Capitolo 34•

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Il palazzo bianco del mio appartamento veniva colorato temporaneamente dalla luce del tramonto.

Le finestre erano tutte chiuse e incutevano una certa tristezza, perché mai chiudere le finestre avendo davanti una simile bellezza?

Potevo capire la signora Stewart che era una delle persone più gentili del palazzo, nominava suo marito in qualsiasi argomento, e sicuramente stava discutendo con lui in casa dato che lavorava dalla mattina fino alla sera.

Ma gli altri?

Gli altri che non avevano nessuno con cui passare il loro tempo, che cosa facevano?

Io ero sul balcone ora, seduta sulla sedia a dondolo con le gambe incrociate.

E lui era lì, a osservare il tramonto mentre chissà quali pensieri attraversavano la sua mente.

Io al posto del tramonto osservavo lui, i suoi occhi brillavano, e non ero certa che fossero lucidi per via delle lacrime di prima, ma per qualcos'altro.

Il tramonto gli illuminava il viso magnificamente, scesi dalla sedia avvicinandomi a lui e appoggiai la testa sulla sua spalla.

Ci furono interminabili minuti di silenzio.

Lui si girò lentamente distogliendo lo sguardo dal tramonto, e con la punta del naso mi accarezzò la guancia.

Chiusi gli occhi e mi concentrai sul suono armonioso della sua voce.

"-Ti amo."

Scandì le parole una per una, e io sorrisi di riflesso.

Ogni sua parola o azione provocava in me un meccanismo che rispondeva sempre in momenti come questi.

"-Ti amo anche io."

Lo baciai.

Quel bacio, quel bellissimo bacio somigliava a uno dei tanti.

Quel bacio così perfetto mi fece sorridere.

Ci alzammo continuando a baciarci e dirigendoci nel letto.

"-Quando parti?"

Chiesi interrompendo il bacio.

L'avevo solo pensato ma quel pensiero si era trasformato in una preoccupazione troppo grande.

Lui sospirò stringendomi di colpo vicino a lui.

"-Domani.."

Sospirò in un sussurro.

Io non avevo più parole, tutto sembrò ferirmi a morte, persino una sua carezza.

Lo sentì piangere e stringermi più forte, non aveva mai pianto cosi tanto.

Lo staccai dalle mie braccia, volevo e dovevo dirgli che ero arrabbiata per il fatto che ancora non me l'aveva detto, volevo picchiarlo forte e dirgli che era uno stronzo egoista.

Ma appena vidi i suoi occhi rossi e le lacrime scendergli a capofitto mi venne un colpo al cuore, le parole morirono in gola e tutto quello che volevo fare ora era abbracciarlo e baciarlo come non mai.

Lo baciai, lo abbracciai e piansi con lui.

Il mio tutto se ne sarebbe andato per due anni, due lunghissimi ed interminabili anni lontani.

Quella sera mangiammo delle schifezze trovate nella credenza della mia cucina, almeno lui mangiò, io cercavo di non pensare a niente fuorché la sua felicità.

Il giorno seguente mi svegliai di scatto non trovandolo accanto a me mi alzai immediatamente notando poi che si trovava in cucina intento a chiudere il frigo.

Dear Diary//Riccardo RidolfiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora