XIV

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Lo scenario che Karen si trovò davanti fu straziante, Tristan in ginocchio, per terra, piegato su sé stesso che urlava, erano urla che racchiudevano un dolore misto di rabbia e tristezza. Si avvicinò cautamente a lui e Katherine, cercò lentamente di aprirgli le mani, chiuse in due pugni. Poi  avvicinò la mano al suo volto e cercò di farsi guardare, il tentativo fallì miseramente perché il ragazzo si agitò ancora di più.
Katherine si mise dietro di lui e iniziò ad accarezzargli dolcemente la schiena.
"Tranquillo, ci siamo noi" Provò a consolarlo.
Lui pian piano smise di gridare, pianse, e sfinito si abbandonò al tocco di quella che ormai considerava come una madre. Lei lo circondò cauta con le braccia e lui si abbandonò sulla sua spalla.
Passarono interminabili minuti, Karen nel frattempo aveva pulito le goccioline di sangue sul pavimento, Tristan si era strappato la pelle degli avambracci con le unghie, aveva riaperto i tagli più recenti.
Talia fuori dalla stanza era più calma, aveva capito di essere stata solo presa alla sprovvista dal momento e che sarebbe successo molte altre volte, doveva quindi imparare a gestirsi. La sua mente in ogni caso esplorava gli scenari più catastrofici che potessero verificarsi in modo da essere pronta a tutto ciò che sarebbe potuto succedere da lì in poi.

All'interno della stanza regnava un tale silenzio carico però di tanta angoscia… Fu Tristan a romperlo, rivolgendosi a Karen.
"L'ho fatta piangere di nuovo vero?" Chiese conoscendo già la risposta.
"Ha pianto ma se devo essere sincera veramente poco, voleva starti vicino e non poteva, si è subito calmata, sai lei ha sempre avuto qualche problema di attacchi di panico ed è semplicemente stata sopraffatta dal momento" Spiegò tranquillamente la donna.
"Posso vederla o è meglio di no?" Chiese lui nonostante avesse paura anche solo a domandare.
"Vai ad aprire la porta e vedrai".
Lui si alzò aiutato da Katherine e quando aprì la porta si ritrovò Talia davanti in tutta la sua bellezza, con il solito raggiante sorriso, crollò sulle ginocchia, lei prese una paura tremenda, era talmente fragile… Le circondò le gambe, appoggiando la testa al suo ventre. Lei si abbassò, e lo abbracciò più forte che poté come se lui fosse la sua unica sicurezza.
"Ti voglio bene. Non é colpa tua. E… beh ti voglio bene" Gli sussurrò lei all'orecchio con fare così dolce che sciolse tutta la tensione nell'aria. Poi gli diede un timido bacio sulla guancia e gli prese le mani, guardò gli avambracci.
Lui s'incupì leggermente.
"Scusa ho sbagliato di nuovo" Disse lui tristemente.
"No cuore, non hai sbagliato, é stato un momento, ora vieni sul letto, così magari consoli Elly, sai forse si è un po' spaventata. E poi magari fasciamo le braccia che ne dici?" Propose lei.
Lui annuí debolmente e appoggiato a Talia si avviò verso il letto.
Karen e Katherine una volta che la situazione fu calma si allontanarono e li lasciarono soli.
I due ragazzi erano seduti sul letto, uno di fronte all'altra, Talia prese delicatamente il braccio destro di Tristan, quello preso "meglio", se così si poteva dire. Lui sussultò a quel contatto.
"Scusa, sto cercando di essere più delicata possibile" Disse lei tristemente.
"Tranquilla, é stata colpa mia e poi tu sei tenerissima… Cioè voglio dire… Oddio… Aspetta mi sto incasinando cristo santo" Disse lui mentre le sue guance si tingevano di rosso.
"Tranquillo, non parlare, non è necessario almeno al momento, riordina i pensieri, dimmi se ti faccio male, io sarò più delicata possibile" Provò a tranquillizzarlo.
Talia prese il disinfettante e bagnò il cotone, lo passò sul braccio, Tristan strinse i denti per il dolore. Lei se ne accorse e si scusò con gli occhi, poi gli mise una pomata e delle garze a fasciare l'avambraccio. Fece lo stesso con l'altro e poi gli baciò i polsi.
"Perché l'hai fatto?" Chiese lui sorpreso. Quel gesto gli scaldò il cuore.
"Perché ti voglio bene, per farti in qualche modo capire che ti aiuterò a portare questo peso, e che non ti abbandonerò mai"
"Grazie" Detto questo il ragazzo fu sopraffatto dalle lacrime.
"Ehi, perché piangi?"
"Perché finalmente ho trovato il mio angelo, io ho sbagliato di nuovo e tu sei sempre stata qui ad aiutarmi, sei sempre stata così vicina, mi ricordo ancora la prima volta che ti ho vista, era in seconda superiore, sei venuta a prendere un libro nel cassetto della cattedra. Avevo rimosso questa cosa, mi è tornata in mente adesso, non sei cambiata tantissimo, sei sempre meravigliosa"
"Dio é vero, ti ho sempre visto nei corridoi, da solo, diciamo che non sei mai passato inosservato".
I due ragazzi si lasciarono andare ai ricordi.
Talia asciugò le guance a Tristan e gli prese le mani.
"Ora siamo qui insieme, ci sarò sempre per te"
"Grazie" Le rispose lui alzando però un muro di freddezza che la ragazza non comprese a fondo.
Detto questo lei si poggiò sul petto del ragazzo e stettero lì, fermi bloccati nel tempo, chiusero gli occhi e permisero ai sogni di invadere le loro menti. Talia riaprì gli occhi poco dopo, sentendo il ragazzo agitarsi vicino a lei. Si mise a sedere e pensò quanto terrore avesse dovuto provare in passato, quanto stesse soffrendo. Evitò di toccarlo, prese Elly e la avvicinò alle sue braccia, lui di riflesso la strinse.
"Piccolo, svegliati, ti prego" Provò lei tentando di non farsi cogliere nuovamente dal panico.
"Per favore, ascolta la mia voce, non voglio toccarti, so che effetto ti farebbe, ti scongiuro, ascolta la mia voce, puoi riuscirci, ti prego" Lui non si svegliò, e lei avvicinò, incerta, la mano alla sua spalla, lo sfiorò appena e lui si svegliò di soprassalto mentre asciugava con il dorso della mano qualche lacrima sul viso.
"Scusa, sapevo che non era l'opzione migliore, solo che non ti svegliavi e… Scusa" Disse lei freneticamente cercando di non farlo agitare troppo.
"Tranquilla, hai fatto bene, meglio svegliarsi così che continuare a vivere quell'incubo"
"Posso abbracciarti?" Tentò lei.
"Al momento no, scusa, ma dammi due minuti, vado un attimo in bagno e mi sciacquo il viso" Disse lui con fare apatico.
"Ok scusa se hai bisogno sono qui"
"Non chiedermi scusa, non é colpa tua" La tranquillizzò lui.
"Ok, ti aspetto qui".
Lui si avviò verso il bagno barcollando un po'. Si sciacquò il viso con l'acqua gelida e poi uscì, non avvicinandosi però a Talia, rimase in piedi vicino al letto, dove lei era seduta.
"Sai, tante volte vorrei spegnere i ricordi, vorrei fare in modo di non ricordare più quello che ho passato, perché credimi quando ti dico che gli ultimi 7 anni della mia vita sono stati l'inferno" Disse lui cercando di farle capire quanto caos ci fosse nella sua testa.
"Vuoi parlarne?" Chiese lei lievemente; lui in risposta si sedette vicino a lei, e decise di donarle il pezzo più bello di lui.
"Devo chiederti una cosa, forse una delle più importanti… Io, Dio non è semplice, comunque io ho una sorellina, ha 6 anni, so che non te ne ho mai parlato, so che sono una merda e che finora non mi sono mai interessato a lei, ma ti prego, salvala, portala via da quel maiale e da mia madre, ti scongiuro, portala via da lì, salvala, a lei, almeno finora non hanno fatto nulla, però meglio prevenire che curare, no? Sai com'è non vorrei diventasse come me".
Lei rimase spiazzata da quella richiesta, ma senza pensarci troppo acconsentì, o almeno gli disse che avrebbe fatto di tutto per aiutarla. Pensò che Katherine l'avrebbe sicuramente appoggiata in questa scelta, e decise di chiamarla per parlarne nel pomeriggio.
"Adesso puoi abbracciarmi sai" Disse lui sorridendo tra qualche lacrima.
"Davvero?" A lei si illuminarono gli occhi.
"Si" Le rispose lui sorridendo, e lei gli si gettò al collo, e risero, come se quelle risate potessero eliminare ogni dolore esistente.
"Che ne dici se chiamiamo Katherine e le parliamo insieme di tua sorella, sai lei è un'avvocatessa ed è pure brava, con i giusti presupposti riuscirà sicuramente a portarla via da lì"
"Grazie" Rispose lui più speranzoso che mai.
"Posso chiederti una cosa?" Disse lei cauta.
"Certo piccoletta" rispose lui accentuando il soprannome.
"Mi parleresti di lei?" Lui annuì.
"É una bimba di sei anni, si chiama Clarissa, ha i capelli chiarissimi, come quelli di mia madre, e super ricci, è tenerissima, ha gli occhi verdi ed è piena di vita, finora l'ho sempre protetta io, e non vorrei che adesso le succedesse qualcosa, ho sempre aspettato a parlarne, non so nemmeno io il perché, so solo che fino ad oggi non le è mai successo nulla, ne sono abbastanza sicuro, anche perché è nata dopo lo morte di mio padre, mia madre aveva già un nuovo compagno, e quindi lui la vede come fosse figlia sua, oni tanto la tratta di merda, ma non le fa mai del male, anche perchè è piccola e se ne accorgerebbero tutti, poi i bimbi dicono sempre tutto a tutti, quindi rischierebbe troppo. Comunque tornando a noi, vorrei portarla via da lì e donarle l'infanzia che si merita, tu che ne pensi?".
Talia rimase un attimo scioccata per tutte quelle rivelazioni, ma non si soffermò a chiedere cosa intendesse per proteggere la sorellina o ancora fare del male, non era il momento e poi rischiava che la allontanasse di nuovo.
"Penso che sei un fratello meraviglioso e che le manchi tanto come lei manca a te, sicuramente la cercheremo e magari potendo potrebbe stare da Katherine finché non uscirai da qui e anche dopo, poi ti prometto che se dovesse andare tutto come l'abbiamo programmato lei sarà una delle mie priorità, e non mi staccherò mai da lei" Lo rassicurò la ragazza.
"Grazie" Lui la guardò felice e speranzoso.
"Ora vado a chiamare Katherine" E gli diede un tenero bacio sulla guancia.
Tristan annuì.

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