CAPITOLO CINQUE.

2.6K 124 35
                                    




PARTE UNO.

Come da accordi, l'ultima busta paga di Harry arrivò in ufficio. Qualsiasi cosa Louis avesse detto a Brad, doveva averlo spaventato abbastanza da convincerlo a smetterla con le chiamate. Il telefono di Harry era meravigliosamente silenzioso.

E, come promesso, portò Louis a cena fuori.

Prese in considerazione vari ristoranti prima di scegliere un'accogliente steakhouse a una ventina di chilometri del paese verso est. Con tutta l'attenzione che avevano suscitato, non avrebbero potuto cenare tranquilli se fossero rimasti a Doncaster.

Ricordò a sé stesso che quello non era un "vero" appuntamento. Il che non significava che non dovesse fare un piccolo sforzo per rendersi presentabile.

Si vestì in maniera casual, come sempre, con dei pantaloni stretti neri e maglione caldo che lo avvolgeva dal freddo. Si ravvivò i ricci.

Si guardò allo specchio del bagno del piano terra e si rese conto di essersi dimenticato i suoi anelli. Tornò al piano di sopra ed entrò in camera da letto. Mentre rovistava nel cassetto Louis tornò dal bagno.

Con indosso solo un asciugamano.

Aveva il petto imperlato da piccole gocce d'acqua. I tatuaggi sulle braccia attirarono di nuovo la sua attenzione. L'asciugamano, avvolto indecentemente in basso sui fianchi, lasciava vedere gli addominali scolpiti.

Il cerchio d'argento che teneva tra le dita gli scivolò e cadde rumorosamente a terra.

«Io... ehm...», si chinò e raccolse l'orecchino. «Ehm, scusa».

Con le guance rosse per l'imbarazzo, uscì in fretta dalla stanza, lasciando Louis a sghignazzare alle sue spalle. Harry si precipitò in cucina e infilò la faccia nel congelatore per far sbollire il rossore. La tenne lì dentro finché non lo sentì scendere le scale. Finse di riempire un bicchiere d'acqua dal rubinetto ed evitò il contatto visivo anche quando lui entrò in cucina.

«Pronto?», Gli chiese Louis facendo scivolare le mani nelle tasche dei pantaloni. Indossava un paio di jeans e una camicia a righe grigie con le maniche arrotolate. Harry si chiese se avesse preso la prima cosa che aveva trovato nell'armadio o se anche lui avesse vagliato diverse opzioni.

In ogni caso, era così bello che l'avrebbe spogliato lì in cucina.

«Certo, andiamo».

Gli fece strada verso la sua auto parcheggiata nel vialetto. Louis si fermò accanto al maggiolone. «Vuoi che salga su questo coso?»

«Sono io che ti ho chiesto di uscire, quindi sono io che guido».

«Okay». Si accomodò sul sedile del passeggero con un sorriso ironico. «Diamo inizio all'appuntamento».

Harry sentì le farfalle nello stomaco. Quand'è che il suo corpo si sarebbe ricordato che non era una vera relazione? Avrebbe dovuto smettere di reagire in modo esagerato allo stimolo Louis Tomlinson. Sospirò e si mise al volante, cercando di ignorare quanto fossero vicini e quanto fosse buono il suo odore. Avrebbe dovuto lasciargli prendere la sua auto. Il bracciolo centrale del pick-up di Louis avrebbe fornito una barriera migliore.

Il maggiolone si accese facendo un tale rumore che Louis sollevò le sopracciglia. La cinghia cigolò per alcuni secondi sotto il cofano prima che Harry ingranasse la retromarcia.

«Gesù Santo, che cos'ha questo coso?»

«Non ascoltarlo», disse Harry accarezzando il volante. «Sei perfetta così come sei».

«Piccolo, questa macchina è più vecchia di te. Non pensi sia il caso di mandarla in pensione? Magari potresti comprarti un'auto che non assomigli a una lattina».

If Only You Were Mine.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora