Aveva i piedi intirizziti dal freddo. Talmente gelati da non riuscire a percepire con chiarezza la sensazione fisica delle dita che si piegavano dentro le scarpe, accompagnando i movimenti durante i passi. Tanto freddi da avere cominciato già da un po' a infastidirsi per i collant che sfregavano sulla pelle, che non scaldavano, non facevano presa sotto le piante dei piedi e rischiavano di rendere la sua marcia ancora più incerta.
Abel imprecò e decise di togliersi le scarpe, finendo direttamente a contatto con la neve.
Che miglioramento del cazzo.
Ci vorrebbe un caffè, un bagno caldo.
Piumone, Reik e Florian, e una sana sessione di palestra sessuale; di quelle che ti lasciano senza fiato, con i muscoli dolenti e madido di sudore pure quando fuori ci stanno meno quindici gradi.
-Meno quindici gradi!- tuonò e la tipa davanti a lui si girò a guardarlo con espressione stranita. -Ciao, Telsa- salutò con tono piccato.
-Non ti avevo sentito arrivare- disse la ragazza, sistemandosi la frangia dei biondi capelli sotto al berretto di lana. Poi, casualmente, abbassò gli occhi al suolo. -Che diavolo ci fai senza scarpe?-
-Sono Divina. Posso tutto-
-Ti verrà un attacco di ipotermia-
-Te le raccomando delle decolté di pelle, tacco diciassette, per salvarti dall'ipotermia- ribatté, sventolandole le scarpe davanti al viso. -Sono solo belle, bellissime!-
-Un po' rovinate- disse la ragazza, indicando con un dito il segmento bianco, di un paio di millimetri, che spiccava sulla punta di una delle due.
Abel si irrigidì e, istintivamente, fece per nascondere le scarpe alla vista. Non gli piaceva mostrare le sue "debolezze": in un'altra occasione, era certo che quelle scarpe sarebbero finite nell'immondizia, invece, dopo gli avvenimenti degli ultimi mesi, erano diventate preziose, per lui, un ricordo prezioso, e aveva cominciato a considerarle come una sorta di amuleto. La serata che lo aspettava non si prospettava particolarmente piacevole, indossare quelle dannate scarpe lo aveva fatto sentire meglio, più al sicuro – nonostante la minaccia costante di vedersi gelare i piedi.
Telsa gli rivolse un lungo sguardo, forse si era aspettata una risposta, ma dato che non era arrivata, riprese a parlare. Forse aveva intuito qualcosa, forse aveva intuito di aver sfiorato maldestramente un nervo teso, oppure no. Non che ad Abel importasse granché. -Puoi sempre indossare delle scarpe da tennis per venire al lavoro e cambiarti una volta dentro- disse, stringendosi di più dentro al suo giubbotto imbottito, continuando a guardare con sgomento i suoi piedi.
-Potrei, se il mondo intero non avesse continuamente bisogno di me, rendendo la mia puntualità un unicorno arcobalenoso immaginario-
Telsa alzò gli occhi al cielo, ma parve optare per non il ribattere.
Abel sorrise soddisfatto. -Com'è che non ti sei accorta del mio arrivo?- domandò e cominciò a scendere la stretta scalinata che conduceva nelle viscere del MoonClan, invitandola, con il cenno di un dito, a seguirlo.
-Sono di vedetta-
-Sei bassa, da lì non vedi comunque un cazzo e io ti sto dicendo di seguirmi- si fermò sul penultimo gradino e si girò a guardarla, battendosi i fianchi.
Solo dopo essersi dato un colpo di scarpe ed essere sussultato per il dolore, ricordò di stringerle ancora in una mano. Imprecò.
Telsa sorrise e strinse le labbra per nasconderlo, ma la luce nei suoi occhi era inequivocabile.
Stava ridendo, stava ridendo di lui!
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ARABESQUE ~ Capitolo 3
KorkuÈ tornato. È Divina. È un gran rompiballe. Ma è pure vero che è difficile fare finta di essere simpatici quando ti porti il lutto dentro, il mondo è un caos che gode di equilibri spezzati, di crudeltà e odio. Per fortuna, Abel sa sempre come rimet...