VII

22 7 0
                                    

Due mesi dopo...

Katherine arrivò in clinica, come ogni giorno. Non sapeva se essere tranquilla o preoccupata, provava sensazioni strane e contrastanti, aveva comunque da poco perso suo figlio, però desiderava ricominciare veramente, aiutando gli altri, facendo tesoro della sua tragedia, come del resto avrebbe voluto Trevor. Lui era sempre stato un ragazzo altruista e allegro, ma spesso anche le persone più forti e felici sentono il bisogno di evadere o cadono nella più completa oscurità... Varcò la soglia della porta, non venne investita dal tipico odore di disinfettante che solitamente caratterizza ospedali e cliniche, bensì venne catapultata in una realtà tranquilla, i raggi del sole che filtravano dalle finestre e illuminavano il corridoio bianco; salutò con un cenno della mano l'infermiera in reception, e si diresse verso la camera di quel ragazzo che la rendeva tanto insicura, ma che in qualche modo la faceva anche sentire di nuovo viva, di nuovo madre, anche se in verità non aveva mai smesso di esserlo. Dopo qualche minuto arrivò di fronte alla stanza di Tristan, non bussò, aveva paura di svegliarlo, magari era riuscito a riposare un pochino. Quando entrò vide Karen, era stanca, triste, non l'aveva mai vista così, ma in fondo la poteva capire. Le si avvicinò e l'abbracciò, poi uscirono dalla stanza e si chiusero la porta alle spalle, in modo da non svegliare Tristan, che finalmente stava dormendo.
"Come sta?" chiese subito Katherine.
"Tutto sommato bene, a parte la crisi di prima, ora sta dormendo, entra pure, gli parlerai quando si sveglia" le rispose Karen mentre una lacrima le scivolava teneramente sulla guancia, si era affezionata molto a lui, era riuscito a rendere felice la sua piccola ed era un ragazzo così speciale...

Quattro mesi dopo...

Katherine, varcò la porta della camera del ragazzo alle 15, si avvicinò a lui, disteso sul letto, girato verso la finestra, e gli accarezzò i folti capelli neri. Lui non ebbe alcuna reazione. Lei non parlò, nell'ultimo mese aveva smesso di provarci, tanto lui non rispondeva mai, gli si sedette in fianco, gli prese la mano, e con il pollice gli asciugò le guance, bagnate dalle lacrime, quasi non riusciva più a piangere, o almeno davanti ad altre persone Tristan cercava di mostrare completa apatia e totale indifferenza per la sua situazione. Il tempo passò lento, come ogni ogni volta; il telefono di Katherine suonò, era un messaggio di Talia, chiedeva di lui, chiedeva, per l'ennesima volta, se lui avesse accettato di vederla. Nella donna si insinuò un senso di compassione per i due ragazzi, che cercando di farsi del bene l'un l'altro si stavano in realtà spegnendo lentamente. Decise di provare un'ultima volta, decise di rompere il placido silenzio che regnava nella stanza.
"Come va?" Katherine si maledí mentalmente per la domanda pressoché inutile, ma insomma da qualche parte bisogna pur iniziare.
"Senti facciamo un patto, ora possiamo fare tutto ciò che vuoi tu, anche stare qui a deprimerci in silenzio, ma poi, verso le otto lasciamo che Talia venga qui, così ti vede e la fai contenta" continuò la donna, in risposta il ragazzo sgranò gli occhi al pronunciare il nome di quella ragazza che tanto invadeva la sua mente.
"Sai lei ti pensa sempre, ci scrive costantemente quando siamo qui, sia a me che a Karen, ci chiede se finalmente ti sei deciso a vederla... Sai anche Trevor ha passato un periodo così che è durato molto meno, ciò non lo dico per paragonarti a lui, solo per farti notare quanto per Talia sia difficile non venire qui, visto che con lui dopo un mesetto si è presentata in clinica, quindi prova a fare un passo verso di lei" Katherine decise di non arrendersi... Decise di non lasciar perdere come aveva fatto con il figlio, decise di insistere.
"Non ci riesco, io devo starle lontano, lei deve starmi lontano, io devo essere solo, dovete lasciarmi stare" finalmente Tristan ruppe il silenzio, e decise di donare una parte di sé a Katherine, il suo pensiero quello più intrusivo, quello che lo stava logorando, una delle cose più preziose di una persona, decise di donarle la sua insicurezza.
"So che é difficile, però lei ha bisogno di te, quasi non dorme più, vuole vederti più di ogni altra cosa, le manchi... So che non mi credi, ma proviamo, anche solo per cinque minuti" il ragazzo non voleva saperne e la conversazione non dava segni di procedere. Poi con il passare dei minuti qualcosa in lui cambiò. Osservò lo sguardo di Katherine, non vide pietà ma una comprensione che bastò a sorprenderlo. Rifletté sul fatto che lei era sempre stata dolce ed empatica fin dall'inizio, misurava e pesava ogni singola parola prima di pronunciarla, in modo da non ferirlo, quindi ora gli sembrava stupido essere sorpreso per la comprensione della donna. Poi tornando alla realtà posò lo sguardo sul bicchiere posto sopra al comodino, accanto a lui. Urtò il mobiletto il bicchiere si mosse e l'acqua si increspò.
"Vedi, io... Io mi sento così in questo momento, agitato come l'acqua, figurati se dovessi incontrarla... No, non posso, sarebbe una catastrofe totale, mi odierebbe... Oppure prova a pensare, magari finiremo a litigare e no, non riuscirei a reggere una cosa del genere... " lo disse con tanta insicurezza e remissione nella voce che fece un'incredibile tenerezza a Katherine, che gli si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla e accarezzandolo dolcemente.
"Guardami, tranquillo, non devi essere agitato, non per sminuire ciò che sei o i tuoi sentimenti, le tue sensazioni, ma in fin dei conti é Talia, voglio dire, ti ha visto in uno dei momenti peggiori della tua vita, so che siete stati insieme solo pochi giorni dopo l'inizio del ricovero e vi siete scritti solo una volta, però per lei sei veramente importante credimi".
Finalmente lui annuí.
Verso le otto avrebbe rivisto quella ragazza che l'aveva strappato da una dolce fine, ma a cui, allo stesso tempo, si era inspiegabilmente legato.
"Se hai bisogno sono qui fuori, ti lascio un po' di privacy mentre ti prepari".
Appena Katherine uscì dalla stanza, dopo avergli lasciato un tenero bacio sulla fronte, lui tornò impassibile, come catatonico e privo di emozioni, si bloccò lì, a fissare il vuoto, come se nel vuoto trovasse la risposta a tutto.

~🥀🌼
Alleluia, non dico altro ahaha ❤

Πάντα ῥεῖ 🍁Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora