9 - Oscuri piani

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Passi tra la folla, voci miste tra loro

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Passi tra la folla, voci miste tra loro. Polvere sulle scarpe, passo lento. Vento tra i capelli, mantello calato sulla testa. Sole che si nascosto tra le nuvole oltre l'orizzonte per lasciar spazio alla luna nuova, sguardo per terra. Ragazzi che corrono per giocare ancora prima del buio, confusione intorno.

– Ehi! Fai più attenzione ragazzino!– disse un uomo dopo averlo urtato ma lo ignorò totalmente. Non gli interessava, doveva solo camminare e raggiungere la sua meta senza alcun intoppo o ne avrebbe pagato le conseguenze.

– Stavira è troppo affollata per i miei gusti.– borbottò fra sé e sé stringendosi nella mantella. Era troppo abituato a stradine deserte e poca gente che si trovavano nei piccoli paesini probabilmente e avere intorno così tante persone gli procurava disagio.

Teneva lo sguardo basso perennemente e camminava senza sosta, continuando ad urtare la gente di tanto in tanto dalla fretta, cercando di non rallentare il passo per nulla al mondo. Era già in ritardo e non voleva peggiorare la situazione.

Poco dopo entrò in un locale pieno di uomini che parlavano a voce alta, bevevano, discutevano seduti ai tavoli di belle donne, lavoro, svago o affari. Era una delle più antiche taverne ed era anche piuttosto rinomata, non solo per la sua storia ma anche per l'ambiente che, si diceva, fosse rimasto tale quale nei secoli: il legno scuro dominava ovunque, il pavimento, il soffitto, i mobili, i tavoli, le sedie, ogni cosa era stata costruita e intagliata con maestria. Poi i muri di pietra che avevano resistito a qualsiasi tormenta su cui erano appesi quadri e mappe antiche passati di generazione in generazione. Aveva sentito che la taverna era sempre stata gestita dalla stessa famiglia, lui li ammirava per questo. Non era semplice mantenere vivo un luogo del genere così a lungo nella caotica capitale poiché non era conforme alla gente nobiliare. In effetti non sembrava di essere nel centro di Stavira ma in un locale sulle alte montagne.

Arrivò al bancone cercando di non farsi vedere, stanco e senza guardare in faccia a nessuno prendendosi da bere per non destare sospetti come sempre, andando poi nella zona più in ombra che nessuno calcolava, per l'esattezza davanti ad una porta stretta dove ci si poteva passare a malapena. Fortunatamente era abbastanza minuto.

Sapeva che portava in un corridoio spoglio e illuminato solo da torce accese che creavano luce soffusa. Andò a destra appena trovò uno svincolo e poco dopo, alla fine di quel lungo corridoio, trovò un omone tutto muscoli seduto su una sedia che appena lo vide si mise davanti alla porta in legno massiccio con intarsi dorati come a bloccargli l'accesso di quel luogo losco e segreto.

– Che ci fai qui ragazzino?– gli chiese lui con voce grossa e rabbiosa. Doveva essere una nuova guardia se non lo riconosceva.

– Dovrei vedere una persona.– rispose cercando di non far sentire e mostrare il suo nervosismo.

– Ordine.–

Gli disse qualcosa a bassa voce avvicinandosi appena e lo vide sedersi di nuovo al suo posto come se niente fosse lasciandogli libero il passaggio, le braccia muscolose incrociate. Così tirò fuori dalla tasca del suo mantello una chiave e la inserì nella toppa senza alcuna difficoltà, facendo tre giri in senso antiorario e poi aprì la porta dopo aver sentito uno scatto.

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