Capitolo 8

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Ignara di quella conversazione Anvil proseguì la sua beata bevuta, occhieggiando con curiosità le braccia di Sarita, totalmente ricoperte di tatuaggi coloratissimi.

Non li aveva mai notati in precedenza, le era capitato di incontrare la donna soltanto in stagioni in cui indossava vestiti pesanti che le celavano la pelle.

Già abbastanza andante, scostò di lato il calice vuoto – dov'era finita la cameriera? Prima o poi avrebbe dovuto pur sparecchiare – mandandolo a far compagnia alla dozzina di bicchieri da shot della donna, poi le prese con naturalezza il polso sottile e se lo portò all'altezza del naso con entrambe le mani. Lei rise di gusto, sbuffando altro fumo.

Anvil strinse gli occhi per tentare di decifrare la scritta. Troppo buio ed era veramente piccola. "Capisci che c'è scritto, usignolo?" Chiese poi Sarita, facendosi improvvisamente seria.

Anvil sollevò gli occhi, incontrandone lo sguardo verde imbellettato.

Le sembrò fin troppo serio nonostante il velo della sbronza e le mollò il polso spontaneamente. "No, non ci capisco un cazzo." Rispose.

Aveva incominciato a strascicare le parole ma non le importava.

Era un secolo che non si sentiva tanto leggera... anche se misteriosamente osservata.

Si grattò di nuovo la nuca, dopo aver percepito l'ennesimo formicolio inspiegabile, mentre Sarita abbozzava un sorriso.

L'amica a differenza sua sembrava sobrissima... possedeva una resistenza all'alcol a dir poco inquietante.

"L'inglese no, il latino no... devi metterti a studiare, gnoccastra."

"Mai stato il mio forte, studiare" replicò Anvil.

C'era un motivo se non si era mai iscritta all'università...

Per un po' la donna se ne restò in silenzio, accavallando le gambe e provocando piccole nubi di miasma ovunque, continuando a fumare della grossa. Finalmente la cameriera si decise a sparecchiare, e le diedero subito altro da fare ordinando ancora da bere.

A quanto pare Sarita ci teneva particolarmente che Anvil assaggiasse il suo amaro preferito. Non che la ragazza fosse tanto ferrata in super alcolici, ma in quel momento avrebbe bevuto qualsiasi cosa pur di continuare a sentirsi a quel modo.

Leggera, senza pensieri.

Dio, il suo fottuto cervello di solito la tormentava in continuazione.

Quando il silenzio cominciò a farsi imbarazzante, intervallato soltanto dal vociare di quel borghetto medioevale, Anvil incominciò a scrutare più a fondo la donna esaminandola a bocca chiusa e cercando di capire cosa le passasse per la testa.

Certamente non era un tipo silenzioso, normalmente. Anzi...

Osservò quella rara bellezza così accattivante, aggressiva e dolce nel contempo, con la testa che incominciava a girarle.

Sarita era davvero una persona che la affascinava, così come quegli improvvisi sbalzi umorali tanto simili ai suoi.

La donna si decise a dare segni di vita soltanto dopo che venne loro portata la fantomatica bottiglia – aveva richiesto addirittura una bottiglia intera?! Anvil non l'aveva capito – di amaro, come se senza il suo succo magico Sarita non riuscisse a formulare frasi di senso compiuto. Schiacciò la sigaretta consumata nel posacenere e riempì i loro due bicchierini, facendo slittare quello della ragazza verso lei.

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