XI

18 7 0
                                    

Quando Talia uscì dalla stanza tutto tornò alla sua solita forma buia e triste, calò il silenzio e mille pensieri tornarono a bussare alla mente del ragazzo. Tristan pensò a quanto fosse strano che fosse riuscito a sorridere ed essere sereno dopo così tanto tempo, non gli sembrò quasi possibile aver provato di nuovo sensazioni felici; fissò a lungo il punto dov'era, fino a poco prima, seduta la sua piccola lucciola. Il suo profumo invadeva ancora l'aria e ciò lo fece debolmente sorridere. Questa gioia poco dopo però sparì, quando il suo sguardo cadde sul vassoio della colazione ancora appoggiato sulla scrivania. Un senso di nausea invase il suo corpo, ormai mangiava molto poco quasi non era più abituato, ma non perché volesse dimagrire, semplicemente perché l'ansia lo impediva, gli si chiudeva lo stomaco, sentiva come un nodo in gola, già faceva fatica a mandare giù qualsiasi cosa, poi quello che miracolosamente mangiava poi la maggior parte delle volte lo vomitava dopo poco.
Tutto d'un tratto si sentì nuovamente catapultato e intrappolato nella sua bolla di terrore che prima era stata scoppiata da Talia. Rifletté su come una semplice ragazza potesse fargli così bene. Cercò di alzarsi per raggiungere il bagno, si aggrappò al mobiletto dov'era ancora poggiato il bicchiere d'acqua.
La sua mente cominciò di nuovo a paragonarlo a quel coccio di vetro che tanto odiava, come del resto odiava tutte le sue debolezze, in primis quella mentale e poi anche quella fisica, che unite non gli permettevano di vivere normalmente.
Con pazienza si tirò su, appellandosi a tutte le sue forze, venne però travolto da un senso di nausea più marcato, quella sensazione gli stava palesemente indicando di tornarsene a letto ma come sempre la ignorò.
Entrò in bagno e un'improvvisa agitazione imperversò nel suo corpo, costringendolo a piegarsi in due, liberandosi così della colazione.
"Se poi dovessi vomitare sarebbe tutta colpa tua" Le aveva detto prima.
"Me ne assumo la completa responsabilità, basta almeno che ci provi" gli ritornò alla mente la risposta.
All'inizio sorrise al ricordo ma quel sorriso si spense subito, in qualche modo, come un tacito accordo, sapeva di averle promesso di non vomitare e invece l'aveva delusa. Di nuovo.
Sospirò e si lavò i denti con il cuore pesante.
Tornò in camera e si appoggiò con la schiena al muro.
"E se avesse sentito?" si chiese "E se fosse ancora qui? Dio santo non può essere vero, lei non mi deve vedere così... Era andato tutto bene, perché non ci riesco? Perchè è tutto così sbagliato? Con lei stavo bene, ero felice, perché ora è tornato tutto come prima? Beh ovvio che domande faccio, è perchè non ci provo, lei è così dolce e cerca di farlo per il mio bene, perché per una volta e dico una non ho evitato di alzarmi dal letto? Se fossi rimasto lì probabilmente non avrei vomitato, e invece ora mi sento in colpa perché sono un cretino e l'ho delusa. Ottimo questa giornata inizia proprio bene" Tristan finì il suo monologo.
Scivolò lungo il muro, cercando disperatamente di riportarsi alla realtà, fissava un punto ben preciso, il suo sguardo era tornato grigio, spento. Ormai sapeva tutto sulla dissociazione, l'aveva provato talmente tante volte, odiava quella sensazione di vuoto, sentirsi come in una bolla, quasi in un'altra realtà, però spettatore della sua, il non sentire nulla… Per un momento desiderò che lei tornasse, poi una lacrima scese sul suo viso. Una volta calmatosi un po', si rese conto di aver stretto molto i polsi con le mani, e levò le dita dalle braccia. Si appoggiò al muro come prima per non perdere l'equilibrio cercando di alzarsi. Abbassò lo sguardo sulla pelle arrossata. Non provava più nulla, il suo corpo era come un contenitore vuoto.
Alzò lo sguardo e cercò con ansia qualcosa, qualsiasi cosa per poter alleviare quella sensazione, voleva provare qualcosa, qualsiasi cosa.
Il suo sguardo si soffermò sul bicchiere.
"Rompilo e tagliati con le schegge" gli suggerì la mente.
"Bevi un sorso e cerca di calmarti" fece l'altra parte di mente.
Sospirò di nuovo "Insomma sono dei geni in questo posto, voglio dire dare bicchieri di vetro ai matti non mi pare proprio una grande idea" commentò.
Prese un lungo respiro, ignorando il bicchiere e fece per rimettersi a letto.
Si passò una mano sui riccioli, la luce del sole che entrava dalla finestra gli riempiva gli occhi chiari e gli rendeva ancora più difficile vedere.
Il ricordo felice di prima diventava sempre più lontano e irreale, come se avesse sognato.
Ma i suoi sogni non erano mai positivi, era l'unica ragione per cui era convinto che fosse successo davvero. Aveva il terrore che se lo avesse dimenticato, sarebbe stato perduto per sempre.
Ma non poteva dimenticare la sua unica ancora, nonché il suo unico raggio di sole, la sua piccola lucciola.
Non doveva accadere.
Fece un altro passo verso il letto e urtò il mobile. Si girò subito, guardando con occhi spalancati il bicchiere cadere e rompersi in piccole schegge, come se il destino avesse voluto mostrargli la strada per la libertà, la morte.
Le lacrime presero il controllo e iniziarono a rigargli il volto. Come sempre era stato troppo debole, si vergognava.

Una Katherine preoccupatissima, che aveva appena sentito il rumore del bicchiere infrangersi a terra, si precipitò in stanza.
"Ecco la mia sanità mentale. Si è rotta" disse Tristan facendo un cenno verso il bicchiere.
Lei represse la preoccupazione e, dolcemente, gli rispose che avrebbe dovuto smetterla di paragonarsi al bicchiere, come ormai succedeva da un pò di giorni.
Tristan concordò mentalmente con l'affermazione della donna, che nel frattempo iniziò a pulire il pavimento. Poi Katherine prese Elly e la passò a Tristan, lui la guardò negli occhi, e le parlò. "Tranquilla mia principessa, da oggi non deluderò più la tua Talia".
" Tanto sai benissimo che non sarà così" lo accusò una parte della sua mente. Lui non ci badò.
Si sdraiò sul letto e fissò il soffitto bianco.
Si girò su un fianco e riprese a pensare a lei, sperando che il suo ricordo potesse oscurare la maggior parte dei suoi incubi. Pensò ai suoi occhi, così diversi e perfetti, così scuri e profondi, pensò ai suoi occhi meravigliosi. Sapendo in cuor suo che non avrebbe mai potuto funzionare, insomma lei era così perfetta e lui era ben diverso, si sentiva maledettamente sbagliato.

Πάντα ῥεῖ 🍁Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora