-27- Depressione

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⚠️TW: AUTOLESIONISMO⚠️

Solo quella mattina si rese conto di quanto il corvino fosse fisicamente messo male: oltre la botta in testa e il taglio all'addome, si era anche rotto una costola, un polso e fratturato una caviglia.
Passò la mattina in ospedale a parlare con l'uomo che amava. Nonostante non potesse sentirla e nonostante lei lo sapesse, in quegli altri sei giorni che passarono, non c'è stata una volta in cui Emma non fece visita a Levi. E ogni giorno gli parlava, gli raccontava di cosa aveva fatto o cosa avrebbe fatto più tardi, a volte piangeva, altre stava in silenzio e lo guardava.

Vederlo così, la faceva soffrire un po'. Ma ormai andarlo a trovare e quel parlare con nessuno, erano le uniche cose in grado di farle provare qualche emozione; nulla più la toccava emotivamente, se non la situazione del suo amato. Solo quello era in grado di farla piangere all'immediato pensiero, nonostante fossero passati già dieci giorni dall'incidente e ormai dovrebbe già essersi abituata alla sua assenza.
Ma invece, più andava avanti il tempo, più la non presenza di Levi faceva accrescere il vuoto che sentiva dentro di sé, dentro allo stomaco, dentro al petto. Dentro al cuore.
Quel vuoto che sentiva non appena apriva gli occhi la mattina, che la tormentava durante il giorno e durante la notte, la quale non riusciva ad evitare di passare in bianco.

In effetti, il dolore l'aveva cambiata.
Era sempre stata gentile, solare sorridente. Chiunque la conoscesse sapeva che Emma Arlert era la persona più piacevole con cui stare, perché ti ascoltava, ti parlava, ti sorrideva e ti faceva ridere. E i suoi occhi brillavano, splendevano sempre, per quanto potesse soffrire dentro di sé, la scintilla negli occhi di Emma e la gentilezza del suo sorriso, erano le uniche certezze e costanti che chiunque le fosse amica potesse mai avere.
Ma erano ormai giorni che quel sorriso le era sparito dalle labbra, che quel bagliore nelle iridi della ragazza non era più lì. Anzi, al suo posto c'era ormai solo un vuoto, un'ombra. Quella luce non brillava più. Si era spenta, come lo era la sua vitalità.
Era ormai un morto che camminava.
Ogni suo passo era privo di movimento.
Ogni sua parola era priva di voce.
Ogni sua occhiata era priva di sguardo.

Era dato dal fatto che ormai non riusciva a provare altre emozioni oltre che dolore. Quella sofferenza era l'unica cosa che sentiva...ma quell'unica sensazione bastava a mandarla fuori di testa. A farla piangere ogni notte al pensiero che il corvino non era con lei, bagnando la federa del cuscino su cui sognava solo incubi che il suo subconscio rimuoveva non appena si svegliasse.
Un giorno, provò a tagliarsi i polsi con una lametta. Pensava che quel tipo di dolore l'avrebbe distratta da quello che continuava a subire da giorni. Esitò prima di farlo, pensava di non averne il coraggio. Infatti non aveva mai immaginato di averlo, perché mai in vita sua avrebbe pensato di arrivare a un punto del genere. Eppure, ecco che si ritrovava davanti al lavandino del suo bagno, ad ignorare le lacrime e i gemiti di dolore che scorrevano sulle gote e che uscivano dalle labbra, mentre strusciava quella lametta di acciaio sul polso sinistro. Presto si ritrovò con la schiena appoggiata al muro e le ginocchia tremolanti, la lametta sporca di sangue a terra, il pavimento e il tappeto macchiato di qualche goccia rossa. Ma mentre stringeva le palpebre con quasi violenza e si stritolava il polso con l'altra mano, si rese conto che in effetti il dolore fisico che ebbe provato per quei pochi ed effimeri secondi, offuscò il dolore che provava dentro di sé. Era troppo concentrata sul male che si stava infliggendo, per occuparsi del male che stava subendo da giorni.
E in un certo senso le piacque.
Le donò un tale senso di sollievo, che lei stessa si inquietò al pensiero. Ma non lo poteva negare che quei pochi attimi in cui si squarciò la pelle con la lametta furono anche pochi attimi di pace.
Così quasi ogni sera, aspettava solo il momento di infliggersi di nuovo altro dolore, per oscurare quello che non voleva sentire. Lo attendeva quasi con ansia, nonostante sapesse che faceva male a se stessa e basta, che non la stava aiutando ad affrontare la situazione di Levi. Ma quella sensazione di tagliarsi il polso con la lama era come un'anestesia. I sensi delle sue emozioni, non li sentiva più per un pochino. Poi tornavano, facevano male come prima. Ma almeno per un po', poteva sentire qualcos'altro al loro posto.

Counting Stars ||𝐋𝐞𝐯𝐢 𝐀𝐜𝐤𝐞𝐫𝐦𝐚𝐧|| Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora