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LA PALLINA, IL BERNOCCOLO E IL CORPO DELLA JOHANSSON


Hazel aprì gli occhi piano e subito gemette di dolore portandosi una mano alla fronte. Sul lato sinistro campeggiava una gigantesca protuberanza e le servì un istante per ricostruire cosa fosse successo; era andata alla toilette, dove aveva sentito le amiche di Charlotte parlare di Victor Kinney e della misteriosa donna che lo aveva accompagnato alla partita.

La bionda e prosperosa Wedding Planner non riusciva a darsi pace, voleva sapere tutto, ma nessuno sapeva dirle nulla. Una volta fuori da lì era tornata al tavolo, Byron Brown era sparito e Victor era seduto solo, con aria quasi pensierosa. Gli aveva raccontato tutte le dicerie sentite in bagno, poi aveva esultato un po' troppo ad alta voce e infine aveva chiesto dell'acqua. Lui era andato a prendergliela, ed era stato allora che le era venuta la brillante idea di prendere una boccata d'aria e sul terreno rosso del campo da tennis, era stata colpita da una pallina. O almeno credeva fosse una pallina, che altro poteva essere, altrimenti?

«Porca miseria» mormorò accorgendosi solo allora che era sdraiata su un divanetto, in una specie di salotto.

«Ah, sei ancora viva» le disse Victor andandole davanti.

«Mi dispiace» farfugliò lei, alzandosi piano a sedere. «Se la cosa ti delude.»

L'uomo scosse il capo aiutandola a mettersi comoda, poi prese un bicchiere di acqua e glielo porse. Lei bevve un lungo sorso, pentendosi non appena il liquido raggiunse lo stomaco e un senso di nausea la scosse. «Potrei vomitare.»

«Ma perché sei uscita fuori?»

«Avevo bisogno di prendere un po' d'aria, avevo bevuto troppo tè, mi sentivo elettrica e avevo caldo.»

Lui respirò a fondo, si alzò e prese ad elencare una serie di motivi per cui quella giornata non stesse andando esattamente come aveva pianificato; ogni fallimento sembrava ricondurre a Hazel. Come quando aveva praticamente riso in faccia a Charlotte per la questione di Byron Brown.

«Era una scemenza!» si giustificò lei.

O come quando si era fatta beccare a osservarla due o tre volte durante la partita, tanto che alla fine lui le aveva suggerito di cambiare posto. E infine la perdita di sensi perché aveva deciso di andare a prendere una boccata d'aria e si era messa sulla traiettoria di una pallina da tennis.

«Scusa!» era sbottata a quel punto Hazel, «Se mentre prendevo un po' d'aria, un tennista professionista mi ha colpito con una pallina da tennis.»

«È stato un bambino di otto anni, non un professionista.»

Hazel rimase in silenzio, si ricordò di quei due bambini che stavano giocando e che per poco non l'avevano fatta cadere quando li aveva incrociati sulla soglia della porta, uscendo. Era stato davvero uno di loro a colpirla? Però, che forza. «Ah», mormorò semplicemente, salvo poi continuare: «Quel bambino ha talento allora, fa dei tiri davvero notevoli per essere così giovane. Scommetto quello che vuoi che fra qualche tempo sentiremo parlare di lui, già mi vedo i titoli sulle riviste di sport: bambino prodigio. Rafael Nadal 2.0. Vedrai, mio caro, vedrai.»

Victor la fissò sconcertato. «Tu sei folle. Ma d'altronde, dovrei già saperlo, il giorno che ti ho conosciuta hai preparato del tè senza motivo e poi hai chiesto, non si sa ancora a chi, perché lo avessi fatto.»

«L'ho chiesto a me stessa e comunque quel singolo episodio non ti dà il diritto di giudicarmi.»

«Ehilà!» esclamarono da fuori la porta, «Amici, sono io, Byron.»

Insieme... ma non troppoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora