Capitolo XIV

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                                 MATTHEW

Sono passati tre giorni da quando, dopo la seduta di ipnosi, ho compiuto il mio secondo viaggio volontario. Non ho fatto che lavorare da Tom quasi ininterrottamente. Non ho avvertito alcun sintomo di viaggi nello spazio imminenti e devo dire che, piuttosto che sentirmi sollevato, la cosa mi rende molto irrequieto.
Sto pensando a Megan e al fatto che, se ho accettato di parlare con Valery, è stato solo ed esclusivamente per lei. Quando Jason mi ha detto di averla vista sbirciare verso casa sua cercandomi... mi è sembrato di doverglielo, ecco.
Capire di più su quanto mi accade o almeno provarci, doveva servirmi per imparare a gestire meglio i miei viaggi, ma al contrario, per il momento ho la sensazione che si siano completamente bloccati. Chissà... forse succede così dopo un viaggio volontario, forse dovrò aspettare del tempo prima di poterne compiere un altro. In fondo undici anni fa è andata proprio in questo modo. Neanche ricordo esattamente quanto tempo è passato prima che compissi il secondo viaggio, il primo involontario della mia vita.
Ed eccolo lì... mal di testa, tipico sintomo di viaggio imminente, a smentire tutta la mia teoria. Per fortuna sono a casa e sono solo. Faccio appena in tempo a mettermi in tasca entrambi i cellulari che sparisco.

Riapro gli occhi e mi metto in piedi. Quando lo faccio capisco subito di essere a Los Angeles, ormai ho imparato a riconoscere l'architettura di questa città. E anche il clima.
Ok, quindi... tasca sinistra, cellulare. Anche questa operazione ormai è quasi automatica. Faccio partire la chiamata verso Jason, lui risponde al secondo squillo.
«Accidenti Matt, non sono in città! Ma non sono neanche lontano, sto tornando proprio adesso da Las Vegas!»

«Che?» chiedo, ovviamente mi ha nominato un posto che non conosco assolutamente.
«Ci sono stato per l'addio al celibato di un amico, ma sto tornando e sarò lì fra poco. Matt, Anthony ha le chiavi di casa. Va' da lui, quando sei lì mi telefoni e gli spiego che ti fermi per un po' da me.»
«Ok, Jason, grazie» dico prima di attaccare.
Quindi sono solo. Ok, ce la posso fare, in fondo si tratta solo di qualche ora. Mi faccio spazio fra le pile di pneumatici usati e cerco di trovare una via d'uscita. Devo trovarmi in un'officina meccanica... oppure no, forse sono in un magazzino abbandonato. Sono in una stanza enorme e quasi del tutto buia. Delle finestre in lontananza fanno filtrare i raggi di luce e mi aiutano a non inciampare e a trovare una via d'uscita. Una volta fuori mi rendo conto che effettivamente ero in una specie di deposito di ricambi d'auto. Almeno non mi sono materializzato in mezzo alla strada davanti a decine di persone, mi ritrovo a pensare, nel frattempo mi sto incamminando verso quella che mi sembra una strada familiare.
Percorrendola mi rendo conto di essere già stato qui, solo che non ricordo le circostanze precise. Provo a cercare qualche insegna che possa essermi d'aiuto e ne trovo una che dice "Gli amici di Ellie"... ma certo! E' stato quando mi sono ritrovato negli Studios e poi Scarlett ha obbligato Megan a scortarmi fuori! E' andata a finire che ho accompagnato Megan a casa, camminando per strada lei mi ha raccontato qualche aneddoto del suo quartiere, che è esattamente il posto in cui mi trovo ora.
Mi sorprende ricordare le esatte e parole che mi disse lei: "Ellie è una delle mie migliori amiche, ogni tanto passo a fare un saluto a lei e a tutti i suoi piccoli amici a quattro zampe" aveva detto a proposito del negozio davanti al quale mi trovo adesso. Mi aveva anche mostrato una foto che ritraeva lei ed Ellie contornate di decine di piccoli cuccioli di cane.
Adesso girando l'angolo dovrei trovare la pasticceria di Jennifer Heines, dove Megan non va più da quella volta in cui ha trovato un capello nel muffin che stava mangiando. Giro l'angolo, pochi passi e... sì, in effetti è proprio qui.
Sorrido, mi stanno tornando alla mente i ricordi di quelle ore spensierate trascorse con Megan... insomma, spensierate proprio no, devo sicuramente averla mandata in tilt per non aver risposto a quasi nessuna delle sue domande costringendola a monologhi infiniti, ma questo ricordo mi fa tornare alla mente la sua voce e la sua gestualità ed è una bella sensazione. Sento come se... come se lei mi appartenesse, ecco. Come se la conoscessi da sempre pur non avendola mai conosciuta davvero.

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