CANTO XVI - Ove l'autore è buttato nella struttura correttiva
Quanto caddi io non saprei ben dire
Forse per sorpresa o verace fondezza
Un'or credetti star per l'aire
Che quasi a ciò mi feci avvezza.
Infin toccai un morbido fienile
Che mi stranii sì tanta dolcezza
Ignar che tanto usarmi gentile
Era sol a tenermi le carni per poscia.
"Chi qui abbiamo, o alma da vile?"
Chiesesi voce ch'io vidi le coscia
E poi a trarmi il resto il seguiro
Con fattezze di chi lo spirto fa moscia.
Femmina l'era, ma di sì un cupo giro
Credetti fosse de Malebranca canaglia:
Rosso vestito gambe lascia a tiro
E li occhi lanciavan empie avvisaglia.
"Insomma, chi ci mandò Gennadio?"
Ripete e inveisce con una tenaglia.
"De Parma io son, de giovenil stadio
Tutto il cridai per non farmi colpire
"E giongo seco rifiuto d'Arcadio
Poiché dicono che le di vostre ire
Più savio possan farmi l'indomani."
"Allor tu s'alza" riprese e le pire
Seguimmo per mesti e orrendi vani
Che sonavan di pianti e stridor di denti.
"Qui tu'l vedrai chi ha più giocondi piani
Misurati a chi dole in eterni tormenti."
Giugnemmo a un loco ch'era una sede
De lezion quali si vedrebbero solenti
A Pisa che alla sua Sapienza vede
Passar Fibonacci e in ambigua successione
Individui qual Carducci e'l ministro Bonafede.
Ma qui io veggo in banchi da pregione
Discoli legati ognuno a un tavolino
Come a Colorno fu de l'insani magione
Seguendo lezione del tale d'Aquino.
"Doctrina non potest esse nisi de ente"
Andava il dottor declamando in latino
E quella folla attorno tutta il sente
Sistemata in alti concentrici spalti.
"Tommaso, teco porto uno studente
Ch'è rimandato qui dai piani alti."
Così richiama la donna in rosso
Quel compare cui devotion risalti.
"Teresa, giust'oggi avem promosso
Un altro di chi non furno praticanti.
Asseggiolalo, ch'è il posto è smosso."
Asseggiolato fui fra quei riluttanti
A rimbombar l'orecchi de sua filosofia
Portando a modelli svariati santi.
Alla mia sinistra stava chi paria
Che già troppo lì era rimaso
Ed io il chiesi "Ma tu, chi sia?"
E quei "Giacché mi ponesti il caso
La mia alma albeggiò in Stoccarda
E sul Danubio vidi l'ultimo occaso.
Katherina, genitrice, m'ebbe ben parda
Sicché potei defenderla a Leonberga
Contro l'ingenui de turpa bastarda
Che strega dettola perché tenea la verga
D'Esculapio in erbe ed ogne foglia.
Studiai li cieli e ciò chi vi alberga
Perché de dio volli indagar la soglia;
Discepol fui de Tycho a Praga
Che disfidò d'Aristotelica la voglia
Se esser può fissa stel che vaga.
E io lui sfidai ne lo mio momento
Se Aristarco fu un savio o una piaga
Proponendo un nostro opposto orientamento
Con Elio al centro e noi lo sclero
Ch'attorno roti p'eterno momento:
Al fin io sono Johanni Keplero."
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Una Piccola Commedia
PoetryLeggendo l'Eneide l'autore si addormenta e finisce in un terribile oltretomba scritto in terzine ma anti-Dantesco, dove non sono i morti a essere puniti, ma i suoi peccati letterari. Il buon Virgilio, come al solito, recupera la sua funzione di guid...