I fratelli Caracciolo raggiunsero Becco D'Aquila in pochi minuti e subito si arrampicarono sull'imponente albero.
– Sai – fece Andrea tenendosi a un nodo sporgente del tronco – ricordo ancora quando ci sono salito la prima volta. Quasi piansi per l'emozione...
– Guarda che quel giorno c'ero anch'io – disse Fabio con uno strano sorriso – e ricordo bene che piangesti come una femminuccia smidollata perché ti bloccasti sul tronco senza riuscire più a salire né scendere.
– E ci credo! – sbottò Andrea – Quel deficiente di Ettore tirava dei sassi per provare a spaventarmi.
– Ci riuscì benissimo. – fece Fabio ridendo.
Andrea brontolò qualcosa e insieme ripresero a scalare il grosso tronco. Ben presto raggiunsero la sezione dell'albero che chiamavano tubo per via di un lungo e robusto ramo che si stendeva in orizzontale per parecchi metri. Quel ramo si poteva percorrere fino a un punto, dove numerosi rami più sottili si allungavano verso il basso. Aggrappandosi a uno di questi, e piegandolo con il proprio peso, si poteva scivolare verso il basso fino a toccare terra. Era il modo più divertente e veloce per scendere dall'albero e veniva chiamato lo scivolo.
Andrea si fermò sul tubo e lo osservò pensieroso: ormai, era uno dei pochi che non era ancora riuscito a percorrerlo e, di conseguenza, a scendere dallo scivolo. Ogni volta che ci provava la paura di cadere lo costringeva a rinunciare all'impresa.
Squadrò a lungo quel robusto ramo e, pensando che persino Imma ed Eleonora ci erano già riuscite, trovò il coraggio di provarci ancora una volta. Così si mise a cavalcioni e si spostò in avanti aiutandosi con le braccia; ogni movimento gli risultava difficile a causa della paura di cadere, ma ciò nonostante continuò ad avanzare. Dopo qualche metro, però, la testa cominciò a girargli e la fronte si imperlò di sudore. Andrea non riuscì più ad avanzare, anzi, dovette fare marcia indietro e tornare al tronco. Ancora una volta la paura aveva avuto il sopravvento.
Quando sconfortato si voltò, incrociò lo sguardo di suo fratello. Fabio, appoggiato al tronco, aveva assistito al suo ennesimo insuccesso.
– La prossima volta ce la farai. – lo incoraggiò. Andrea si sforzò di sorridere.
Non appena si sentì meglio, ripresero l'arrampicata fino a raggiungere il polpo, la parte centrale più ricca di rami, dove ognuno aveva il suo posto personale dove sistemarsi. Qui le foglie e i rami erano talmente folti che, guardando verso il basso, non si vedeva il suolo e non ci si rendeva conto di quanto in alto si fosse arrivati.
Un leggero alito di vento spostò appena le foglie e diffuse nell'aria un delicato profumo di corteccia. Andrea inspirò a fondo e si appoggiò con la schiena a un robusto ramo; rimase così, con il naso rivolto all'insù, perso nello scintillio del sole che si intrufolava tra il verde acceso delle foglie. Fabio, invece, si spinse fino al punto più alto dell'albero chiamato nido, dove si sistemò su un solido ramo per osservare le nuvole che, modellate dal vento, assumevano forme diverse. Poco più tardi, arrivarono anche i fratelli Doretti.
– Ciao ragazzi. – salutò Steve – Che state facendo?
– Niente di che. – rispose Andrea. – Io mi rilassavo e Fabio... pensava, credo.
– Wow. Lo scienziato al lavoro! – disse Billy, sistemandosi meglio sul suo ramo. – Hai formulato qualche nuova teoria?
Fabio rimuginò per qualche secondo prima di rispondere. – Non proprio. – disse, mentre lasciava il ramo dove era appollaiato per raggiungere gli altri nel polpo. – Stavo pensando a una cosa che mi è successa qualche anno fa.
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La banda degli americani in pigiama
AdventureIn un sereno pomeriggio di inizio estate, Andrea e i suoi amici stanno giocando quando il pallone finisce casualmente nel cortile di un vecchio casolare abbandonato. La loro partita terminerà qui, ma inizierà un'avvincente avventura che li porterà a...