43 - Follie improvvise

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Apatia, questa poteva essere la parola che più poteva appartenerle in quel momento

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Apatia, questa poteva essere la parola che più poteva appartenerle in quel momento. Non desiderare niente, l'indifferenza di fronte alla realtà scombussolata. Vuoto, solo questo c'era sia nella mente che nel corpo. Non poteva nemmeno dire di sentirsi debole o stanca, non lo percepiva. Era come essere fuori dalla propria carne, non controllarlo al cento per cento. Sentirsi estranea in sé stessi. Questo era l'effetto collaterale.

Stesa a schiena a terra, le braccia spalancate e i piedi abbandonati, era ferma in quella che era stata una delle sue grotte che fungevano da nascondiglio. Ovviamente non esisteva più nulla se non ceneri e polveri, anche se a breve ogni cosa sarebbe tornata alla normalità. Bastava tempo, quello che non aveva così tanto purtroppo, seppur immortale.

Quando una piccola scintilla di lucidità la colpì spostò lo sguardo dal cielo di nubi che oscuravano il suo Mondo al suo lato sinistro, osservando il proprio braccio muovendo la testa lentamente. Nero, nero e nero, il suo segno distintivo non aveva più traccia di quello candido di Kyra, e anche le sue unghie era tornate ad essere lucide e scure come la sua anima.

Mugugnò un verso di lamento lieve chiudendo gli occhi, l'apatia stava svanendo e non aveva idea da quanto fosse rimasta lì in quello stato. Seppe solo che la debolezza la colpì in pieno, o più che altro stanchezza. La pelle le bruciava, ogni singola parte del corpo doleva e chiedeva pietà, non voleva muoversi, sempre che ne sarebbe stato in grado.

Detestava sentirsi così, odiava fare ciò che aveva fatto per quel motivo. Ma aveva dovuto, non c'era stata scelta. Uno dei segreti che la Dea Nera custodiva era che i Divoratori fossero in grado di invertire l'ordine delle cose, persino trasformare la Distruttrice in Creatrice e viceversa, compromettendole. Quello non era il loro scopo principale e finale, quanto accaduto era stato solo un caso. O quasi, però no, a loro non interessava ciò bensì qualcosa che persino lei, la Dea della Distruzione e nonché sua personificazione, temeva.

– Quei bastardi...– mormorò con odio. Si riferiva a chiunque avesse provato a prendere Kyra la prima volta e che, in qualche modo, erano riusciti a farlo una seconda volta. Ne era certa poiché la Creatrice, al solo percepire l'aura dei Divoratori, sarebbe comparsa accanto a lei ad occhi sgranati e increduli, la paura nel corpo per i Salir. Se fosse accaduto avrebbe dovuto calmarla a causa della negatività che l'avrebbe fatta andare nel panico. Forse le sarebbe stata un peso in quel momento ma il fatto che niente di tutto ciò fosse accaduto l'aveva incupita nell'istante in cui era tornata negli Abissi Infernali e aveva notato i segni bianchi sul braccio.

Si era diretta all'istante ad una delle grotte per pensare e cercare di non impazzire mentre la mente vagava e vagava. Kyra non era nell'Eden, la sua aura viola inconfondibile non era lì né ad Eathevyr o nel Regno Assoluto. Era come svanita nel nulla, esattamente come l'aura che appariva e scompariva misteriosamente da mesi e mesi. Esattamente come era accaduto giorni prima al primo rapimento.

– Selena poteva prendersi la briga di avvisare prima!– ringhiò cercando di mettersi seduta ma maledicendosi subito dopo, le ossa e i muscoli indolenziti che glielo impedirono obbligandola a stare a terra. Evidentemente doveva aspettare ancora qualche attimo.

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