Capitolo XXXI

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Aprendo gli occhi mi ritrovo a casa mia, nel mio letto. Stavolta non urlo, né sussulto, poiché nel sogno è mancata la parte del boato e dell'acqua che invade la cabina.

Guardo l'orologio, avrei ancora un paio di ore per poter riposare, invece mi alzo e vado in cucina, dove mi preparo un caffè.
Non sono mai stata una di quelle persone che amano stare nel letto anche da sveglie. Nel momento in cui apro gli occhi inizio già ad azionare il cervello, per cui intrattenermi fra le coperte in genere non serve a riprendere sonno.

Ricordo ancora che quando ero piccola, mia madre si lamentava di questo aspetto del mio carattere con le amiche, dicendo che appena mi svegliavo iniziavo già a riempirla di chiacchiere e domande.

Il caffè esce facendo fischiare la macchinetta, in un istante vivo come un flashback, mi rivedo sull'aereo mentre sento un forte fischio, seguito poco dopo da un boato e dal buio più totale.

«Un ricordo!» Esclamo ad alta voce, poi inizio a ridere nervosamente.
«Un ricordo! Ne ho avuto uno!» Urlo ancora mentre inizio a sentirmi euforica, è davvero molto presto, fuori il cielo è ancora scuro e io me ne sto dentro casa da sola a gioire per aver finalmente ritrovato un frammento del passato che credevo di aver perso per sempre.

Inizio a ridere ancora più rumorosamente mentre, piena di adrenalina, mi metto a camminare su e giù per la stanza dimenticandomi di spegnere il gas ancora acceso.
Poi mi blocco. Il mio ricordo è chiaro e limpido. Ho sentito il boato e in quel momento ero sola.

Questa nuova consapevolezza smorza il mio entusiasmo, mi avvicino ai fornelli, spengo il gas e verso il caffè in una tazzina, poi torno in camera da letto a sorseggiarlo davanti l'armadio.

Prendo ad esaminare i vestiti in cerca di qualcosa da indossare per il rientro a lavoro, non so come si siano abituati a vedermi vestita i miei colleghi ma da oggi avranno a che fare con la vecchia Giulia, quella che in ufficio indossava principalmente camicie, jeans e scarpe comode.

Inizio a ridere piano pensando a tutti i vestiti che solo qualche giorno fa ho letteralmente scaraventato sul pavimento in segno di protesta verso l'altra Giulia.
Recupero qualcosa da indossare e mi dirigo in bagno per una doccia.

Compio tutte le azioni lentamente ma sono comunque pronta parecchio tempo prima di dover uscire di casa, per cui appena ho finito recupero la scatola dei puzzle e mi siedo sul pavimento con l'intento di farne un paio. Mentre sto cercando quello con i pezzi più piccoli vedo di nuovo i fogli nella scatola e li afferro per studiarli, non mi ricordo di averli messi via insieme ai puzzle. Deve essere stata l'altra Giulia a farlo.

Inizio a sfogliarli, sono disegni fatti a mano, a matita. Non so chi ne sia l'artefice, di sicuro non io, che ho sempre voluto imparare a disegnare a mano libera, ma non mi sono mai sentita in grado neanche di provare.

Uno colpisce particolarmente la mia attenzione, rappresenta il profilo del volto di una donna, i tratti sono quasi tutti accennati e al posto dei capelli c'è disegnata una stilizzazione del cervello con tratti decisi e nitidi.
Osservo l'immagine per un po', giro anche il foglio per cercare la firma dell'artista, ma non ne trovo nessuna, così come non ci sono segni o indizi sull'artefice della piccola opera che stringo fra le mani. Rido, aver trovato questo foglio è come aver avuto l'ennesimo indizio dal destino.

Mi alzo e cerco una gomma da cancellare nel cassetto della scrivania che è posizionato di fronte il mio letto e torno a sedermi sul pavimento. Lentamente e facendo attenzione e a non sgualcire il foglio, inizio a cancellare i tratti che delineano il cervello della ragazza e, mentre continuo a cancellare questi segni a matita, rifletto sul fatto che io e la ragazza sul foglio abbiamo davvero molto in comune... Io ho perso la memoria e a lei la sto cancellando adesso.

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