9 - Try Again

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Qualche settimana dopo...

Mi svegliai di soprassalto con il suono della sveglia a quell'orario improponibile; mi voltai, per guardare precisamente l'ora, ci misi un po' a mettere a fuoco il display dello schermo, 3.20 di notte, sbuffai, sapendo di dovermi alzare.

Mi voltai e vidi Erin che ancora dormiva; da un paio di settimane, in realtà da quella sera, aveva fatto le valigie e si era trasferita da me, non mi aveva chiesto il permesso, lo aveva fatto e basta, sapendo che altrimenti avrei rifiutato.

Aveva detto che aveva già disdetto l'affitto e il proprietario l'aveva cacciata, ma io sapevo che lo aveva fatto per controllarmi e assicurarmi che stessi bene.

«Erin...dai Erin, alzati dobbiamo prendere l'aereo.»

Scattò in piedi «oddio! Si parte!!! De La Ville arriviamo!» Il suo buonumore e il suo entusiasmo erano di troppo come ogni mattina. Ma era da una settimana che sembrava proprio posseduta: valigia, shopping, vestiti e accessori.

Io invece avevo il voltastomaco, avevo un'ansia incredibile che qualsiasi cosa andasse storta, non avrei saputo cosa fare se fosse accaduto.


Mentre mi lavavo i denti, misi le cose rimaste fuori, in valigia. Distrattamente controllai il cellulare: vidi l'anteprima di due messaggi non letti, uno era da parte dell'assistente di Julien, Pablo, mi diceva che sarebbe arrivato a prenderci in aeroporto nel pomeriggio di sabato, assurdo perché qui era piena notte, non finirò mai di stupirmi per il fuso orario.

L'altro messaggio mi provocò un piccolo tuffo al cuore, era Eric, mi augurava buon viaggio. Mi dispiaceva per come erano andate le cose ma ora come ora, non volevo parlargli, non volevo vederlo, avevo bisogno di guarire, di ricominciare di lasciarmi tutto alle spalle, cancellai la chat direttamente, come una bella linea dritta.

Mi cambiai e misi il vestitino a fiori nero che Erin mi aveva aiutato a scegliere per la partenza, mi guardai per vedere come mi stesse e mi rabbuiai, ancora non era del tutto sparito il livido sul braccio...sentii una mano posarsi sulla mia spalla.

«Tranquilla, mettiamo un po' di cipria e non si vedrà più, te ne dimenticherai».

Sapevo che qualcosa in me era cambiato da quella sera, ma non volevo che per l'idiozia di uno, avrei tagliato fuori tutto il genere maschile e di sicuro non volevo cambiare vita, non me lo meritavo, avrebbe vinto lui così.

Nella mia testa funzionava bene, come agivo...beh...diciamo che per il momento limitavo i danni.

"Drin!"

«Il taxi Ronnie! Forza sbrigati, passaporto, cellulari...» iniziò a correre per la casa con un sacco di cose in mano.


«Erin! Gesù! Fermati, abbiamo ricontrollato tutto almeno 100 volte, se dimentichiamo qualcosa, tua mamma ha le chiavi ci spedirà tutto, andiamo forza!»

Quando arrivammo in aeroporto, sentii la costante voglia di scappare nella direzione opposta, ma poi finalmente partimmo.

...

Quando atterrammo era buio, come eravamo partite era ancora notte ma erano passate quasi 14 ore, ero veramente esausta e volevo solamente andare a dormire.

Erin aveva riposato per la metà del viaggio, quindi come al solito mi trascinava in giro, recuperammo i bagagli e arrivammo all'uscita; c'erano molti autisti, cercammo quello che aveva il cartoncino con scritto Lockard, ci vide prima lui e si avvicinò: Pablo, me lo ricordavo vagamente da quel giorno alla sfilata, moro con gli occhiali e l'aria indaffarata.

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