Capitolo 9.

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Mi sveglio di sopraffatto sentendo un peso su di me, mi guardo attorno ma prima mi stropiccio per bene gli occhi e mi stiracchio ma per sbaglio faccio male qualcuno.

"Ahia!" Urla toccandosi il naso.
"S-scusa mi stavo stiracchiando" sussurro ancora assonata.

Poi guardo il mio corpo nudo, e poi dei ricordi della serata scorsa.
Ho fatto sesso con Alfred, per mia volontà, giusto per divertirmi, come glielo dico che lui non mi piace?

"Riguardo a ieri..." sussurro.
"Si è stato fantastico" urla lui con un sorriso, ma lo guardo più seria che mai.

"Che c'è?" Mi chiede cercando la mano sotto le coperte e la trova accarezzandola.

"Per me non conta nulla quello che è successo ieri..." sussurro abbassando lo sguardo.

Sento che emette un respiro ma niente.
"Scendi dal mio letto, prendi le cose, esci da questa casa" sussurra.
"I-io..." inizio a balbettare e cerco di guardarlo negli occhi.
"Ora." Mantiene la calma alzando e abbassando il petto, mi mette i brividi guardando la sua guancia serrata.

Lo guardo l'ultima volta prima di uscire da quella casa, sento il telefono vibrare e poi guardo un messaggio.

"Oggi dalle 9:00 fino alle 13:00, ho gli allenamenti
Neymar"

Sbuffo guardando quel messaggio, come ha avuto il numero?

Poi guardo la porta dietro di me, Alfred glielo avrà dato lui.

Sono le 8:05 e devo subito prepararmi, questa mattina è partita proprio di merda.

Non ho voglia di vivere in tutti i sensi.

Mi guardo allo specchio, cosa ho fatto?

Ho fatto stare male una persona che consideravo il mio migliore amico, sono stata quasi "toccata" dal padre di quel meraviglioso bambino.

E poi mi siedo sul letto. Le lacrime mi solleticano le guance, così le ascolto. Ascolto il loro silenzio, il modo in cui mostrano se stesse. Mi chiedo come facciano quelle piccole gocce a contenere così tanto dolore e a non esplodere.

Ci sono tanti tipi di solitudine.
Non parlo di quando ci si sente soli in mezzo alla folla, quello che succede sempre a tutti. Non è la solitudine di chi cerca l'amore e di chi viene preso in giro dai ragazzi popolari.
La solitudine di cui parlo io è di quando pensi di non avere più niente. Niente e nessuno. Stai affogando e nessuno ti tira una fune.

Sto per cedere chiamando la mia amica, ma stringo nelle mie mani il telefono gettandolo anch'esso nel letto.

Fisso la tazza, metabolizzando cosa è accaduto nelle ultime ore. Sono seduta sul terrazzo con una coperta sulle spalle, "Volevo prendere un po' di aria" "Lo fai sempre quando devi riflettere" "Sono solo un po' stanca". Non ho voglia di parlare. A dire la verità, non è un argomento che voglio affrontare. Sto bene" Sono solo un po' stressata al lavoro"sussurro alla mia testa.

E come se in certi casi lei mi ascoltasse.

Chissà perché a volte perdi la testa.

Passi intere giornate ad arrovellarti su pensieri che neanche esistono.

"Lavoro" rido tra me e me.
È una cazzo di Baby sitter!
Con un bambino che ha bisogno di una cazzo di madre, ma forse quel puttaniere di suo padre non è trova una buona, chissà cos'ha visto e cos'ha passato quel povero bimbo.
Sbuffo.

Mi vesto con un top e con una felpa sopra e metto dei semplici jeans a vita alta, e poi raccolgo i miei capelli in una coda alta.
Mi trucco con il necessario e mi dirigo verso la porta.

Osservo la vecchietta che mi sta fissando e mi incammino non degnandola di uno sguardo.

Sono davanti alla casa aspettando che si facciano le 9:00 in punto.
Cosa succederà?

Il padre non c'è, quindi sono tranquilla.

Mi inizio a incamminare verso il cancello che si apre non appena la videocamera mi ha scrutato per bene e mi incammino verso la grande porta di legno.

Sono davanti alla porta aspettando che qualcuno mi apri, inizio a sorridere appena la porta si apre aspettando la cameriera Adeline.

"Tu?"chiedo aggrottando la fronte.
Si guarda dietro come se non mi stia rivolgendo a lui.

Scuoto la testa rendendomi conto di cosa io abbia detto.
"Scusami, non sono in me oggi..." sussurro.

"Se ne vuoi parlare io ci sono" dice facendo un sorriso sincero.
Ora si preoccupa anche?
Alzo lo sguardo guardando il padre del bambino con più attenzione.
In effetti si dal suo viso sembra sincero.

Mi fa passare sfiorandomi sempre il braccio facendomi rabbrividire al tocco.
"Tutto bene?" Mi chiede.
Annuisco incerta, notando il silenzio in casa.

"Adeline?" Chiedo confusa.
"Giorno di riposo" dice andando a sedersi sul divano, osservo la sua figura maschile notando che possiede una tuta sportiva del PSG pronto per il suo allenamento.

"Scusa Davi?" Mi guardo intorno non notando il bambino.
Mi sembra parecchio strano, perché appena bussa qualcuno lui è il primo a controllare chi è.
"Non c'è" fa un mezzo sorriso.

"Cosa significa non c'è?" Lo guardo più confusa del previsto.

"È da sua madre tra poco arriverà" guardo il sorriso far strada nel suo viso, ormai sapendolo a memoria.

"E-e c-che ci faccio io qui allora?" Balbetto gesticolando per aria, il suo divertimento sulla sua faccia mi fa salire il nervoso.

"Oh non so dimmelo tu?" Mi chiede girando canale facendo rumore con quel telecomando.
Guardo la TV e poi lui.

Scuoto il capo andando verso di lui coprendo la grande televisione di fronte a lui.

"Sto cercando di guardare la t-"lo interrompo abbassandomi alla sua altezza.

"Cosa mi hai chiamato a fare a quest'ora?" Lo guardo seria.
Sorride avvicinandosi più a me vicino alle mie labbra ma io in colpo gli do uno schiaffo facendo girare la sua faccia.

"Cosa diamine stavi facendo?!"giro su me stessa in preda dal nervosismo.

Mi siedo sul divano mettendomi le mani sul viso con frustrazione.
Vedo che si alza di botto facendomi sussultare.

Non emette parola, intravedo che prende il suo borsone ed esce dalla casa.

Cosa diavolo stava succedendo?

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