I ragazzi percorsero la strada che attraversava il rione in direzione nord; era costeggiata da vari palazzi, compresi quelli delle loro abitazioni. Affacciata al balcone dell'appartamento dei Doretti c'era Sarah: bellissima ed elegante come una statua greca. I suoi capelli d'oro scintillavano alla luce del sole, accarezzati da un leggerissimo vento; sembrava serena, ma dentro covava una tempesta rabbiosa scatenata dalla vista di quegli insulsi ragazzini che le avevano mancato di rispetto.
Orzowei la guardò e poi sospirò. – Se non mi facesse tanta paura, penso che potrei anche innamorarmi di lei.
– Ma che sei diventato matto ? – fece Steve – Quella è più acida di uno yogurt andato a male.
– Ed è simpatica come una pallonata nell'inguine. – aggiunse Billy.
In quello stesso momento, Sarah sobbalzò stizzita e, con una smorfia, se ne rientrò in casa come se avesse udito le parole dei fratelli.
Nei pressi del cancello, la strada era costeggiata da due edifici abitati da parecchie famiglie. I ragazzi non conoscevano gli inquilini perché non avevano amici lì e di conseguenza frequentavano poco quella zona. L'unico di cui avevano sentito parlare era un vecchio ragioniere in pensione che passava gran parte delle sue giornate seduto su un balcone a sonnecchiare.
Anche quella mattina era lì fuori sulla sua sedia, con le braccia conserte, il capo appoggiato alla parete e la sua inseparabile coppola nera appena calata sugli occhi; come al solito si era assopito al tiepido sole del mattino, circondato dai colori dei numerosi gerani in fiore. I ragazzi non si accorsero della sua presenza e puntarono decisi al cancello.
Esso si apriva su una vecchia recinzione che separava la proprietà di Don Paolo dal rione Cárdenas. Era imponente e di solido metallo anche se in molti punti arrugginito e con la vernice scrostata. Alto un paio di metri, terminava con minacciose punte rivolte verso il cielo, come tante alabarde. Attraverso di esse, dall'altra parte, si poteva scorgere un sentiero circondato da cespugli ed erbacce che si allontanava fino a sparire nella vegetazione e, in lontananza, delle costruzioni diroccate: le grotte romane.
Ettore si avvicinò al cancello e provò a testare la sua resistenza scuotendolo con forza.
– Non si muove; è solido.
– Pensavi di buttarlo giù con la tua forza cerulea? – lo schernì Orzowei.
Ettore lo gelò con uno sguardo truce. – Cerulea? Che cavolaccio vorresti dire?
– Forse volevi dire erculea? – disse Fabio.
- Sì! – esclamò Orzowei – quella roba lì.
Andrea si avvicinò a Ettore e gli poggiò una mano sulla spalla. – Dai, non badare a lui.
Ettore gli rivolse un'ultima occhiataccia e poi si concentrò sul cancello; Orzowei tirò un sospiro di sollievo.
– È impossibile aprirlo – disse Ettore – con questa catena e quel lucchetto.
– Non rimane che scavalcarlo – fece Billy – e dovremo fare molta attenzione: rischiamo di farci male sul serio.
– Va bene. Chi va per primo? – chiese Andrea.
Seguì un attimo di imbarazzante silenzio, finché Ettore sbuffò come una pentola sul fuoco. – Andrò io, però aiutatemi a tirarmi su.
In breve, e con l'aiuto dei suoi amici, raggiunse la sommità del cancello e si accinse a passare dall'altra parte.
– Mi raccomando, stai attento. – disse Andrea.
– Tranquillo. Devo solo evitare queste dannate punte, poi sarò dentro e toccherà a voi.
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La banda degli americani in pigiama
AdventureIn un sereno pomeriggio di inizio estate, Andrea e i suoi amici stanno giocando quando il pallone finisce casualmente nel cortile di un vecchio casolare abbandonato. La loro partita terminerà qui, ma inizierà un'avvincente avventura che li porterà a...