Capitolo 37

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Rudy voltò impercettibilmente il capo dietro sé, fermandosi all'entrata del parco. Giovanni smontò dal Navara, caricò gli amplificatori nel trolley aiutato dalla cugina e si infilò il basso elettrico in spalla, affiancandosi a lui ed Anvil.

Non appena vagliò il confine che separava l'entrata di "Villa Cornelia" dalla strada, l'uomo venne ghermito da una morsa irresistibile che gli spedì un sapore ferroso e denso dalla gola alle labbra.

Un sapore simile al sangue.

I suoi anfibi scricchiolarono sul terreno ciottolato, mentre il cuore gli martellava in petto.

È qui.

"Che ti sei incantato? Muoviti un po'!"

Sarita lo spintonò con la faccia più seria del mondo, sigaretta alle labbra, strappandolo a quella sensazione.

Si rese conto solo in quell'istante di cosa avesse appena pensato.

... "Era lì"? Cosa, "era lì"?

Un altro di quegli affari demoniaci?

Perché sì, ovvio cervello geniale, era palese che fosse lì.

Giovanni seguì con gli occhi le corde luminose che dal cielo livido si gettavano nel laghetto al centro dello spiazzo davanti a loro, circondato dall'inferriata e completamente invaso di volatili.

Non c'era traccia di templi o altre diavolerie simili, le catene parevano sprofondare nell'acqua... ebbe l'impressione che non sarebbe stato semplice, sta volta.

... Non che prima lo fosse stato, ma ora?

Anvil e Ascar avrebbero dovuto immergersi? Bell'affare.

Si accese il drum sorpassando i due ragazzi di buon passo trascinandosi dietro il valigione, che traballò sui sassolini.

Gettò loro un'occhiata pensosa senza farsi notare e per il momento, accantonò la brutta sensazione che gli era corsa dentro.

L'Arith adocchiò il volto assorto di Ascar, apparentemente perso nello studiare i gruppetti di persone, che già a quell'ora gironzolavano tutt'attorno. Si sbottonò la zip del cardigan rosso.

Erano soltanto le 10 e mezzo, eppure c'era chi correva in tuta e con le cuffie alle orecchie, seguendo i sentieri; qualcuno lanciava la pallina al cane, e qualcun altro ancora passeggiava sotto braccio o se ne stava placidamente a leggere seduto in una delle panchine di legno e pietra.

Era considerevole quante persone ci fossero, giacché fino a mezz'ora prima c'era stata pioggia, ma evidentemente chi viveva a Boriana si era ormai da tempo adattato a quel clima.

Anvil staccò gli occhi da Rudy – ma quegli occhi grigi erano solo un effetto di luce? Con quel tempo, chissà – e guardò un mucchietto di bambini che lanciavano qualcosa di poco salutare al cigno nero che nuotava pacatamente nel laghetto.

Il maestoso animale non parve darci peso più che tanto, sbocconcellò un pezzo di pane e si spostò più a largo, lasciando che le papere si prendessero tutto il ben servito frullando le ali e schiamazzando.

"Hai sentito qualcosa, vero...?"

Si decise a chiedere Anvil, col cuore in gola. Si strinse nel cardigan, frattanto i due cugini avevano incominciato ad allestire il perimetro in cui avrebbero cantato, dirimpetto al laghetto.

Un sorriso sbieco tracciò le labbra di Rudy.

"Il nostro ragazzaccio è vivo."

Lo sguardo di Anvil si illuminò, per un istante i suoi lucidi occhi blu parvero farsi più grandi. "...Dici sul serio?!"

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