VIII

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"Ciao tesoro, come stai? E' un po' che non ci vediamo... Scusami se non sono stata molto presente però sto cercando di stargli più vicino possibile... Voglio che si senta amato." disse Katherine non appena vide la dolce Talia avvicinarsi.
"Non so che pensare sinceramente, non so come sentirmi, non so come sto... Non so più nulla. Non voleva vedermi fino a qualche ora fa e mi sembra di forzarlo troppo, ho paura di farlo stare male in qualche modo, di dire qualcosa di sbagliato, ho paura che non tenga a me come io tengo a lui, ho paura che mi odi per averlo salvato e portato qui, in fondo lo capisco... Chi sono io per infrangere i suoi sogni di libertà?" ammise lei con fare agitato.
"Speravo tua zia tenesse per sé il dettaglio che non voleva vederti nemmeno oggi, ma in ogni caso tu sta tranquilla, non é che non vuole, solo che ha paura, come te, semplicemente non vuole ferirti. Siete così simili e nemmeno ve ne accorgete. Vieni qui dai" Katherine l'abbracciò "Devi stare tranquilla piccolina, alla fine tu sai sempre come comportarti in ogni situazione, e anche se non vorrei ricordartelo in un momento del genere, pensa che questa situazione l'hai già vissuta, ci sei già passata e grazie a te sono persino riuscita a vedere di nuovo il sorriso di mio figlio".
Ripensare a Trevor fu molto doloroso per entrambe, ma si era reso necessario.
"Giusto, allora... Io... Io vado" disse la ragazza con voce incerta, tremolante.
"D'accordo, io resto qui fuori se avete bisogno" rispose Katherine sorridendo, e Talia mentre appoggiava la mano sulla maniglia, la ricambiò poco convinta.
Le mani le tremavano dall'emozione, era da così tanto tempo che desiderava vederlo e ora che era arrivato il momento non sapeva più che cosa fare, dire o come comportarsi, pensava che forse sarebbe stato meglio tornare a casa e affogare i problemi in una tazza di caffè con la panna.
"E se dicessi qualcosa che non va? E se... Oddio che casino, io ho bisogno di lui, ma Cristo..." i suoi dubbi vennero interrotti da un'improvvisa ondata di sicurezza e coraggio e finalmente bussò, poi quando il ragazzo le rispose aprì lentamente la porta e la richiuse alle sue spalle. Si guardò intorno, non era cambiato quasi nulla se non che il ragazzo e le due donne avevano aggiunto qualche tocco personale a quella stanza che inizialmente era apparsa così fredda.
Appena entrò nella stanza vide Tristan, era seduto a gambe incrociate sul letto, il lenzuolo bianco lo copriva fino alla vita, indossava una felpa grigia nonostante lì dentro non facesse poi così freddo, però dati i suoi problemi era perfettamente normale che avesse più freddo.
I suoi bellissimi ricci erano più lunghi e ora gli ricadevano morbidi sulla fronte; i suoi occhi spenti si accesero un po' nel vedere la ragazza entrare, quasi sorrise...
Senza neanche avere il tempo di salutarlo la giovane notò subito una cosa.
"Ma quella..." Tristan abbassò lo sguardo e capì subito cosa intendeva la ragazza.
"Già" mormorò.
In grembo teneva l'elefantina di peluches di Talia, la coraggiosa e intrepida Elly; la ragazza sorrise d'impulso, non ci poteva credere, l'aveva tenuta tutto il tempo, era felicissima.
"Scusa, é che ormai eravamo diventati complici ed Elly ha deciso di nascondersi tra le mie cose, avrei dovuto dirtelo, solo che mi ha chiesto di mantenere il segreto, sai voleva che tu venissi qui a prenderla così potevamo vederci..." disse lui ironicamente.
"In fin dei conti é sempre stata furba, e poi penso stia meglio qui con te che con me, però se ti va bene verrò a trovarla ogni tanto" rispose Talia sorridendo. Cercò di reprimere l'impulso di abbracciarlo, sapeva non sarebbe stato gradito, lui odiava il contatto fisico e lei sapeva bene che le cose non erano molto cambiate dall'inizio.
"Beh, come va?" chiese lei. Era la domanda più scontata che potesse fare e si maledisse mentalmente per averlo chiesto, anche perchè vista la situazione era praticamente l'unica cosa che non doveva chiedere.
"Domanda di riserva?" chiese il ragazzo, sperando che lei riuscisse a trovare un argomento più allegro, visto che a lui non veniva in mente nulla.
"Mi hai rubato la frase... " rispose lei sorridendo e cambiando argomento per pochi secondi.
Si erano scritti solo una volta in quei quattro mesi e lui non aveva voluto parlare di sé o di come stesse.
"Allora come stai? Prima che tu dica qualsiasi cosa, so bene che non vuoi rispondere, ma se non ti disturba troppo vorrei saperlo, vorrei poter parlare con te ma non solo di stronzate, anche di questo, voglio dire stai tutto il giorno con Katherine e mia zia, e da quello che so non parli molto nemmeno con loro... Io ci sono e lo sai, parlami, poi se vuoi passiamo alle stronzate, sennò chiedo a Elly, sai lei non mi tiene mai segreti" Talia cercò di fare del suo meglio, ma dentro sentiva già che sarebbe stato un disastro, forse doveva fermarsi, doveva lasciarlo in pace, però allo stesso tempo lui non parlava quasi mai con nessuno, nemmeno con psicologhe, psicoterapeute e neanche con lo psichiatra...
"Non è cambiata di molto la domanda" notò lui "Comunque male. Come vuoi che stia? Sono chiuso qui dentro da mesi e..." si interruppe e abbassò lo sguardo "Scusa, non è colpa tua, non volevo risponderti così é solo che non so..."
"Non preoccuparti, tranquillo, capisco quello che provi. Però fidati. Mi capitava spesso con Trevor, lui ogni tanto partiva e iniziava a dare di matto per nulla, ma lo adoravo anche per questo" detestava dare la colpa a quella donna, ma prima Katherine l'aveva fatta pensare al suo migliore amico e ora non riusciva più a toglierselo dalla testa.
Tristan sospirò, ormai che senso aveva non risponderle.
"Comunque, per rispondere alla tua domanda di prima... Non lo so. Sono successe un sacco di cose e la mia mente sta ancora cercando di digerirle, sai com'è, i cambiamenti e così via..."
"Ci credo, ma è normale, vedrai che presto riuscirai ad essere felice anche tu" commentò semplicemente lei, anche se avrebbe voluto aggiungere una piccola parte.
"Non è che faccia granché in realtà. Dormo e quando non dormo sono distrutto, beh in realtà pure quando dormo sto male ma vabbè, si sapeva. Cerco di mangiare quel poco che basta per non farmi mettere il sondino, però è un po' complicato..." si morse il labbro "Idiota, così la farai preoccupare" si maledisse mentalmente.
"Per me i giorni sono tutti uguali ormai, li distinguo solo in giorni in cui ho terapia e giorni in cui sono tra virgolette solo, cioè non devo parlare dei fatti miei a gente che non sa che cazzo dire" aggiunse.
"Non che così sia meglio però" pensò.
"Fidati che capisco. Mi dispiace e tanto, vorrei solo stringerti a me, portarti a casa e aiutarti come posso... Beh dirtelo non serve a niente. Però..."
"Non voglio il tuo dispiacere. Non voglio neanche la tua comprensione, l'unica cosa che dovevi fare era lasciarmi morire..." sbottò lui portandosi le mani tra i capelli "Non è giusto che tu ti sia infilata in questa situazione. Se tu non fossi salita sul tetto... No... No, sto sbagliando tutto di nuovo, cazzo" strizzò le palpebre, cercando di placare i battiti e tornare alla realtà.
"Scusami" mormorò.
"Non scusarti, hai ragione, solo che vedi, io... Vabbè lascia perdere" avrebbe voluto dirgli quanto avesse bisogno di lui, ma lasciò perdere, forse per paura o forse per altro...
"Comunque lì c'è una sedia, non rimanere in piedi" indicò in fondo alla stanza.
"Giusto. Grazie" la prese e avvicinandola al letto si sedette. 

~🥀🌼
Chissà come finirà la loro magica serata...

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