VENTISEI

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Fuori dal commissariato l'aria si era fatta irrespirabile. Non credeva che ciò fosse dovuto al caldo, il clima era rimasto immutato durante il tempo che aveva trascorso dentro l'ufficio del commissario. Era il suo umore a essere cambiato – peggiorato. Ed era già partito avvantaggiato, incazzato. Adesso non sapeva più che parole pescare per descrivere a voce i tumulti che gli si agitavano nel petto e nella mente.

-Stai bene?- chiese Geert.

Grandioso, è tornato a parlarmi. -No- rispose secco e neanche ricambiò il suo sguardo, dirigendosi a passo di marcia verso il taxi che li attendeva dall'altra parte della strada.

-Abel!-

Si fermò con la mano stretta intorno alla maniglia della portiera dell'auto, e sollevò lo sguardo dinanzi a sé.
Niente.

Diede una veloce occhiata alle proprie spalle.
Niente.

Pareva che quella voce di donna che aveva udito invocare il suo nome fosse venuta fuori dal nulla – magari dal suo cavalcante esaurimento nervoso.

-Da questa parte- disse Geert con un filo di voce.

A quanto pareva, non si era sognato quella voce. Abel lasciò andare la maniglia della portiera, dirigendosi verso un vicolo che si apriva subito dopo la caffetteria alle sue spalle. Con la coda dell'occhio intercettò i movimenti di una mano e delle labbra di Geert, mentre diceva qualcosa all'autista del taxi. Poco dopo il mezzo ripartì senza di loro, mentre lui si si avvicinava sempre di più al vicolo.

Non poteva essere nulla di così terribile, altrimenti era quasi certo che Geert non gli avrebbe permesso di recarsi lì. O forse lo stava facendo apposta per punirlo, per averlo fatto incazzare tanto.

Si aspettava che sbucasse fuori un fantasma dal vicolo per fargli "booh"? Un po'.

Ma non c'era nessun fantasma lì, anzi. La persona che li attendeva era viva, giovane, nel fiore dei propri giorni. E lui la conosceva.
-Brigit-

-Eccoti- disse la poliziotta, guardandosi attorno con fare circospetto, e muovendo un paio di passi all'indietro, nascondendosi ancora di più all'interno del vicolo.

Puzzava, quel dannato vicolo. Puzzava di immondizia, di marcio, di umido. Di vomito. Le pareti dei palazzi si innalzavano verso il cielo, dando quasi l'impressione che stessero per chiudersi sopra le loro teste. Non proprio il luogo ideale da scegliere come propria sepoltura. Non era proprio il luogo che lui avrebbe scelto neppure per una piccola rimpatriata con un'amica che era stata decisamente latitante, nelle ultime settimane.

Amica. Brigit era sua amica? Ormai non sapeva più di chi fidarsi nella polizia, ma John l'aveva scelta come sua partner per sostituire Reik, durante la sua convalescenza. Forse poteva ancora donarle il beneficio del dubbio, anche se lei si trovava lì, in divisa, mentre John era in ospedale.

-Hai incontrato Müller?-

Annuì. -Come mai mi hai chiamato?-

La poliziotta sbuffò e rivolse un breve sguardo verso Geert, rimasto fermo a un paio di passi di distanza dal suo capoclan, prima di riportare gli occhi su di lui. -Sei più sgusciante di una cazzo di biscia!- borbottò e fece una smorfia. -Al tuo stupido covo non posso metterci piede, non so nemmeno dove diavolo è collocato in questo merda di mondo. E al locale non ci stai più...-

-Ho delegato la gestione del MoonClan a Roberto e Telsa- la interruppe, già esasperato dalle sue accuse e dai suoi giri di parole.

-Non ti esibisci neppure più-

Annuì. -I ragazzi hanno trovato qualcuno che mi sostituisca in questo periodo, visto che, come tu stessa hai notato, sono incasinato da fare schifo-

Brigit scrollò il capo, e i lunghi capelli biondi, stretti in una coda bassa, le accarezzarono la schiena, mentre gli dava le spalle e si inoltrava ancora più in fondo nel vicolo, sedendosi con poca grazia sopra il bordo di un cassonetto. Incrociò le braccia sul petto e arricciò il naso. -È diventato un casino, con Müller- disse con tono lapidario. -È amica di Keller-

ARABESQUE ~ Capitolo 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora