Capitolo 22 -Hai conquistato il mio cuore, tedesco.

13 6 0
                                    

Dopo ieri non riuscivo a smettere di pensare a lui! È stato così dolce e ha colpito letteralmente il mio punto debole... La mia vita sembrava piuttosto normale onestamente, non capivo cosa sarebbe successo di così... Brutto. Nei giorni successivi io ed Elias legammo di più e diventammo ottimi amici. Prima di entrare a scuola mi corse incontro e mi abbracciò stretta a lui, poi con aria e tono triste mi sussurrò all'orecchio:
"Devo andare via, l'esercito mi chiama, mio splendido cielo sereno... Ogni momento in cui sarò in difficoltà ricorderò i tuoi splendidi occhi guardando sù e la morbidezza dei tuoi capelli neri stringendomi a me stesso... Spero ci rivedremo presto. Forse siamo ancora piccoli per capire cosa sia l'amore ma in pochi giorni mi sono reso conto che il mio cuore palpita di splendore ogni volta che i nostri sguardi s'incrociano. Spero che queste parole ti bastino per farti capire cosa io provi" baciò la mia fronte e voltò leggermente il capo per non farsi vedere in viso. Aveva gli occhi lucidi e pieni di lacrime, lo notai appena ebbi l'occasione di vedere la sua espressione...
"Per me è lo stesso, orsetto... Andrai via oggi stesso?"
Annuì. Il mio sorriso si spense d'improvviso ma lui carezzò una mia guancia, rassicurandomi che sarebbe ritornato da me.
"Elias, dobbiamo andare." Sentii questa voce fredda e dura che chiamava il suo nome, un uomo alto circa un metro e novanta dagli occhi castani, capelli biondi e un viso che ispirava a chi lo osservasse, serietà e durezza dell'animo. Aveva la divisa militare con il simbolo nazista.
"Arrivo, signore" mi guardò rattristato e la cosa che più mi rendeva infelice era che Elias chiamasse il proprio padre "signore" e non papà. Perché? Il mondo continuava a farmi soffrire e io mi ero resa conto di avere una cotta per un tedesco, il nemico.
                                                   1/09/1939

Da quel giorno in cui Elias andò via ebbi incubi ogni notte e la cosa più brutta era che... Dalla radio sentimmo che Hitler invase la Polonia, dando caccia a tutti loro, come se fossero bestie. Io per metà ero polacca e purtroppo, sapevo cosa mi sarebbe aspettato... In questi cinque anni in cui sono cresciuta la mia bellezza era ineguagliabile, avevo stretto più amicizie e io, Rebecca ed Elisabeth continuammo gli studi per il nostro sogno, fin quando...
"Diana! Dobbiamo andarcene. Il Führer sta mandando i soldati a prendere tutti i polacchi, che siano del tutto così o anche solo di origini polacche! Dobbiamo fuggire, abbiamo abbastanza risparmi per crearci delle nuove identità ed andare lontano da qui, prima che loro arrivino! ..."
La voce di mia madre era terribilmente preoccupata e io non esitai nel seguirla. Mio padre ci stava aspettando fuori e iniziammo la nostra fuga verso una meta sconosciuta,  tentando di fuggire al nostro stesso destino... Non avevamo portato quasi nulla con noi e infatti passò solo qualche giorno dopo il fallimento. Una guardia ci fermò e ci chiese i documenti... Vedendoci in ansia ci trattenne e l'unica a "salvarsi" fu mia madre che era di origini italiane... Io e mio padre fummo separati e un treno diretto ad Auschwitz ci portò nei campi di concentramento... Urla e pianti delle persone che mi circondavano si facevano sentire ma nulla e nessuno avrebbe potuto evitare tutto ciò... Ecco, era questo il discorso di Yeratisis... La notte intera passò e non chiusi occhio piangendo come mai non avevo fatto. Raknah quando fummo deportati non c'era, come se si fosse volatilizzato. Sarebbe forse venuto in mio soccorso? Quando quasi all'alba mi addormentai, mi venne in sogno, dicendomi:
"Diana, affronta tutto ciò, non posso aiutarti purtroppo in quello che il destino ti preserva, devo tirarmi fuori da questa situazione... Anche se la cosa mi addolora e non poco, mi dispiace, mamma...". Mi svegliai di colpo ed eravamo arrivati. Le guardie ci fecero scendere, sbattendo tutti a terra e alcuni, vennero sparati senza ritegno perché si opponevano. Ero terrificata e disgustata da tutto quell'obrobrio... I miei occhi sgranati e rossi per quanto avessi pianto la notte scorsa.
"Ehi, tu! Schifosa, muoviti."
Un soldato mi prese con forza il braccio e in silenzio dovetti seguirlo, senza ribellarmi. Sentii due tedeschi parlare fra loro ma non capivo essendo comunque italiana... L'altro mi prese e mi gettò nei campi... Le reti spinate erano gigantesche ed imponenti, tutte le persone lì presenti erano come catalogati e sulla maglia a righe bianche e nere avevano un cartellino con sopra dei numeri... Per esempio un ragazzo aveva la stella ebrea e il suo numero era millesettecentotrenta. Tutti, in condizioni disastrose e affamati. Non veniva dato loro né cibo, né acqua...
"Ragazzina, sei nuova?" Sentii queste voci in coro che mi parlarono, quattro persone, tre ragazze e un uomo.
"Sì, purtroppo... Sono Diana e voi?"
"Io sono Alessandro" rispose l'uomo dai capelli bruni, dagli occhi verdi e dalla corporatura snella. Le tre donne avevano gli occhi castani e quasi la stessa tonalità di capelli che era biondo cenere. Si chiamavano Lea, Edna e Giuditta... Così gentili, belle... Ridotte allo schifo per colpa di persone orrende. CHE RABBIA! Diedi una mano a loro a rialzarsi e tornare nelle capanne, all'improvviso mi ricordai una cosa: potevo utilizzare alcuni incantesimi che mi erano stati tramandati da Elatris. Concentrai tutta la rabbia che avevo dentro verso un soldato tedesco e la sua arma cadde a terra, poi lui urlò, sentendo atroci dolori su tutto il corpo... Ce l'avevo fatta! Passò qualche ora e se gli ariani non ci vedevano lavorare venivamo picchiati e maltrattati, all'ora di dormire venivamo sbattuti dentro le capanne e ci frustavano... Il giorno dopo di mattina presto ci chiamarono e mi presero, portandomi a lavorare nelle miniere. Lì incontrai una donna dai capelli argentei, occhi di ghiaccio e vestiva di una lunga tunica blu notte... Mi guardava.
"Piccola Elatris, puoi vedermi solo tu... Sappi che non puoi utilizzare i tuoi poteri, al momento. Solo nel caso in cui vedrai persone a te care, agirai. Fra tre anni verrai portata al campo di sterminio di Bergen-Belsen, se ti chiedi perché sopravvivrai così a lungo non è perché solo io veglierò sulla tua vita... Ma anche perché servirai ad alcuni tedeschi e al loro piacere..." La donna scomparve senza nemmeno farmi chiedere quale fosse il suo nome. Lavoravo ed ero piuttosto abile nei lavori in miniera, cercavo di aiutare chiunque ne avesse bisogno ma ad un certo punto vidi un ebreo a terra, dolorante. Il soldato che lo aveva picchiato adesso lo osservava e lo derideva; accorsi in suo aiuto e gli bendai la ferita stracciando un pezzo della divisa a righe.
"Piccola peste, cosa fai? Ti ho forse detto che potevi bendarlo?" Ricevetti uno schiaffo così forte da farmi perdere l'equilibrio e le lacrime cominciarono a scendere dai miei occhi. L'uomo mi si avvicinò e poggiò una sua mano lungo il mio corpo, esplorando e poi dicendomi:
"Non male, bambina... Chiederò il permesso al Führer di poterti portare con me a casa, ahah! Soffrirai più di quanto tu soffra qui, te lo prometto" sorrise beffardamente, lasciandomi lì e come aveva detto, così fece. La sera stessa mi prese e mi trascinò con sé, bendò i miei occhi e mi legò al sedile per impedirmi di scappare. Dopo un'ora di viaggio con la sua auto arrivammo a casa sua e mi prese in braccio, poi aprì le varie porte e mi gettò sul letto, iniziando a spogliarmi... Ho capito cosa volesse fare... Il mio corpo si immobilizzò, sentivo le sue luride mani percorrermi il corpo e le mie parti intime violate al tocco suo. Provai ad urlare per chiedere aiuto ma lui fu violento nel muoversi, non solo procurandomi dolore ma facendomi soffrire anche internamente... Quando finì mi lasciò sul letto, andando al bagno e pulendosi; ritornato da me, disse ridendo:
"Che puttanella... Però ammetto che non sei male, non sei ebrea quindi non ti schifo del tutto, sai? Se resterai con me ti assicurerò cibo e così via, altrimenti, tornatene ai campi e soffri, cagna." non risposi ma restai lì tre anni subendomi le sue continue violenze e l'essere picchiata, ma almeno... Era più sopportabile. Ogni giorno, per tre anni, avveniva la solita routine ma lui oggi decise di...
"Ritornerai ai campi di concentramento. Mi sono scocciato di averti qui"
"EH? La supplico, mi faccia restare!"
Ricevetti un pugno con il soldato che mi urlò contro, mi prese di forza e mi fece scendere... Ad aspettarmi fuori c'era... No! Non ci potevo credere...
"Portala ai campi di Bergen-Belsen, tienila per te e cerca di proteggerla, falla sopravvivere. Una donna di tale bellezza può essere ancora usata. Se vuoi saperlo, non l'ho mai fatta rimanere incinta anche perché altrimenti, avrei avuto un bastardo come figlio"
L'altro annuì, facendomi entrare nell'automobile. Ricordavo i suoi occhi, il suo viso... Ero sicura fosse lui quindi presi la parola timidamente e con un po' di paura addosso ma lui, mi precedette:
"Diana, non preoccuparti ci sarò io a proteggerti... Non sai quanto mi faccia piacere rivederti, sappi che ti amo mia piccola bambina... Quell'uomo ti avrà trattato così male..." singhiozzava.  Si stava trattenendo dal piangere e io posai la mia mano sulla sua spalla, rassicurandolo:
"Mio amato... Non ho mai smesso di amarti e sei l'unico che nel mio cuore ha sempre vinto tutto. Non importa quali atroci sofferenze io abbia passato, adesso siamo insieme... Alexander..."
Mi guardò, fermandosi momentaneamente con l'auto e dicendo:
"Alexander? Quindi... È vero che ho avuto un'altra vita? Tu sei... Elatris, nevvero?"
"Sì. Lo sono. Non preoccuparti, ci proteggeremo a vicenda..."
Mi strinse in un abbraccio e i nostri sguardi si incrociarono, lui si avvicinò al mio viso,  poggiò le sue mani calde sulle mie guance e mi baciò. Ricambiai ovviamente quel bacio protettivo e pieno d'amore, uno di quelli impossibili che sarebbero diventati possibili con la forza del bene.
"Non arrenderti Diana, sei la perfezione e io ti ho donato la possibilità di controllare le morti... La forza d'animo è la cosa più bella che tu hai, piccola guerriera. Ai campi di concentramento troverai delle persone che vogliono farti ancora del male, tu fanne di più e tortura le loro menti..."
Era la voce di Bastris. La forza oscura pervase la mia mente e sapevo cosa fare. Rendere i loro pensieri l'Inferno salito in Terra.

L'Occhio dell'anima [Revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora