4 - Breaking Point

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"Beeeep...Beeeep!"

«Ma che cazzo è? Spegnila subito! Ti prego!»

Spalancai gli occhi, come un cerbiatto illuminato da due fari nella notte.

Merda...mi ero completamente dimenticata dello sconosciuto, ma perché è ancora qui?

Mi tirai su a sedere, ieri mi devo essere addormentata di colpo se mi sono scordata della mia regola d'oro, non farli accomodare mai, devono sentirsi ospiti e non di casa o si prenderanno libertà che non dovrebbero prendersi.

Cercando di risultare il meno inospitale possibile gli rivolsi un sorriso che in realtà, era più una colica renale da quanto era forzato; non sono una persona mattiniera di mio, in più avere un bestione di 90 chili nel letto che puzzava di topo morto e pizza, non aiutava.

«Ciao ehm...» che figuraccia neanche il nome Ronnie, sta volta sei caduta in basso.

«David, ieri sei caduta in una sorta di trans, credo sia per quello che non te lo ricordi non sei una brutta persona, tranquilla» non penso sia vero...

«Ma si! Certo David, guarda io tra 20 minuti devo essere fuori casa...quindi...»


Mi sorrise «mi stai per caso cacciando?» Impallidii non volevo essere così scortese.

«No, assolutamente ma se ritardo un'altra volta a lavoro temo che mi licenzieranno in tronco» dissi il più sinceramente possibile.

«Non ti preoccupare, mi levo dai piedi.» Sospirai di sollievo, mi dispiaceva averlo trattato in quel modo ma ero davvero molto in ritardo. Mentre si rivestiva gli lasciai un po'di privacy e andai in cucina a farmi un caffè, assaporandolo finalmente con lo zucchero.

Poco dopo David si affacciò in cucina: «allora vado...» disse avvicinandosi, oddio mi voleva baciare...

L'avevo trattato malissimo quantomeno avrei potuto lasciarlo andare via con un bel ricordo. Mi baciò ed io risposi al bacio, poi lo accompagnai alla porta.

«Allora alla prossima pizza, Margaret» si girò con un sorrisetto e si allontanò.

Chiusi la porta e tirai un sospiro di sollievo, ma aspettate un minuto! Mi ha chiamato con il mio nome completo? Ma chi è questo tizio? Mi conosce?

In vestaglia uscii dall'appartamento e lo rincorsi:

«Scusa, ma perché mi hai chiamato così? Io mi chiamo Ronnie!» Gli urlai dall'androne delle scale, ma non ricevetti risposta.

Che strano...

Non avevo tempo di arrovellarmi nei dubbi ero di fretta, mi preparai a velocità supersonica e uscii.
Ovviamente arrivai in ritardo e avevo una strana sensazione...non so come, ma solitamente ho questo sesto senso: sento che sta per accadere qualcosa, non so spiegarlo è come un mal di pancia che non mi passa, mi sento lo stomaco ingarbugliato e non mi riesco a rilassare.

Infatti non mi sbagliai...

Appena entrai vidi Grayson alla mia scrivania che frugava alla ricerca di qualcosa, lanciando i miei progetti per aria: era un uomo sulla sessantina, brizzolato, assomigliava molto a mio padre, ma in una versione più autoritaria e spiacevole, al suo fianco, la megera con le braccia conserte, oggi mi sembrava anche più contrita del solito.

Entrando urtai contro il portaombrelli e i due alzarono lo sguardo e mi videro: «oh! Signorina Lockard si è ricordata dunque di venire a lavorare stamani?» Mi si gelò il sangue.

«Mi scusi signore...la metro si è bloccata e purtroppo, lavorando lontano da casa ci ho messo molto a piedi!» Dissi sorridendo innocuamente, sperando che la balla reggesse.

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