Capitolo 12

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Kirigan
Vado a fare visita a Mal.
"Da sempre ho sentito che mi piaceva qualcosa di te. "

"No vattene"

"Pensi veramente di avere tu il controllo?"
"Non ti ascolterò qualunque cosa tu voglia dirmi."

"Sarò veloce. Sono venuto per dirti che c'è un'altra soluzione."

"Non c'è."

"Certo che c'è. C'è sempre. Non devi niente a nessuno, Mal. Potresti semplicemente andartene. Sparire."

"L'ho già fatto una volta. Ricordi? Dovevo rimanere. Per vedere il volcra squartarti. Me ne andrò quando la faglia sarà distrutta."

"Hai il vizio di comportarti da sciocco e considerarlo eroico. Cosa ne sarà di lei, quando non sarà più tra noi? Quando non potrai proteggerla? Riesci a sopportare il pensiero?"

"Avrà un intero Paese al suo fianco. E non ne avrà bisogno a lungo. Non ci accomuna solo il sangue, cugino. A entrambi resta poco tempo. Il merzost ti sta uccidendo."

"Comprendi, dunque, che non ho niente da perdere."

"Solo perché non hai niente. Morirai solo. Io morirò tra le sue braccia perché mi ama."

"Morirai quando ti ucciderò, cugino. E sei sicuro che ti ami perché gridava il mio nome mentre veniva per me. Sogni d'oro."

La sua faccia è meravigliosa mentre glielo dico.

Sono nella faglia e vedo Alina baciare Mal, si sono geloso, e dai lui delle luci rosse.

"Commovente. Quasi mi sento in colpa e fa parte sempre della famiglia."

Alina mi colpisce con il suo taglio di luce e io colpisco Mal con il mio taglio di ombre.
Alina uccide Mal e fa scomparire la Faglia per sempre. E io sorrido rivedo il luce azzurro dopo tanti secoli. Poi si Alina si avvicina a me con la spada per distruggere le ombre e mi pugnala. Spezzandomi il cuore.

Alina
Con un unico movimento rapido spinsi la lama avvolta di ombre nel cuore di Aleksander.
Lui emette un suono debole, poco più di un respiro. Abbassa gli occhi sull'impugnatura che gli usciva dal petto, poi li risolleva su di me. Aggrotta la fronte, fa un passo, vacilla leggermente. Si raddrizza.
Un'unica risata gli esplode dalle labbra, un leggero spruzzo di sangue gli macchia il mento. «Così?»
Le gambe gli cedono. Lui cerca di fermare la caduta, ma il braccio non regge e si accascia, rotolando sulla schiena. "È abbastanza semplice. Dal simile al simile." Il potere stesso dell'Oscuro. Il sangue stesso di Morozova.
«Cielo azzurro» dice.
«Alina» sussurra.
Mi inginocchiai al suo fianco.
«Alina» ripete, le sue dita cercano le mie. Mi sorprende sentirmi salire agli occhi nuove lacrime.
Lui solleva un braccio e sfiora con le nocche le mie guance bagnate. Un piccolissimo sorriso si forma per un istante sulle sue labbra sporche di sangue. «Qualcuno che mi piange.» Lascia cadere la mano, come se il peso fosse eccessivo. «Nessuna tomba» ansima, stringendomi la mano «che possano profanare.»
«D'accordo» dico. Le lacrime scendono più copiose. "Non rimarrà più niente."
Lui è scosso da un brivido. Le sue palpebre si abbassano.
«Ancora una volta» dice. «Di' il mio nome ancora una volta.»
È un uomo antico, lo so. Ma in questo momento è solo un ragazzo; un ragazzo brillante, dotato di un potere troppo grande, gravato dall'eternità.
«Aleksander.»
I suoi occhi si chiudono. «Non lasciarmi solo» mormora. E un attimo dopo se ne va.
Giaceva l'Oscuro nella sua kefta nera.
"Chi si è occupato di lui?" mi domando, sento il dolore salirmi in gola. Chi lo ha pettinato indietro i capelli con tanta cura? Chi gli ha giunto le mani eleganti sopra il petto?
Le fiamme si levano in archi luminosi, ruotando intorno alla legna e tuffandosi in mezzo ai rami come uccelli in picchiata, leccando l'esca finché questa si scaldò e prese fuoco.
Le fiamme crescono, scintillando come tremule foglie di un grande albero dorato. Intorno a me i gemiti e i pianti della folla crebbe d'intensità.
Gli occhi mi bruciano per il fumo. L'odore è di una dolcezza nauseabonda.
Nessuno conosceva il suo nome per poterlo insultare o glorificare, per cui lo pronunciai piano, sottovoce.
«Aleksander» sussurrai. Un nome da bambino. Un nome abbandonato. Quasi dimenticato.

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