23 - I 'm Always Wrong

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Ares

A: "Verso che ora ti vengo a prendere?"

R: "Verso le sette?"

A: "Ok, a dopo Red"

Guardai l'orologio imprecando, avrei dovuto aspettare almeno un'altra ora per vederla, quantomeno potevo provare a riordinare le idee.

Dopo Miami, non sapevo bene come affrontarla, da un lato, non volevo affrettare le cose, dall'altro invece, volevo vederla e averla di nuovo, ripetutamente...diversificando...ovunque.

Dopo Harper, non mi ero più legato a nessuna donna, il mio cuore, se ancora ne avevo uno, era troppo impegnato a fare a botte con la coscienza per quello che era successo quella notte.

Con Ronnie, era tutto diverso, mi faceva venire voglia di aprimi di nuovo, di ricominciare; non le sarebbe mai bastato un rapporto solo carnale, non dopo quello che le era successo, ed io non ero degno di lei, neanche per idea...

Conclusione ero spacciato...


Presi la Porche cabrio per andarla a prendere, era la prima settimana di agosto e la temperatura era mite, il sole stava tramontando e la serata si prospettava splendida.

Mi fermai sotto casa sua e suonai per avvisarla, uscì di corsa e si mise a parlare in italiano facendomi sorridere.

«Ma cosa sei di Napoli?»

Non capì assolutamente nulla, se non Napoli, ci ero anche stato una volta.

Aveva un vestito lungo e morbido, con lo spacco. Era da togliere il fiato, come ogni volta che posavo lo sguardo su di lei. Entrò in auto, sbattendo la portiera.

«Eccoti, pensavo che avresti fatto almeno mezz'ora di ritardo come tutte, invece sei in perfetto orario» le stampai un bacio sulla nuca.

«Io non sono come tutte le altre Ares» disse leggermente infastidita, le risposi divertito: «questo lo so bene» poi accesi il motore e andai via sgommando.

Quella sera, ero inaspettatamente nervoso, stavo sudando e tenevo il volante ben stretto nei palmi, per fortuna la brezza era fresca. Lei era seduta al mio fianco e aveva indosso degli occhiali da sole, i suoi capelli si muovevano liberi nel vento, non aveva paura di spettinarsi, non le importava e questo la rendeva ancora più bella.

Parcheggiai al ristorante e andai ad aprile la portiera da gentiluomo, ci accomodammo in un tavolo sulla terrazza, il panorama era magnifico.


La guardai teso e lei ricambiò il mio sguardo, non sapevo cosa si aspettasse da questo incontro, ma avevo paura di quello che sarebbe successo dopo.

Interruppe lei, il silenzio imbarazzante.

«Non avevo capito che fosse un appuntamento...»

Lo era? Era per questo che ero così nervoso?

«Non...chiamalo come vuoi, ma quando esci con me, tutto deve essere ad un certo livello, poi per una bambolina come te...questo e altro» si accontentò della mezza risposta fortunatamente, ma eravamo solo all'inizio.

Ordinai dello spumante, scelsi appositamente la stessa marca di quella sera in barca e lei lo notò. Mentre mangiavamo gli antipasti, parlavamo del più e del meno, lei mi raccontò di come era andata a finire con Camille ed io della mia giornata, come una vera coppia.

Mi sentii mancare l'aria, mi allentai il nodo della cravatta.

«Ares...» eccoci, era il momento, si schiarì la voce.

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