Canto VIII

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CANTO VIII - Primi discorsi fra Vergilio e l'autore, di nuovo ritrovati e già in lite.


Dopo le muse, a te, oh lettore,

Prego perdono pel canto passato.

Oh quanti miti, passati all'onore


Nell'epiche antique che m'hanno allevato!

Io m'emoziono al solo sentire

Nomi, epiteti el patronicato


Di chi risale alle Pelidi ire

E narrati da chi, cieco, pur scrive.

Ma come posso far io capire


Quanto care fossemi tal dive?

A noia verrà, la tal citazione

Che a illetti diletti sono votive


E che sian canosciute ho sol presunzione.

Ma che dicono a voi ist'inusitati nomi?

E s'anche dissero, fosseci emozione?


Perché ci s'invaga dei prodi nei tomi

Che cantan amore e l'audaci imprese?

Perché mi commuovo leggendo i mai domi


Spirto ch'Eurialo e il bel Niso prese

E in cambio niente son da lor amato?

Questo, il cervello, ragionava palese


Tanto annaspavo pel vocale meato

Molestando l'orecchi di chi mi'l trasse

Da l'infernale animoso abigeato.


Questi scotea "Chi più lo mertasse

D'esser straziato da l'Averniche Furie?

Io! Che dovea lasciarti a le gradasse


Che faceati men di quanto m'ingiurie!"

Pur scoloriccio per imbarazzo intimato

Tener non potei visa stoiche e spurie


E dubbio fo del mio librato stato:

"Perché sei tornato tradendo il tuo dire?

Fosse pietade a far forse voltato?"


Quello se volta appunto e respire

"Io sol dispetto ho diletto a ingeniare

Snodando chi strozza in sperantiche spire."


"Che vol dir chesto?" Chiedo, a pria pare.

"Tutto spiegarti ti'l debbo, per Giove?"

Ma rise a invocar l'Olimpo luminare


"Nulla ti devo e non me commove

L'abbandonarti in cotest'horrido loco.

Le spiegazioni sul come e le prove


Da solo dar devi, non casco nel gioco.

Già una volta ci caddi e d'allor son dannato

In fronte ad avere il suo nome col foco,


Figlio di chi mia mente ha figliato!"

E ciò dicendo, sopra il setto nasale,

Con lettre de foco, sotto il cuoio pelato


Apparve lo Nome che tutte le gol sale:

Dai pupilli che l'han colto dal loro maestrante

Che seminò sapere e sarà pur seminale.


È la ruota d'un ciclo d'infinito durante

Partita al commento del grande Boccaccio:

L'unico celebre dell'Alighieri, Dante!


A cui memoriae Vergilio fe un gestaccio.

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