VENTITRÉ

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-Perché devo essere sempre l'ultimo a venire a sapere le cose?- Abel sbuffò e prese posto sul sedile posteriore del taxi, incrociando le braccia sul petto. Rivolse lo sguardo fuori dal finestrino, scivolando di lato, ponendosi il più lontano possibile dal suo accompagnatore. -In taxi, poi!-

Assurdo.

Vogliamo pure accogliere l'autista nel covo?

Offrirgli caffè e pasticcini?

Avrebbe voluto urlare, ma tacque, limitandosi a rivolgere un'occhiataccia in direzione di Florian – il suo accompagnatore.

Il vampiro scosse la testa e anche lui si fece catturare dal paesaggio fuori dal finestrino, dal proprio lato, non rispondendogli.

Avevano mandato via la sua gente – altro che caffè, tè, ossa... Li avevano mandati via. Lo aveva scoperto solo dopo aver concluso la discussione con Magda, quando la lamia lo aveva informato che a riaccompagnarlo a casa sarebbe stato Florian, appunto, proprio perché tutti gli altri erano già andati via.

In taxi. Un taxi per la Brughiera di Dashbach. Aggrottò la fronte – Le rughe, dannazione! Poggiò la nuca sulla testiera del sedile e scosse la testa.

Il viaggio proseguì in assoluto silenzio, con l'autista che ogni tanto cercava di intavolare una conversazione, fallendo miseramente nel giro di un monosillabo di risposta alle sue fatiche. Erano riusciti a creare tensione pure con uno sconosciuto che stava prestando loro un servizio a pagamento.

Wow.

Arrivarono a destinazione e Abel era già incazzato, con un principio di mal di testa e una voglia irrefrenabile di litigare, di mandare qualcuno a farsi fottere lontano da lui.

Scesero a debita distanza dal covo, Florian pagò la corsa, e dovettero percorrere diversa strada a piedi prima di arrivare davvero a destinazione.

Era stanco, arrabbiato, sudicio. Aveva bisogno di una doccia – di picchiare qualcuno.

Rivolse un breve sguardo in direzione del compagno.

Silenzio.

Mutismo.

Totale indifferenza.

Stava per immolarsi come vittima della sua furia?

-Tu hai sentito?-

Ancora silenzio.

Osservò il suo profilo vagamente illuminato dagli ultimi raggi del sole che filtravano attraverso le fronde degli alberi. Bello, serio, lontano anni luce da lui e da quel momento. Gli pareva di stare vivendo una situazione assurda, trascendentale, come quando Gesche si intrufolava nella sua mente rompendo il muro delle distanze. Solitamente, sua madre scegliava posti come quello: natura sconfinata, sole, luce, calma – apparente. Aveva smesso di utilizzare la Connessione del Sangue con lui nel momento in cui Abel le aveva chiaramente fatto intendere che si era stufato di ciò. E aveva cominciato a rapirlo per parlare con lui – non proprio un miglioramento. Era strano provare la stessa spiacevole sensazione pure in quel frangente, nonostante sapesse benissimo che Florian gli stava camminando fisicamente accanto, non c'era magia, non c'era nessuna stupida connessione inspiegabile a parole. Eppure la sensazione restava la stessa: spiacevole. E il muro sempre più spesso, più presente, più massiccio. Invisibile, ma tangibile.

Percepì gli occhi riempirsi di lacrime e scosse la testa. Non aveva più importanza come la loro relazione era iniziata – per colpa di chi. Lo amava e sentiva di essere sul punto di perderlo, ed era già stanco di perdere le persone che amava.

-Sei ancora arrabbiato con me?- nessuna risposta. -Mi devi per forza costringere a evocare un cazzo di immaginario unicorno rosa per fare conversazione?-

ARABESQUE ~ Capitolo 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora