sicuro. E percepire il contatto con quelle morbide curve stava riportando in vita sensazioni che credeva perse da tempo. Stava giocando con il fuoco, ma una parte di lui se ne fregava alla grande.

Sentì un cigolio dal portico sul retro e lo vide, con lo sguardo basso, che si dondolava sull'altalena nel silenzio delle prime luci dell'alba. Salì sul portico. Harry lo sentì avvicinarsi e si raddrizzò, passandosi una mano sul viso.

«Buongiorno», disse lui, sondando il terreno.

«Buongiorno», rispose Harry allegramente, ma senza guardarlo. «Mi sono svegliato presto per il primo giorno di lavoro».

Lui non disse nulla. Sapeva riconoscere qualcuno che aveva pianto. Crescendo insieme alle sue sorelle, lo aveva visto succedere spesso.

Lui saltò giù dal dondolo e cercò di evitarlo. Lo bloccò e posò il caffè sulla balaustra. «Harry» Si diresse verso l'altro lato, ma lui gli bloccò la strada con facilità. «Harry». Mise le mani sulle spalle e quando lui si rifiutò di nuovo di guardarlo in faccia, Louis spostò le dita sotto il mento per fargli alzare il viso.

I suoi occhi verdi erano pieni di lacrime, che gli caddero sulle guance non appena incontrò il suo sguardo.

«Maledizione». Lo tirò a sé e posò il mento sulla testa.

«Sto bene», sussurrò Harry sul suo torace nudo.

«Certo, certo». Lo abbracciò un po' più stretta.

«Non è niente».

O almeno Louis pensò che avesse detto qualcosa del genere. La sua voce era troppo ovattata per capirla per bene. Harry gli avvolse le braccia intorno alla vita.

«Okay».

Continuò a tenerlo così, carezzando delicatamente la schiena fino a quando non sentì il suo respiro farsi più profondo.

«Harry, se proprio non vuoi lavorare per me, non sei obbligato».

Quella battuta si dimostrò utile. Lui si tirò indietro e lo guardò con un sorriso velato dalle lacrime.

«Non si tratta del lavoro. Almeno non ancora. Non ho idea del tipo di ambiente che mi offrirai. È stato solo un attimo di commozione, adesso è passato».

«Un attimo di commozione?».

Lui annuì.

«Adesso è passato? Così, semplicemente?». Harry annuì di nuovo.

«Non è che hai bisogno di parlare o... di qualcos'altro?»

«No». Di nuovo gli sorrise con gli occhi lacrimosi.

If Only You Were Mine.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora