16. Guerre stellari

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Quel mattino era in corso una drammatica battaglia e in gioco c'era la sopravvivenza della razza umana minacciata da una forma di vita aliena ostile. L'incrociatore Alfa, vanto della flotta spaziale terrestre e comandato dal più famoso ammiraglio del pianeta Terra, era sotto attacco e una miriade di piccole e veloci astronavi gli vorticavano attorno colpendolo con misteriosi raggi distruttivi.

– Aprite il fuoco! – ordinò imperioso l'ammiraglio e dando il via alla controffensiva.

Nugoli di missili e potenti fasci di energia squarciarono il buio spaziale. Nel silenzio cosmico solo le luci delle esplosioni testimoniarono l'infuriare della battaglia. Ben presto gli attaccanti, sorpresi dalla potenza di fuoco dell'incrociatore, furono costretti ad allontanarsi e a portarsi a distanza di sicurezza.

– Ottimo lavoro! – esclamò l'ammiraglio. – Li abbiamo respinti, ma dobbiamo tenerci pronti; presto torneranno. Primo ufficiale! – tuonò. – Suggerimenti?

Il primo ufficiale, seduto al suo fianco nella sala comando, non esitò a rispondere. – Signorsì signore! Inviamo una richiesta di soccorso al nostro disco da battaglia. Unendo le forze avremo più possibilità di respingerli. Se lo faremo subito, forse riuscirà a raggiungerci prima che sia troppo tardi.

– Concordo. – disse l'ammiraglio. – Mettetemi in comunicazione con il secondo. Subito!

Il monitor si accese e un volto apparve sullo schermo.

– Contatti subito il disco da battaglia; che ci raggiunga prima possibile con le armi pronte. Presto avremo bisogno del loro aiuto.

– Signorsì Signore! – fece il secondo. – Trasmetto subito l'ordine.

La comunicazione cessò e lo schermo si spense. Il secondo accese la trasmittente sub-spaziale.

– Disco da battaglia, qui l'incrociatore Alfa. Siamo in orbita attorno al pianeta Terra e siamo stati attaccati. Abbiamo bisogno del vostro aiuto. Fate presto, siamo in pericolo!

Il messaggio fu inviato, ma non ci fu nessuna risposta.

Il secondo attacco non tardò ad arrivare. Lo stormo di astronavi aliene sbucò da dietro la luna e puntò deciso verso l'incrociatore terrestre. L'allarme generale risuonò in tutti i ponti e i componenti dell'equipaggio si affrettarono a raggiungere le postazioni di combattimento.

– Arrivano! Arrivano! – gridò il primo ufficiale con lo sguardo incollato sugli strumenti.

– Aprite il fuoco solo quando saranno abbastanza vicini. – ordinò l'ammiraglio. – Abbiamo munizioni limitate e non possiamo sprecare colpi.

In poco tempo i veicoli alieni raggiunsero l'astronave terrestre e le sciamarono attorno come un'orda di mosche.

– Adesso! – ordinò l'ammiraglio.

– Aprite il fuoco! – confermò il primo ufficiale.

Mute esplosioni riempirono il vuoto cosmico riflettendosi sulla superficie lunare. Molte astronavi nemiche furono colpite e altre distrutte, ma anche l'incrociatore fu danneggiato. A un tratto, su una parete della sala comando, un monitor si accese e apparve il volto preoccupato del secondo.

– Ammiraglio. Lo scafo esterno è danneggiato e i motori due e quattro sono fuori uso. Abbiamo subito molte perdite sul ponte tre. Non possiamo incassare altri colpi e siamo a corto di munizioni.

– Combattere! – urlò l'ammiraglio battendo un pugno sulla console. – Possiamo solo continuare a combattere e sperare che i soccorsi ci raggiungano prima possibile...

Una grossa esplosione mise fine alla comunicazione: l'ammiraglio fu sbalzato in terra privo di sensi.

– Maledizione! – ringhiò il primo ufficiale. – Soccorrete l'ammiraglio e cerchiamo di tenerli lontani dall'astronave!

– Sono troppi – esclamò un addetto alle armi. – e sono rapidissimi. Non riusciamo ad abbatterli!

Il primo ufficiale imprecò e uscì dalla sala comando precipitandosi ai cannoni del ponte superiore. Dopo aver sostituito un artigliere ed essersi seduto alla sua postazione, accese lo schermo tattico e iniziò a sparare all'impazzata.

– Maledetti! – urlò. – Ve la farò vedere io!

All'improvviso, le astronavi nemiche vennero ridotte in frammenti da lampi di luce; il disco da battaglia apparve dal nulla e attraversò i detriti generati da quelle esplosioni: i soccorsi erano arrivati in tempo. Gli alieni, presi tra due fuochi, dopo aver subito molti danni si ritirarono definitivamente.

– Siamo arrivati in tempo a quanto pare! – esclamò il comandante del disco da battaglia dal monitor principale.

– Vittoria! – urlò il primo ufficiale.

– Li abbiamo sconfitti! – esclamò l'ammiraglio Andrea saltando giù dalla vecchia betoniera.

– Sconfitti? – fece il primo ufficiale Ettore. - Li abbiamo schiattati in corpo!

– La prossima volta però – disse Umbertino – ci saremo noi sull'incrociatore e voi farete gli alieni cattivi!

– E io sarò l'ammiraglio. – aggiunse il secondo Fabio, mentre il comandante del disco Orzowei se la rideva di gusto.

La vecchia betoniera abbandonata sulle montagnelle per i ragazzi era una splendida astronave. Impiegata per il calcestruzzo utilizzato nella costruzione delle palazzine del rione, era stata lasciata lì per anni senza che nessuno tornasse a riprenderla. Era imponente e ci si poteva arrampicare per poi sistemarsi sul suo grosso contenitore. Sul davanti aveva un cassone metallico dentro il quale si potevano infilare anche due ragazzi insieme. Questo, in basso, aveva una grossa leva che permetteva di aprire il fondo permettendo, a chi stava dentro, di vedere chi si trovava di sotto: era il monitor di comunicazione. Il disco da battaglia, invece, era una vecchia molazza anch'essa abbandonata, posizionata ad alcuni metri dalla betoniera; i ragazzi non la preferivano in quanto più piccola e ricoperta da ruggine e calce secca. Nella molazza si poteva stare in quattro, seduti accanto alle due grosse macine arrugginite e ormai bloccate dal tempo.

I micidiali raggi usati durante lo scontro erano solo delle spighe e i missili erano dei forasacchi. Quando queste armi andavano a segno potevano rimanere attaccati ai vestiti rendendo più spettacolare il colpo assestato. Umbertino, Tommy, Billy e Steve erano gli alieni che avevano attaccato gli altri asserragliati sulla betoniera.

Terminata la battaglia, Andrea si arrampicò sulla molazza e si mise seduto al suo interno accanto a Ettore che, nel frattempo, si era messo lì stringendo tra le labbra il lungo stelo di un fiore giallo che chiamavano succhialimone.

– Andrai a chiedere ad Armando il suo aiuto contro la Banda Paurosa?

Prima di rispondere, Ettore mordicchiò lo stelo assaporando l'acre succo che ne scaturiva.

– Senti Andrea... – disse – non ho ancora capito una cosa. Perché ci devo andare proprio io?

– Perché gli sei simpatico e pensiamo che tu abbia più possibilità che ti risponda di sì.

– Ma perché pensate che io gli sia simpatico? – chiese sputando lo stelo ormai consunto.

– Perché Armando ammira il coraggio e tu hai sempre dimostrato di averne.

Ettore sorrise lusingato da questo apprezzamento. – Ok. Ci proverò.

– Però ti conviene andare subito. Di solito a quest'ora è lì per giocare a biliardo.

– Va bene. A dopo.

Ettore scese dalla molazza e si avviò verso la sala giochi mentre Andrea tornò dagli altri amici che, intanto, stavano facendo scorte di missili e ricaricando i laser, pronti a respingere una nuova imminente invasione aliena.

La banda degli americani in pigiamaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora