Canto IV

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CANTO IV - L'autore, inseguendo Vergilio, scala il colle dei testi perduti.


A seguire, a seguirlo, seguitai

Com'ei scappò nel canto priori

Ma, di fermarsi, non cenna già mai,


Anzi, più il passo ei butta in fori

Dacché si volta e videnmi appresso

E schiaccia gli occhi, contrito ai dolori.


"Magno magistro" Chiamollo perplesso

"Indo tu vai e dov'andrò io

Sanza lo mio duca intercesso?"


"Duca nè son, men di te, rïo.

Anco m'appelli come'l ghibellino!

Nulla, proprio, lasciatti di mio?


Questo detto, augel spazzino

Sia l'estremo e dal mio cuore

Strappa il becco, vola alfino!


Seppur su rami spogli di spore

La razza tua nidifica sovente

M'illusi fruttar qualch'anno ancore."


E s'invola in sopra a una tangente

Ch'è ripido colle de carte scartate

Dal tempo, che mai, basta alla gente:


Che p'ogne libro voi leggiate

Due ne sono tosto scritti

Da chi anela essere vate


Sicché troviamci assai conflitti

Su qual'opra è degna nostra vita

Sì breve ogniuno ne ha diritti.


E se niuno posa la matita

Per spaziare a un simposiarca,

Credensi tal da piante a dita,


Acciò allori franco Petrarca

Per forza dieci altri n'oblierai

Ch'angusta è, de mente, l'arca


E in salvo, pochi, trar potrai

Da quel diluvio ch'è l'historia

Qual scorre più dei calamai.


Manco copi più una storia,

Cagnosciuta ben donde a molti

Ch'altra resta e prende boria


E irristampati giaccion folti,

Boschi della ragion passata,

Consumossi, eppur mai sfolti.


Ogn'opra, in terra, morta data

Qui avrai diletto a calpestare;

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