XXI

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Nel frattempo, in clinica, mentre Tristan era al cimitero, Ares e Joaquin avevano deciso di passare un pò di tempo in giardino…
"Da' qua" gli sfilò la sigaretta dalle labbra "Non era un massimo di una al giorno?" Chiese Joaquin severo.
Ares sbuffò come fosse un bambino "Io non ho mai acconsentito a questa stupida regola, ho sempre fumato quanto volevo, com'è che adesso sei così rigido? Direi di eliminare questa stronzata, poi non è nemmeno una tua idea, è di Talia" Rispose testardo il fidanzato.
"É una regola giusta, numero uno ti fa male e numero due fumi troppo, quindi poniamo un piccolo limite anche perché dovresti trovare qualche altro hobby oltre a questo" ribatté Joaquin.
Erano in giardino, quel posto trasmetteva ad Ares la tranquillità che gli mancava da tanto tempo, anche se in quel momento la discussione con il fidanzato l'aveva fatto agitare parecchio.
Rendendosi conto del tremore delle sue gambe, Joaquin poggiò una mano sulla coscia del ragazzo "Andrà tutto bene, okay? Ieri ci sei riuscito. Anche oggi sarà così, poi questa regola delle sigarette magari la applichiamo con più calma" disse riferendosi al pranzo.
"Non è solo quello, a me non piace litigare, sei l'unica persona che ho e non voglio che tu te ne vada" Disse triste.
"Piccoletto, non fare così, non era una litigata, stavamo parlando con toni un pochino animati, sai che lo faccio per il tuo bene" Disse in modo tranquillo mentre Ares accendeva un'altra sigaretta.
"Tesoro, se proprio devi fumare usa il portacenere. Ne abbiamo già parlato" ribatté quando vide il suo ragazzo intento a spegnere la sigaretta sul braccio.
Non vedendo alcuna reazione, lo circondò con un braccio "Io resterò con te, okay? Non sei solo" lo invitò ad alzarsi e, tenendogli una mano, lo portò in mensa.
"Ho pensato che magari mangiare in uno spazio più ampio e diverso dalla tua stanza ti farà sentire meno oppresso, vabbè hai capito il concetto?" spiegò impacciatamente sotto lo sguardo interrogativo del suo ragazzo.
"Puoi stare tranquillo, a quest'ora non c'è nessuno" Aggiunse.
Ares lanciò istintivamente un'occhiataccia al cibo nel suo piatto.
Sospirò e prese la forchetta, senza riuscire a far smettere di tremare la mano.
Joaquin si sedette di fronte a lui, tenendogli l'altra mano. Ares, circondando le dita del ragazzo, accompagnò la cucchiaiata di riso alla sua bocca.
All'ultimo si bloccò, alzandosi dalla sedia di scatto "No. No, non voglio mangiarlo" mormorò battendo violentemente le palpebre "Non voglio" Disse mentre le lacrime iniziavano a scorrergli sul viso.
"C'era da aspettarselo" pensò l'altro. Mise su un'espressione rassicurante nonostante il suo stato d'animo fosse l'opposto "Sei andato bene fino ad adesso. Almeno resta seduto accanto a me senza mangiare, va bene? Devi solo stare qui un pochino"
Ares si risedette con espressione contrariata.
"Però non mangio" Puntualizzò.
"Per ora no, tranquillo" Lo rassicurò l'altro.
A quel "per ora" sentí una stretta di ansia allo stomaco.
Joaquin prese ad accarezzare le cicatrici sui suoi polsi "Pensa ad altro. È un metodo stupido ma funziona" suggerí.
"Parla ancora di quella volta" Chiese allora Ares.
Lui sorrise "Certo".

Dopo cinque minuti, rendendosi conto di non essere ascoltato, Joaquin si fermò "Ares? Va tutto bene? Torna sulla Terra che é meglio, non perderti nella tua testa, prova a rimanere concentrato, raccontami tu qualcosa".
"Come può andare tutto bene?!" ribatté lui con le lacrime agli occhi.
Due ragazze, dall'altro lato della sala gli rivolsero un'occhiata interrogativa.
Sospirò "Non importa, lascia perdere, non cercare di trovare le parole, non servirebbe" Continuò ormai rassegnato.
"Puoi provare? Solo un boccone. Un boccone piccolo piccolo, per me, poi sparisco finché non mi richiami"
"Sei rincoglionito? Vuoi anche abbandonarmi? E poi un boccone contiene…"
"...forza di cui hai bisogno il tuo corpo. E poi no, non voglio abbandonarti, decidi tu, se vuoi che me ne vada, che ne so, io non voglio lasciarti, ma se tu lo vuoi, dio non lo so. Scusami" lo interruppe Joaquin.
Ares serrò la bocca.
"Dai…" gli strinse la mano "Sono disposto ad imboccarti"
"Non mi farò imboccare da te" replicò lui ricomponendosi e assumendo un tono più autoritario.
"Questo lo credi tu" sorrise.
"Si, si credici" tamburellò il piede per terra, cercando di tenere il controllo del suo corpo che sembrava gli urlasse di scappare, come se si opponesse all'idea di mangiare. Pensò che se proprio non voleva  farlo per sé stesso tanto valeva farlo per alleggerire un po' il cuore del suo ragazzo. Sospirò e lasciò che il primo boccone scendesse giù per la gola.
La sensazione gli dava già il voltastomaco e la sua testa gli inviava una serie di pensieri autolesionisti e negativi, che si era ripromesso di eliminare al più presto.
Trattenne un conato, tappandosi la bocca.
Joaquin gli scostò la mano, e gli diede  un bacio sulle labbra.
Grazie a questo, il fiume di pensieri si interruppe per qualche minuto, permettendogli di buttar giù altre due cucchiaiate di riso.
Joaquin gli sorrise "Sei bravissimo. Visto che ce la fai? Sei il mio orgoglio più grande bimbo"
Ad ogni cucchiaiata, Joaquin gli dava un bacio in cui cercava di infondere tutta la delicatezza e rassicurazione possibile.
A metà piatto, Ares si allontanò leggermente.
"Ora basta" mormorò sentendo gli occhi bagnarsi.
"Va più che bene" si alzò e lo abbracciò stretto stretto. Questa volta anche lui ricambiò.
"Sono super orgoglioso, bimbo. Davvero"
Le ragazze di prima gli sorrisero ritornando a mangiare e chiacchierando a bassa voce.
"Loro ce la stanno facendo" Disse tristemente Ares.
"Anche tu ce la farai" Rispose il fidanzato prendendogli la mano. Nonostante si sentisse veramente al limite, per Ares vedere il suo ragazzo sorridere e complimentarsi quasi eccessivamente fu una gioia immensa. Strinse un'estremità della sua maglietta, cercando di riprendere la sua solita espressione di quasi noncuranza, con scarsi risultati.
"Vieni, andiamo fuori".
Chiacchierarono, anche se Ares sembrava quasi totalmente assente.
Ogni minuto la sua ansia cresceva, cosa che Joaquin vedeva benissimo, ma che cercava di non sottolineare per non mettere a disagio il fidanzato. Cercò quindi di tenerlo distratto, ritardando l'inevitabile.

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