11. I still got hope

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Non ho avuto tempo di stare molto dietro al capitolo, mi scuso per eventuali errori🤍

ARABELLA

-5

Soffocare.

È così che mi sento mentre percorro i corridoi di scuola. Non so come io abbia fatto a svegliarmi e arrivare in orario dopo la serata di ieri.

Ricordo quasi tutto, dalla scommessa di Sebastian con il suo amico, all'arrivo di Brett che io stessa avevo chiamato. Ho cercato in lui sostegno e ho ricevuto solo una spinta.
Sono caduta a terra sbattendo il ginocchio destro.

Quando Sebastian è uscito per tornare a casa se ne è accorto e come se non bastasse il trucco ormai colato aveva mostrato il livido che contorna il mio zigomo destro da quasi una settimana.

Oltre questo i ricordi sono confusi, ripenso a quando mi aveva chiuso in macchina, le mie urla di lasciare Brett, e poi... vuoto.

Solo un profondo senso di colpa.

Ho tentato diverse volte a contattare il mio ragazzo, ma il numero è sempre stato irraggiungibile.

Più tardi proverò a scrivergli.

La mia testa è così pesante, mi fa male e ho lo stomaco sottosopra. Sono stata una stupida ieri sera. Mi sono fidata di un ragazzo e non avrei dovuto.

La mia unica fortuna è che Sebastian mi ignora completamente, ogni volta che i nostri occhi stanno per incrociarsi sposta lo sguardo. Quando i nostri corpi stanno anche solo per sfiorarsi, salta via come se un minimo contatto potesse ucciderlo.

«Come stai?» Patrick continua a chiedermi del mio umore e io provo a fingere un sorriso smagliante, ma non ci casca.

«Bene, non ti preoccupare».

Almeno so che non ha visto i segni che Brett ha lasciato sul mio corpo.

«E invece si. Ti ho vista piangere ieri».
Accarezza la mia spalla facendomi irrigidire. Vorrei solo dimenticare la scorsa serata, fingere che nulla sia mai accaduto e andare avanti con la mia vita.

Ma so che non è possibile, nel corso degli anni ho tentato diverse volte a cancellare il passato... puro fallimento.

«Veramente, sto bene. Tranquillo»

Annuisce arrendendosi per poi puntare su un altro argomento. «Volevo parlarti di una cosa».

Sembra indeciso sul rivelarmi i suoi pensieri e continua a guardarsi intorno. «Riguarda Aliza», aggiunge e basta questo per concedergli la mia piena attenzione.

Non mi da il tempo di chiedergli cosa succede che già mi sta trascinando in un posto più appartato. «So che è la tua migliore amica e che ti vuole bene, ma sei certa che per lei sia lo stesso?»

«Certo, ne sono certa. È successo qualcosa?» La confusione dilaga sul mio volto mentre penso a qualsiasi ipotesi su ciò che potrebbe essere successo. Lei è come una sorella per me, ho piena fiducia nei suoi confronti.

«Non lo so, ieri alla festa sapeva del tuo cattivo umore, ma ha preferito rimanere con Sebastian».

Patrick non sa come funziona la mia mente, è bastata questa piccola frase per instillare il peggiore dei dubbi e farmi entrare in paranoia.

Non riesco a rispondere perché proprio il soggetto della nostra conversazione arriva ad interromperci. «Che ci fate qui nascosti?»

La osservo, è come sempre vestita di nero e, accompagnata dal suo hijab del medesimo colore, ci sorride. Ha il viso truccato e le labbra dipinte di un rosato chiaro.

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