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Era la prima volta che usciva totalmente dalla clinica da quando ci aveva messo piede.
Era completamente perso in sé stesso, da lucido non avrebbe mai fatto una tale cavolata ma ormai era quasi del tutto dissociato dalla mattina.
Non sapeva neanche lui come mai si ricordasse a memoria la strada, dato che l'aveva percorsa solo molti anni prima, però una volta arrivato in centro si ricordò immediatamente dove dovesse andare.
Prese il primo autobus che trovò e si sedette.
Una calma quasi surreale pervadeva il suo corpo. Guardava rilassato fuori dal finestrino, aspettando con pazienza la sua fermata.
Forse era perché si era fumato tutto il pacchetto di sigarette che aveva gentilmente rubato ad Ares, con il suo consenso ovviamente. Dall'ultima volta, che in realtà era una prima volta dopo tanto tempo, che aveva fumato gli era sembrato impossibile smettere. Questo lo rammaricava parecchio, ogni volta che faceva per accenderne una le parole di Talia gli invadevano la mente "Tristan, basta fumare così tanto ti prego. Non sarà più una sigaretta ogni tanto se questo te le fa desiderare di più. Non pretendo che tu smetta però ci spero”. Gli aveva detto lei tempo prima.
Eppure non le dava retta e ciò aumentava solo i suoi sensi di colpa.

Dieci minuti e scese, percorse la strada di campagna accendendosi un'altra sigaretta.
Dopo due boccate si riscosse e drizzò la schiena, un po' del suo poco buonsenso rimasto lo rimproverava.
"Ne hai già fumate troppe oggi. Buttala via subito" Si disse.
Gli diede retta e la spense sul suo braccio, godendo di quel senso di bruciore che stava provando.

Ci mise venti minuti ad arrivare; quel posto gli era molto familiare anche se forse non avrebbe preferito non fosse così. Tirò fuori la lametta e tagliò il gambo ad alcuni oleandri rosa, fucsia e bianchi che crescevano lì nei dintorni, visto che la fioraia era chiusa.
Entrò nel cimitero e passeggiò fra le lapidi. Si fermò davanti a quella di suo padre. La lastra di marmo bianca, con inciso il nome e la data di morte era leggermente sporca di terra. Tristan la pulì con un lembo della maglia.
Tutto nel silenzio più totale, cercò una dei tanti innaffiatoi di plastica sparsi per il cimitero e lo riempì in un rubinetto mezzo rotto.
Tornò davanti alla tomba di suo padre e riempì i due vasetti posati sull'erba, a terra. Ci ripose gli oleandri e li sistemò in modo che fossero almeno un poco carini. A suo padre piacevano molto, almeno per quello che lui poteva ricordare.
Solo dopo aver terminato, si inginocchiò davanti alla lapide e riprese un attimo fiato. Sospirò e sorrise "Ciao papà" salutò giocando con un gambo tagliato del fiore. Chinò il capo. Era quasi mezzogiorno ma le nuvole oscuravano del tutto il sole.
"Sai... Stanno succedendo un po' di cose, non saresti molto orgoglioso di me ora come ora. Scusa se vengo solo ora a farti visita. Sono cresciuto un bel po' ma i capelli ricci li tengo sempre abbastanza lunghi, come li tenevi tu, da quel che ricordo".
La lapide rimaneva immobile come l'aria, non c'era nessuno a parte il ragazzo. Il silenzio pervadeva l'atmosfera, si potevano e sentire solamente le parole di Tristan.
"Però non voglio parlare delle cose che non vanno… Ce ne sono fin troppe. La mia testa è un po' andata, se sai cosa intendo" sorrise "Ho incontrato una ragazza fenomenale. Non so bene che pensare di lei perché la sento molto vicina a me. Non so se sia amore ma di sicuro è più che amicizia. Mi aiuta tantissimo ed è dolcissima" raccontò.
"È quel genere di persona che ti farebbe simpatia fin dall'inizio. E ho anche incontrato due ragazzi. Uno di nome Ares e uno di nome Joaquin. Stanno insieme. Abbiamo le stanze più o meno vicine, laggiù in clinica. Anche loro sono davvero delle brave persone" Continuò.
Un paio di tortore scesero dagli alberi per fargli compagnia.
"Ah e con il tempo ho anche aggiustato quel pezzo di quel brano che stavi scrivendo, al piano. Quello che non sapevi come continuare. Scusa se mi sono permesso ma secondo me ti potrebbe piacere. Spero. Magari posso farti una registrazione nei prossimi giorni, se mi rimetto un po' di più".
Un omino in tuta interruppe la loro conversazione.
"Ragazzo, stiamo per chiudere!" Esclamò.
"Ora esco" disse Tristan di rimando.
"Scusalo. In realtà non so neanche di cosa parlarti dato che ultimamente di cose belle non ne succede neanche una. Per me possiamo anche stare in silenzio" disse rivolgendosi di nuovo alla lapide.
"Va bene?" Per la prima volta guardò quel pezzo di marmo.
Appoggiò la schiena ad esso e tirò di naso, sentendo le guance bagnarsi "Scusa... È che mi manchi. Potevi aspettare un altro po' a morire. Oppure potevi anche non morire affatto" borbottò, sfregandosi gli occhi.
Eppure sentì di non riuscire a fermarsi. Le lacrime scendevano copiose e gocciolavano giù dal mento.
"Potevi restare... Mi manchi, papà" mormorò.
Sentì tutte le sue emozioni uscire insieme, facendogli emettere dei singhiozzi incontrollati.
Cercando di riprendere il controllo della sua mente, tirò fuori la lametta con cui aveva tagliato gli oleandri e la fece scorrere cinque volte sulla pelle.
"No, cazzo... Non dovevo farlo. Non dovevo... Dio santo... Scusa, non volevo farlo davanti a te" mormorò.
Almeno il dolore lo stava riportando alla realtà.
Abbracciò la lapide, continuando a singhiozzare. In quel momento era come se la testa non fosse ben connessa al corpo.
L'omino in tuta lo raggiunse "Senti, ora è davvero tardi. Dovresti uscire" gli disse un po' spazientito. Rendendosi conto però della scena che aveva davanti, si inginocchiò accanto a lui.
"Era tuo padre? Assomigli molto alla foto"
Tristan annuì.
"Vieni, dobbiamo uscire ora. Devo chiudere per forza" disse. Si capiva bene quanto fosse impacciato. Eppure si stava sforzando di capirlo e di essere gentile. Che un campagnolo dimostrasse un po' di apertura mentale lo stupì più di ogni altra cosa.
"Ma non voglio lasciarlo di nuovo" mormorò.
"Ma... È solo la sua tomba"
Lui rise, isterico "Ha ragione. Però qua sotto c'è il suo corpo" ribatté.
"Si... Scusa. Allora riesci ad alzarti?" Chiese.
Tristan si alzò, sperando che lo lasciasse in pace. Ormai aveva quasi esaurito le emozioni.
"Vieni. Sei venuto qui solo?" Chiese cortese l'omino quasi trascinandoselo appresso.
"Si..." Mormorò lui.
Un calo di zuccheri, gli collassò addosso.
"Ehi! Ma che ti succede?" Esclamò lui tirandolo su.
"Scusa è che, come dire, è da ieri a colazione che non mangio"
"Cosa? Facciamo...." Sospirò "Facciamo una cosa, vieni qua con me" lo fece sedere su una panchina e sparì dentro la capannina dei fiori di cui aveva la chiave.
"Conosci Maria?" Chiese Tristan, giocando con la lametta.
"La fioraia? Si, é mia sorella" spiegò uscendo con due tramezzini imbustati presi rigorosamente dalla macchinetta all'interno della capannina.
"Vuoi un caffè?" Propose "Abbiamo anche quel distributore"
Tristan non ebbe reazione, fissò solo il tramezzino che gli porgeva l'omino, ma non rispose.
"Ehm... Te lo appoggio qua" gli rivolse un'occhiata "Ti prendo un caffè" concluse.
Dopo qualche minuto, uscì per l'ennesima volta con un bicchierino di plastica.
"Ecco.... Ehi, ma ancora non mangi?" Si sedette davanti a lui.
Tristan allungò la mano e si bevve in un sorso il caffè, svegliandosi un po'.
"Non riesco a mangiare ultimamente" spiegò.
"Non dovrei neanche essere qui" precisò.
"Come mai?" Chiese l'anziano signore.

Finì per raccontargli la storia della sua vita, compresi traumi, problemi e stato sentimentale.
Ovviamente il tutto non era programmato ma ehi, era completamente distrutto.
Tornò in clinica, la prima persona che vide fu Talia.
“Che cazzo hai fatto? Dov'eri?" Esclamò
"Ti ho cercato tutta la mattina!"
"Scusa, mangiavo un tramezzino con l'omino del cimitero"
"Dio, che hai fatto alle braccia?" Disse lei guardando in basso.
"Piccolo incidente di percorso, ti spiegherò tutto" Rispose lui tranquillo.

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