18. Dying by the hand of a foreign man

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ARABELLA

Ed è in quei momenti, quando la mente si muove più velocemente di quanto io riesca che vorrei spegnerla. Cadere nell'oblio dell'indifferenza, non sentire più nulla, perché sono quelle dannate emozioni ad uccidermi giorno per giorno.

Chi dice che sentire dolore, felicità, rimorso, rabbia sia il significato stesso della vita, non ha conosciuto la vera sofferenza.

Non vi è vita nel desiderio di porne fine, non vi è battito nell'ascoltarlo nella speranza che smetta. Sono morta molti anni fa e quegli spiragli di felicità non bastano a riportarmi in vita, piuttosto mi uccidono sempre di più, perché quando terminano il mio pensiero vola, corre e si dimena, arriva dove io non voglio e si mescola ad ogni ricordo di sofferenza che infesta la mia mente.

A quel punto le emozioni giocano il loro ruolo.

La tristezza bagna i miei occhi, la rabbia mi fa serrare le labbra e la sofferenza mi graffia la gola. Una parte di me prova a fermarle, ma diventano inarrestabili, non esiste modo di sfuggirgli. Siamo tutti succubi dei nostri sentimenti, è inutile illudersi di non provare nulla.

Non riesco a farne una giusta, non ho resistito e ho perdonato Brett, ho sempre creduto che mi amasse, ma a quanto pare non è così.

Sebastian è corso in mio aiuto mostrandosi benevolo, ma è in quella bontà che risiede tutto il male. Non vi è stata comprensione da parte sua, mi ha urlato contro, ha strappato il contratto, l'unica cosa a legarci, la mia unica speranza di salvezza. Adesso brancolo nel buio più totale.

Mi sono addormentata tra lacrime e desolazione, ora invece cerco di non sentire nulla. È domenica e domani inizierà di nuovo la scuola. La mia vita è tornata ad essere un ciclo infinito di sofferenza e dolore.

Mi sento una stupida, in quei pochi giorni lontani da Londra mi è sembrato di aver ricominciato a vivere, che finalmente avessi fatto grandi passi avanti, ma ora che sono qui mi sembrano totalmente nulli.

Non tornerò da Brett, ormai ho capito che non mi fa bene, che quel controllo che credevo di avere era solo pura immaginazione.

Con Sebastian invece sono indecisa. È strano averlo accanto, però è riuscito ad aiutarmi più lui in pochi giorni che io stessa in una vita intera.

Lui riesce a provocarmi, a svegliare parti di me che nemmeno credevo di possedere ed è questo a farmi prendere una decisione che mi sembra la più giusta. Devo parlargli e convincerlo a ristabilire il nostro accordo.

Mi dispiace ammetterlo, ma io ho bisogno di Sebastian, necessito delle sue istigazioni, del modo in cui io stessa provi a fronteggiarlo, anche se la maggior parte delle volte finisco per esserne completamente distrutta.

Sebastian Fakhoury non è il mio salvatore, andare avanti è un mio compito. Lui è parte della strada che devo percorrere per guarire completamente.

Un'idea continua a balenarmi in testa dall'ultima sera in Brasile, quando ho lasciato che mi toccasse, nonostante poi io stessa avessi interrotto il momento. Ancora non riesco a credere di averglielo lasciato fare.

Prendo un profondo respiro per lasciar andare i pensieri, deciderò dopo il percorso da proseguire, ora è il momento di entrare in chiesa. Non mi fermo a guardarlo, che rimanga fuori, ora io ho bisogno di ristabilire l'equilibrio nella mia vita.

La messa inizia e finalmente riesco a sentire nuovamente l'Arabella prima del viaggio tornare a far parte di me, eppure una profonda parte della mia interiorità non è contenta. Mi sembra di essere nuovamente fragile, una bambina rotta e instabile.

Prego e spero che Dio mi aiuti a comprendere la strada da percorrere.

Una volta finita la messa esco fuori, non mi fermo nemmeno a chiacchierare con le anziane signore che mi adorano, vado dritta all'auto. Aspetterò lì i miei accompagnatori.

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