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Sette anni dopo.

“Buonasera cari seguaci! Oggi il tempo non è stato dei migliori, stanotte penso proprio che pioverà… Bhe passiamo alle cose interessanti, sono sicuro che tutti voi volete avere risposte per quanto riguarda il nuovo chip...”

Abbasso il volume della radio. Saluto in velocità la cuoca del fast-food in cui lavoro e corro via. Ormai ho sentito così tante storie su ciò che sta per accadere che sono arrivata ad un conclusione: sono tutte stupidaggini. Credo che anche questo chip non funzionerà.  Cerco di riscaldarmi le mani respirando tra di esse. Alzo lo sguardo verso il cielo e vedo che non c’è neanche una stella. Ho freddo alle gambe. Non avendo tolto la divisa, sono rimasta con la camicetta e la gonna a strisce bianche e rosa del fast-food. 
Grazie a Dio ho le scarpette!
Sono le 23:00 e il coprifuoco si attiverà a momenti. Vedo in lontananza casa, scorgo la luce in cucina.
Sono ancora svegli.
Penso immaginando mia madre in cucina lavando i piatti e mio padre guardare la tv. Arrivo davanti la porta d'entrata, appoggio la borsa a terra cercando le chiavi quando il vento muove la porta aprendola . Mi alzo, tocco la porta, la spingo lentamente e in contemporanea urlo:

“Mamma sono a casa!” come mio solito.

Non ottengo risposta. Quando entro in casa essa mi accoglie con un clima gelido, guardo la finestra nel salone completamente spalancata, la tv è accesa ma babbo non è sul divano a guardarla.
Percorro il corridoio, sto per arrivare in cucina ma prima di affacciarmi in essa urlo di nuovo

“Mamma sei qui?”

Sento un rumore strano, un po’ quando mastichi a bocca aperta, un rumore viscido. Lentamente mi affaccio alla porta.
Vedo mio padre inclinato verso mia madre, vedo sangue ovunque. Inizialmente penso:
Mamma  è ferita?
Ma poi mi rendo conto che lei è inerme. Mio padre si muove, metto a fuoco la scena e vedo finalmente cosa sta succedendo. Mio padre sta divorando le budella di mia madre. Resto ferma lì immobile... incapace di muovermi guardando mio padre succhiare lo stomaco di mia madre. Poi il mio sguardo passa sul corpo completamente aperto. Mi porto la mano alla bocca, sto per piangere, lo sento, così mi appoggio al muro per evitare di guardare. Chiudo gli occhi, sento le lacrime scendere. Sono consapevole del fatto che mi devo muovere ad andare via, ma sono completamente paralizzata. Improvvisamente sento la suoneria del mio telefono, sobbalzo. Non so se mio padre sta continuando a mangiare mia madre, ma corro via cercando di prendere il telefono. Correndo guardo il telefono cercando di vedere lo schermo, ma quando incomincio a sentire passi dietro di me mi volto. Vedo mio padre con occhi completamente bianchi inseguirmi. Dal panico lascio cadere il telefono e incomincio a scappare. L'idea del coprifuoco non mi sfiora minimamente. Corro più che posso cercando di seminare mio padre. Dopo aver corso quasi per tutto il quartiere, mi volto per vedere dove sia ma non c’è più. Per paura di vederlo in giro decido di correre in metropolitana.
Qui di sicuro non c’è nessuno.
Il coprifuoco blocca anche le metropolitane.  Scavalco le sbarre di ferro. La metropolitana è inquietante. Sono accese le luci di emergenza. Sento solo i miei passi riecheggiare più volte, le uniche cose che tagliano questo silenzio fastidioso. Cerco di farmi strada, arrivo fino al binario uno, riesco a vedere una panchina vicino ad una luce di emergenza. Mi ci siedo e tiro un sospiro di sollievo. La panchina non mi da sicurezza così decido di sedermi dietro di essa e mi appoggio al muro.
Il momento più brutto è arrivato. Le lacrime incominciano di nuovo a farsi strada, sento il loro calore sulle mie guance. Cerco di non fare troppo rumore, ho troppa paura, paura di essere sentita da qualcuno come mio padre, paura di tutto. Appoggio la testa sulle ginocchia e accompagnata dal mio pianto prendo sonno ormai distrutta.

Sento un rumore, qualcosa in avvicinamento. Apro gli occhi lentamente, il buio ha ancora la meglio anche sotto questa luce di emergenza. Mi gira lo stomaco per aver pianto troppo. Il rumore persiste.
È forse il treno? Impossibile.
Mi rispondo. La stazione è ancora chiusa,   nessuna luce è accesa. Rimango dietro la panchina attendendo, quando improvvisamente arriva un treno. Non riesco a vedere molto bene cosa ci sia all'interno di esso, vedo solo una luce bianca. Fino a quando si ferma e dopo poco apre le porte. Resto lì ferma in attesa senza sapere esattamente di cosa. Dopo poco sento vari rumori, mi alzo lentamente e mi avvicino ad una delle aperture. Mi affaccio alla mia destra e vedo un lettino con un corpo steso su di esso. Un rumore alle mie spalle m’impedisce di guardare oltre, mi volto verso la mia sinistra e un uomo dagl'occhi bianchi come quelli di mio padre si sta avvicinando. Senza pensarci due volte scappo via.


Resurrection (IN REVISIONE) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora