Capitolo VIII

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MATTHEW

«Accidenti, Jason, ho combinato un casino!» dico.
«Jason? Chi è Jason?»
E' la voce di mio fratello Caleb. Apro gli occhi e mi rendo conto che effettivamente di fronte a me c'è proprio lui, mio fratello.
Sono tornato a casa, sono di nuovo sul pavimento della mia cucina. Mio fratello si avvicina per aiutarmi a mettermi in piedi.
«Come sapevi che...?» inizio a chiedere.
«Me l'hai detto tu Matt, non te lo ricordi?» dice lui. «Mi hai detto che quando ti ritrovi nella realtà parallela poi ritorni sempre qui a casa tua. Ho atteso la tua telefonata per un po', ho provato anche a chiamarti io, ma avevi il telefono staccato... nel frattempo sono passate diverse ore e non ti sei fatto vivo. Ho capito che quindi dovevi essere finito di nuovo a Los Angeles e ho pensato di venirti ad aspettare qui.»
Mi prendo del tempo per rispondere, soprattutto del tempo per riprendermi dal viaggio. Ho la fronte imperlata di sudore e il fiato corto.

«Insomma, chi è Jason?» chiede Caleb dopo aver aspettato in silenzio per qualche istante.
«E' il mio gancio.»
«Il tuo cosa?»
«E' un ragazzo dell'altra realtà, un nostro coetaneo. Sono finito in casa sua durante l'ultimo viaggio, sono praticamente apparso davanti ai suoi occhi. Ha pensato che fossi uno spirito, addirittura un angelo! Tuttavia, vedendo il modo in cui mi sono materializzato davanti ai suoi occhi gli è stato impossibile non credere alla mia storia, ecco perché si è offerto di aiutarmi.»
«Beh, mi sembra una buona cosa. Hai un gancio nella realtà parallela... qualcuno che fa la mia parte dall'altra parte, insomma» puntualizza mio fratello sorridendo.
«Esatto. Direi che sono stato fortunato ad incontrarlo. Soprattutto, sono stato fortunato perché ha creduto alla mia storia e subito mi ha offerto il suo aiuto.»
«E se lo fanno gli estranei, Matt, figurati i no...» inizia a dire lui.
«Lo so, Cal, lo so. Solo... potresti non ricordarmelo in continuazione per favore?»
«Certo Matt, come vuoi tu» risponde mio fratello con un velo di tristezza negli occhi.

Odio ferirlo, lo odio davvero. Ma non amo questo argomento, soprattutto non lo amo quando ho la testa e le membra pesanti dopo l'ennesimo viaggio nello spazio. D'altra parte, se solo mio fratello sapesse che ho appena raccontato come tutto questo ha avuto inizio ad un estraneo non so se reagirebbe bene.
Rimango senza parlare per qualche istante, mio fratello deve aver capito che mi sento in difficoltà per averlo zittito e prende la parola.

«Allora, che casino hai combinato con Jason?» chiede con aria più che altro rassegnata.
«Eh?» dico io, non capendo a cosa si stia riferendo.
«Quando sei comparso qui stavi dicendo qualcosa a proposito di un casino che hai combinato, stavi parlando con Jason» spiega Caleb.
«Mhm... sì, me lo ricordo! Gli ho rovesciato il... messicano sul pavimento!» rispondo.
«Il messicano? Cosa è il messicano, Matt?» chiede ancora mio fratello.
«Non l'ho più scoperto. Jason mi aveva detto che me l'avrebbe spiegato e poi non abbiamo più avuto il tempo di parlarne. Comunque, gli stavo rovesciando del cibo sul pavimento. Stavo per iniziare a mangiare ma sono sparito all'improvviso e ricordo di aver visto la sua moquette imbrattarsi di cibo. Dovrò sicuramente ripagarlo per il danno.»

Il ricordo del messicano mi ha fatto venire in mente che ho molta fame, istintivamente mi porto una mano sulla pancia che ho intenzione di riempire al più presto. Solo che sono anche tremendamente stanco, forse sarà meglio fare prima una pausa. Questi viaggi mi destabilizzano completamente.
«Caleb, ho bisogno di starmene un po' qui per riprendermi. Tu che programmi avevi?»
«Li ho annullati tutti per stare con te Matt. Quando ho capito che eri andato dall'altra parte ho pensato che avresti voluto parlarne con qualcuno. Sai cosa ho fatto venendo qui? Ho comprato un diario, ti servirà per prendere appunti sull'altra realtà» dice tirando fuori un piccolo quaderno rivestito di cartoncino grezzo.
«Ok, ti prometto che lo farò... solo, non ora Cal. Mi sento veramente stanco»
«Bene, per questa volta prenderò io appunti per te, fratellone. Inizia il racconto, sono tutto orecchi.»
Poggio la testa su un cuscino prima di iniziare.
«Te l'ho detto, mi sono ritrovato in casa di questo tipo, Jason. E' un ragazzo di ventiquattro anni, un tipo tranquillo. Abita in un quartiere figo, pieno di attori e gente ricca. E' uno studente, ma nel tempo libero cura il giardino di quasi tutto il vicinato. Io lavorerò per lui quando sarò nella realtà parallela, Jason mi pagherà in dollari.»
Dicendo quest'ultima frase mi ricordo di avere in tasca delle banconote della Terra, subito le tiro fuori per mostrarle a Caleb.
Lui si sporge per esaminarle bene, me le prende da mano e inizia a leggere tutte le diciture.
«Stati Uniti D'America» inizia a dire. «Dobbiamo studiare queste banconote con la cartina della realtà parallela, mi sa tanto che questa non si usa solo in California ma anche in altri stati.»
«Cal, non voglio neanche pensare all'eventualità di finire in altri stati» dico.
«Ok, hai ragione. Fermiamoci alla California. Quindi lavorerai come giardiniere? Non dirmi che taglierai l'erba?»
«E' stata la prima cosa che ho chiesto anche io appena Jason mi ha detto in cosa consiste il suo lavoro» rispondo, poi scoppiamo a ridere insieme.
«Jason mi ha dato un cellulare» dico tirandolo fuori dalla tasca dei jeans. «Così quando sarò lì potrò chiamarlo e lui verrà a recuperarmi.»
«Ovviamente qui non c'è campo» nota Caleb.
«Ovviamente no. Ehi Caleb, sai una cosa? Questo cellulare doveva essere venduto all'asta. Un'asta fatta in rete. Nella realtà parallela hanno un sito, gli utenti ci vendono qualsiasi tipo di oggetto e le persone se li aggiudicano facendo delle offerte. Figo, no?»
«Direi di sì...qui non esiste niente del genere.»
«Potrebbe esistere grazie a noi!» gli dico facendo l'occhiolino.
Ci mettiamo a ridere di nuovo, ma la mia risata finisce in un lungo sbadiglio. Mi sento davvero stanco, infatti un attimo dopo cado subito in un sonno profondo.

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