V

25 7 0
                                    

Vedendo il cielo, Talia ripensò a quella mattina, sul tetto della scuola, pensò al fatto che in quel momento stava ammirando lo stesso cielo, eppure era tutto così diverso, era lo stesso mondo, lei era sempre la stessa, ma qualcosa era cambiato; la normalità non era più tale, ora c’era lui… E lui era semplicemente se stesso, ma questo a lei bastava, anzi questo le riempì il cuore, perché, nonostante tutto, lui non aveva indossato maschere, non aveva chiuso il vero sé in una gabbia, ma aveva preferito essere verità, quella verità che magari l'avrebbe raggiunta e riportata a essere come era sempre stata. Ripensò al suo sguardo, ai suoi occhi, al terrore che aveva visto in essi, al terrore che aveva riconosciuto, seppur più affievolito, nella sua anima. Una paura silenziosa che si faceva strada nelle persone, spietata, senza guardare in faccia nessuno, quella paura che attanagliava l'animo di chiunque ma che riusciva a distruggere veramente solo l'animo delle persone speciali, quelle che nel mondo sono poche e hanno l'animo fatto di tanto nero, che però viene rinchiuso e sconfitto dalla luce della vitalità… Finché lei non arriva a dar forza a quelle tenebre, forzando quel chiavistello arrugginito che permetteva a quelle fragili anime di vivere. 

Assorta in questi pensieri la ragazza sentì le sue palpebre appesantirsi e pian piano chiudersi… Si addormentò avvolta dal gelo dell’inverno, il suo corpo caldo, steso sull’erba appena bagnata di rugiada alle prime luci dell’alba. Poco dopo Katherine si rese conto che la giovane dormiva e decise di riportarla dentro. La svegliò appena e aiutandola a sollevarsi la fece incamminare verso l’ingresso, poi verso la sua camera, la fece stendere sul letto e la coprì con la trapunta… Finalmente dopo quella lunga giornata si stese anche lei, e lì, sul divano si lasciò andare alla beatitudine del mondo dei sogni, dove, come ogni sera, avrebbe incontrato il suo piccolo Trevor, vedendolo finalmente sorridere. Silenzio tombale, una pace indissolubile era calata sulla casa, tutto era immerso nella più completa tranquillità, ogni cosa era immobile, statica. Mentre le due donne dormivano tranquille, cullate dal quasi impercettibile suono della legna che ardeva nel camino, Tristan era seduto vicino alla finestra, pensava. Stava riflettendo sugli ultimi avvenimenti, su quella ragazza perfetta, bassina, un pò in carne, con un sorriso stupendo e degli occhi che parevano racchiudere un mondo selvatico, fatto di pazzia, ma una pazzia bella, piena di sole, di gioia, ma allo stesso tempo con un lato oscuro, fatto di bellissime rose rosse piene di spine, i petali color sangue e i gambi intrecciati a formare una barriera impenetrabile, uno schermo di dolore a proteggere tutta la bellezza di quel mondo, della sua anima così pura e ingenua. Una corazza per tenere lontani gli altri ma che rischiava però di tenerla lontana anche da se stessa. Una corazza che cade di fronte ai deboli, lei infatti da loro si fa scoprire, si fa comprendere… Con lui era così, lei era come un diamante grezzo, splendido, naturale, meraviglioso con le sue imperfezioni. Lei con lui si era lasciata andare, aveva deposto le armi, ritirato la difesa, lui l'aveva capito, e proprio per questo doveva proteggerla, lei era il fiore più bello che avesse mai visto, la melodia più dolce mai suonata, la poesia migliore della sua vita. Lei era un'opera d'arte. Lei era tutto. Desiderava tanto rivederla, però aveva paura; paura che lei lo decifrasse, paura che lei scoprisse tutto, ma soprattutto: paura di farle del male. Però lei era speciale, e lui ne aveva bisogno, era stata la sua salvezza, aveva infranto il suo sogno certo, però l'aveva fatto per permettergli di vedere il lato bello delle cose, perché alla fine in tutto c'è un lato bello e questo solo lei era riuscita a spiegarglielo. Lui voleva vederla più di ogni altra cosa al mondo, ma non voleva causarle più problemi. Tristan era lì, davanti ai suoi occhi, pronto a buttarsi e ripensando a quel momento provò disgusto per sé stesso, solo ed esclusivamente un senso di nausea. Come aveva potuto farle questo? Non aveva forse sofferto abbastanza? 

Era sicuro di averle ricordato dell'amico, era sicuro di averla fatta star male. 

Le era svenuto addosso. L'aveva fatta penare in tutti i modi. Ma lei non l'aveva abbandonato, lei era rimasta con lui, sempre. Tristan continuava a chiedersi il perché, alla fine era uno sconosciuto, a nessuno importava di lui, perché a lei avrebbe dovuto fregare qualcosa? Lei lo aveva protetto dal suo patrigno. Lei lo aveva fatto sentire al sicuro. Lei lo aveva calmato, lo aveva rassicurato e lo aveva stretto fra le sue braccia gentili. Lei aveva fatto di tutto per aiutarlo. Ma lui non aveva fatto niente, se non farla soffrire. 

Non era giusto, si odiava. 

Non poteva chiederle ancora qualcosa, doveva farsi forza, magari l'avrebbe cercata finito quell'inferno, pensò, ma questo pensiero durò un istante, perché dopo lungo tempo si rese conto di aver raggiunto il fondo, si rese conto che da quell'abisso non sarebbe mai più risalito. 

Non meritava di averla al suo fianco. "Non voglio causarle problemi. Starà già male di suo, ci manco solo io a complicarle tutto. D’altronde ci sarà forse un motivo se non ho amici, la solitudine é mia amica, da sempre, non mi é mai pesato, anzi forse é stato pure meglio. Mia madre poi non ne parliamo, se n'è andata… Mentre Talia era qui a cercare di farmi sopravvivere mia madre è andata via, mi ha abbandonato. Lei… lei, la mia piccina, la mia Talia mi ha accettato, mi ha capito… e io cos’ho fatto? Ovvio, l'ho fatta stare di merda, che cazzo mi faccio schifo. Non merito di…” una parte della sua testa gli suggerì “di vivere”

guardò giù dalla finestra. Nonostante la stanza fosse confortevole e bella, mancava qualcosa, mancava lei, il suo sorriso e la sua passione, le sue mani morbide che gli accarezzavano i capelli... 

Immagini del tetto della scuola gli tornarono in mente. Ripensò a quella calma, a quell’atmosfera. Alla farfalla, a quella bellissima farfalla. Pensò al cielo. Pensò agli storni.

“Libero come gli storni”.

Quanto avrebbe dato per riprovare quella calma? Tutto, ma non la felicità di quella dolce anima. Sapeva che facendolo l'avrebbe distrutta. Sentiva nel profondo del cuore che non avrebbe più provato quella calma, però sentiva anche che qualcosa di nuovo stava nascendo in lui. 

Appoggiò la testa al palmo della mano, sbattendo le palpebre alla luce del sole, come per tornare alla realtà, estraniarsi da quello stato di trans che ormai troppo spesso lo allontanava dal mondo. 

Ripensò per l’ennesima volta a Tqlia, quella ragazza stupenda.

"Lei sembra libera di fare tutto. Come quegli storni… come quella farfalla” 

Lei lo aveva fermato. Lei lo aveva calmato. 

Lei… sembrava così disperata. Non voleva che si buttasse.

Non voleva più morte.

All’improvviso, il desiderio di riprovare ancora quella calma, quella libertà e di trovarsi di nuovo su quel tetto, svanì.

E il ribrezzo tornò a farsi largo in lui.

"Quella ragazza non voleva che mi buttassi. Lei mi ha calmato. Lei non voleva più morte" abbassò lo sguardo sul davanzale di marmo.

"Io voglio fare qualcosa che la farà stare male, però lei mi ha aiutato..." 

riguardò l’asfalto dalla finestra "Ha visto il suo migliore amico morire, era traumatizzata, aveva paura delle altezze, eppure è salita su quel maledetto tetto per fermarmi..." distolse nuovamente lo sguardo dal mondo e chiuse gli occhi "Quanto sarà stata male per quello che volevo fare? Magari sta male anche adesso. Per me. Per un deficiente insulso ragazzino che lei ha voluto aiutare". Riaprì gli occhi chiari. "Vorrei così tanto rivederla, ringraziarla e stringerla a me" strappò piano la pelle intorno al dito, e man mano che andava avanti il sangue iniziava ad uscire "Ma allo stesso tempo vorrei che stesse lontana da me, lei deve essere libera, tranquilla, senza preoccupazioni, però cazzo è così perfetta" sospirò. 

"Il desiderio umano… è così insensato, incoerente, é così maledettamente umano..." L'apatia e la freddezza che si erano adentrate in lui pian piano svanirono, lasciando spazi a copiose lacrime, e mentre lui si strinse le ginocchia al petto Karen aprì la porta, avvicinandosi a lui e cingendogli le spalle in un tenero abbraccio…

Part of us ~🥀🌼
Scusate l'assenza, ma ora siamo tornate più forti di prima, e terremo fede alla nostra promessa di non abbandonare questa parte della nostra anima. Grazie infinite a chiunque leggerà...

Πάντα ῥεῖ 🍁Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora