2. La luce misteriosa

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Un elegante e fastoso carro da guerra solcava il terreno sabbioso di fronte all'esercito già schierato. Accanto all'auriga, che lo conduceva con maestria, il faraone teneva sollevato lo scettro verso il cielo. Al suo passaggio, i soldati esultarono e batterono le armi sugli scudi producendo un fragore assordante. Terminato il giro, il carro reale tornò indietro e si avvicinò alla parte centrale dello schieramento. Come per magia, il muro di lance e scudi si aprì creando un passaggio attraverso il quale il faraone poté raggiungere la sua guardia personale.

Nelle retrovie, gli arcieri erano pronti a oscurare il cielo con i propri dardi e, ai lati dello schieramento, i carri da guerra a lanciarsi nella mischia. L'attesa era stata lunga e il nervosismo dei soldati si era trasmesso ai cavalli che, tenuti a bada a fatica dagli auriga, scalpitavano colpendo con gli zoccoli la sabbia del deserto. Persino il sole, che continuava a tormentarli con il suo calore, sembrava impaziente di assistere all'imminente battaglia.

Il sollevarsi, in lontananza, di una nuvola di polvere preannunciò l'arrivo del nemico. Gli arcieri incoccarono le frecce e la fanteria si tenne pronta a seguire il faraone che, non appena vide lo scintillio delle armi nella polvere, diede il segnale. Lunghe trombe di bronzo risuonarono nel deserto...

Il citofono gracchiò così forte che la cornetta cadde dal suo alloggiamento e rimase a dondolare appesa al filo. Andrea sobbalzò e fece cadere il piccolo carro egizio con il quale era impegnato a giocare, mentre Fabio continuò imperterrito a leggere un libro. Entrambi non mossero un muscolo e ignorarono il citofono che, dopo una manciata di secondi, suonò di nuovo.

Il ticchettio di una grossa sveglia divenne assordante, accompagnato dal fastidioso ronzio di una mosca che volando disegnava cerchi sotto il lampadario. Quella calma carica di tensione venne spazzata via dal citofono che suonò per la terza volta, seguito dalla voce squillante della signora Caracciolo che rimbombò tra le pareti di casa.

– Rispondete! Sto preparando la cena!

Fabio sbuffò e scaraventò il libro sul letto. Si alzò di scatto e, brontolando, uscì dalla stanza, mentre Andrea lo osservava di sottecchi nascondendo un perfido sorriso.

– Chi è? – chiese sgarbato, dopo aver portato la cornetta all'orecchio.

– Sono Tommy. C'è Andrea? Posso salire?

All'improvviso, dalla camera Andrea gridò qualcosa. – Fabio! Se è Tommy, non dirgli che sono in casa. Sono uscito!

Il viso di Fabio si illuminò di una luce sinistra e gli angoli della bocca si sollevarono disegnando un sorriso maligno. – Ciao Tommy! – esclamò. – Andrea? Certo che è qui. Aspetta che lo chiamo.

Andrea imprecò in egiziano antico.

Tommy Russo era un ragazzino piuttosto bizzarro: alto e con delle gambe molto lunghe, sproporzionate rispetto al resto del corpo, quando indossava qualcosa di rosa ricordava un fenicottero. Era un grandissimo chiacchierone e aveva l'abitudine di riprodurre il suono dei rumori con le parole, accompagnandole con gesti teatrali. Gli piaceva molto passare il tempo con Andrea e per questo lo cercava sempre. Parlava con un tono cantilenante e si muoveva in modo dinoccolato quasi fosse un burattino mosso da fili invisibili. In passato ciò lo aveva reso oggetto di scherno; lui però non se ne curava e quando si esagerava sapeva difendersi: grazie alle sue lunghe gambe era capace di tirare dei gran calci.

– Ciao, che vuoi?

– Che stai facendo? Posso salire? Ti va di giocare?

Andrea ci pensò un attimo prima di rispondere. – No. Aspettami giù, scendo io. Ok?

– Ok. Sbrigati però.

Andrea pensò che era meglio uscire che invitarlo a salire; quello, infatti, era capace di rimanere per delle ore prima di andarsene. Appoggiò la cornetta sul citofono chiudendo la comunicazione. Dopo essersi legato al polso il suo inseparabile braccialetto di cuoio intrecciato, andò in bagno per darsi una sistemata ai capelli.

La banda degli americani in pigiamaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora