Capitolo XV

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Mi volto a guardare Diego, «molto carino,» dico sorridendo.
«Davvero ti piace?» Chiede lui, «la prima volta la tua reazione è stata più entusiasta.»

Sembra avere un'aria un po' triste. Non riesco a fare a meno di chiedermi se la prima volta non abbia esagerato la mia reazione pur di assecondarlo.

«Ti aspettavi qualcosa di diverso?»
«Non saprei,» rispondo con aria indecisa.
«Cosa ti sarebbe piaciuto fare?»
Non ho bisogno di pensarci molto, «ho sempre voluto fare un picnic notturno in un parco,» confesso facendo anche una piccola risata nervosa subito dopo.

«Questa cosa me l'hai già detta diverse volte...» Ammette, «...Vedi? Ti sto aiutando a recuperare i ricordi» aggiunge ridacchiando in modo nervoso.

«La prossima volta ne faremo uno» decreta, ma il tono della sua voce non mi lascia intuire che sia una vera promessa.

Una ragazza interrompe il momento, si avvicina per accompagnarci al nostro tavolo, che è posizionato in prima fila. Questo non lascia molto modo a me e Diego di conversare, il volume della musica è davvero alto, ma decido di tenere la cosa per me.

«Volevo catapultarti subito nel mio mondo,» confessa allora Diego fissandomi negli occhi.
«Stavolta o l'altra?» Domando.
«Entrambe.»
Annuisco, «spero sia stata una bella serata.»
«Senza dubbio. Anche questa lo sarà.»

Un ragazzo viene a prendere le nostre ordinazioni, io obietto che non abbiamo ancora un menù, ma Diego ordina due Gin tonic con rosmarino.

«Va bene se ordino anche per te? Lo facevo sempre prima.»
«Davvero?» Domando sorpresa.
«Certo. Credevi forse che avrei bevuto da solo due cocktails?» Chiede e io inizio a ridere con un po' di imbarazzo.

«È un problema?» Domanda ancora lui.
«No, è che... Non ho mai incontrato qualcuno che facesse così» ammetto, «magari la prossima...»
«Prediamo due beef fillet» dice ancora  lui al ragazzo interrompendomi.

Il cameriere annuisce e va via, Diego si volta a guardarmi con aria soddisfatta.
«Il beef fillet che servono qui è il migliore in città» mi spiega con aria scontata.
«Proviamolo» dico allora perplessa. L'arroganza con cui ha imposto la sua scelta mi mette un po' a disagio.

Diego allunga una mano ad afferrare la mia, io fisso le nostre dita intrecciate. Nessuno dei due parla. Da come mi guarda intuisco che dev'essere davvero felice in questo momento. Vorrei esserlo anche io, scrollarmi di dosso questo imbarazzo. Provo velocemente a cercare qualcosa da dire, poi per fortuna il ragazzo di prima torna con i nostri drink.

Stacco la mano, afferro il mio bicchiere e bevo un sorso.
Diego sorride con aria ammaliante, «la prima volta sei stata tu a prendermi per mano, hai cercato un contatto per l'intera serata. Sembrava non riuscissi a stare lontana da me» dice e io inizio ad arrossire.

Punto lo sguardo altrove mentre prendo un altro sorso dal mio drink, stavolta più generoso.
«Questo silenzio lo considererò come una richiesta non ufficiale di procedere più lentamente» dice.

Stasera sembra molto sicuro di sé, non ha di certo l'aria afflitta che aveva quando è venuto a casa dei miei genitori.
«Sì, in effetti ho bisogno di più tempo» ammetto.
Diego alza le mani, «rispetteremo i tuoi tempi, io... Io sono solo felice di averti di nuovo qui con me, probabilmente alcuni atteggiamenti sono solo troppo spontanei.»

Iniziamo poi a bere piccoli sorsi dai nostri bicchieri, nel frattempo entrambi ci guardiamo intorno mentre ascoltiamo il gruppo sul palco.

«Mi ero appassionata al jazz?»
«A volte quando cenavamo a casa mia, mettevo del jazz in sottofondo. Credo stesse iniziando a piacerti.»

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