Capitolo 36

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Il Crus si allontanò dal gruppetto con un peso sul cuore, saltando agilmente sui tetti della metropoli e scandagliando le linee energetiche in cerca di Banjouk.

Ormai il rancore che provava per quella bestia stava mangiandosi via tutto, e lo sentiva ribollirgli nel sangue in un moto incontrollabile.

Una stilla di energia più forte lo portò a fermarsi, e planò su una tettoia spiovente in un vicolo impregnato di pioggia e puzzolente.

Ascoltò, immobile.

Quanto avvertiva era simile ad un cuore marcio che batteva nelle profondità della terra, in palpiti costanti e lugubri.

Il Crusian ridiscese la tettoia fino in fondo, lanciandosi sull'asfalto rovinato. Rovinò in terra con una capriola, spaventando una manciata di ratti occupati nel loro banchetto. Le pantegane fuggirono dai bidoni del pattume, squittendo, mentre l'uomo si rialzava lisciandosi l'abito.

Si rese invisibile ed uscì in strada.

La cacofonia lo avvolse immediatamente, innescandogli sotto pelle una moltitudine di sentimenti ed energie contrastanti... eppure quel cuore nero era lì, inconfondibile.

Una smorfia gli contrasse le labbra candide.

Si toccò la fronte con due dita e chiuse gli occhi, prima di proseguire.

Spedì il suo messaggio, scacciando la tensione che si portava in corpo.

Poi riaprì gli occhi e si guardò attentamente intorno, tra le auree brillanti della gente e l'odore della pioggia recente che si sollevava dalle strade inumidite.

Nazar volse il capo verso sinistra, apparentemente inquadrando una strada come tante altre fiancheggiata di auto parcheggiate e vetrine di negozi, ma spingendo le sue percezioni più in là e più in profondità.

Seguì quella scia palpitante di vibrazioni irrazionali e surriscaldate di plasma oscuro, che sempre si lasciavano indietro le creature corrotte da quel tipo di male che aveva incontrato per la prima volta nella grotta di Banjouk, anni prima.

Era tutt'altro che felice di dover anticipare il momento dello scontro, soprattutto essendo dolorosamente consapevole della quantità di sforzo che gli era costata l'impresa appena compiuta... eppure una parte del suo spirito antico, risvegliatasi dopo il rituale che lo aveva reso completo, agognava a riversare la sua furia su quel fratello maledetto.

Per un istante un mezzo sorriso parve increspare le labbra perfette del Crusian, poi l'aria intorno al suo corpo sfrigolò di energia statica e luce azzurra mentre sprofondava rapidissimo nel sottosuolo, inseguendo le scie nere come fossero strade oscure che l'avrebbero sicuramente condotto al suo obiettivo.

L'essere che una volta era un Crusian stava in piedi, torreggiante ed assorto, al centro di una sala dai contorni irregolari.

I lunghi capelli corvini ricadevano dritti a ciocche sulle sue spalle e teneva le dita acuminate protese dinnanzi a sé, a circondare una sfera tremolante di buio gassoso da cui ramificazioni grottesche partivano per inabissarsi nel terreno e finire chissà dove.

Le saette vermiglie che si dibattevano all'interno della sfera gli screziavano lo sfarzoso abito rosso.

Alle sue spalle un trono di ossidiana fusa emergeva da una piattaforma rialzata a gradoni, e dal soffitto che si perdeva nelle tenebre calava una cortina di tessuto color vinaccia, come un sipario di qualche teatro da incubo.

Dietro le palpebre livide di Banjouk gli occhi si muovevano a scatti, inseguendo rapidi i movimenti dei suoi emissari, molto lontani da quel luogo che aveva strappato alla realtà e che usava come dimora momentanea.

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