Canto VI

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CANTO VI - Ove la minaccia è sventata da un'apparizione già vista.


Si fan avanti i duo d'aspetto rude

E morto, come vollon, vorria già stare

Temendo più il duolo a carni mie nude.


Pongendo l'un dietro all'altro il calzare,

Sovvienmi un dubbio sul mio bizzar fato

Qualor, oltre morte, m'ebbero a mortare.


Subirò ciò ch'a concilio fu disiato,

Nel Pandæmonium, da Moloch di Gheènna:

Il nulla, il cessar de ogni mio fiato


Pensiero, sentore e cosa mi assenna

Financo la coscienza essermi tolta?

Oppur che forse l'alma staria indenna


E a un terzo, ancor novo, mondo se volta!

E se piuttosto impossibile sia or la morte?

Ma so che c'è pena, perché l'ho già colta


Quando in capo al testa mi percoteron forte

Milton pria col suo baston gagliardo.

"Ma non avesti pupille de ciecade tu coltre?"


Me lamento e un secondo colpo fu pardo.

"Blind I was dead and still now I am

I follow your throbes and hit without pàrdon."


Dettolo, menosse, più di Geshém

Contro alle mura di Gerusalemme,

Le stesse per cui, dall'arbori di Sichém,


Goffredi Buglion fe' intagliar lemme

Quelle torri che più successo gli portaro,

Come conta Torquato con la sua flemme.


Ei punto, vedenmi fello d'altrui acciaro,

Che quasi mi scoppia la testa di sangue,

La catena mi lancia, con tiro preclaro


Che tutt'intorno mi cinge a piton angue.

"Perché mi trattate in modo sì duro?

Perché in pregione il mio corpo langue?"


Stordito, in ginocchio, li prego e scongiuro.

"Perché ateo sei e nel regno dei cieli

Entrare nol puote chi segue Epicuro."


Espone il surriento, ma contro fo veli

"Macché regno e regno, qua io non veggio

Altro che lava e de zolfo fiumane!


L'avete voi visto ultra questo campeggio?

Tu musa di Blake e tutta Inghilterra,

Perché sii santo eppur cieco pareggio?"

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