13.

179 19 16
                                    

13.

LA CIAMBELLA AI TRE CIOCCOLATI


Quella mattina, Hazel si alzò di buon umore, ed ebbe la sensazione che fosse dovuto alla serata che aveva trascorso a Carson Beach. Quel sabato era stato praticamente perfetto, Victor era stato perfetto, con dolcezza e semplicità era stato capace di farle passare la tristezza, e si era aperto con lei.

Aveva idea che non lo avesse fatto mai con nessun altro e questo le faceva piacere. Significava che si fidava, significava che la considerava un'amica. O forse, visto il bacio che si erano scambiati, qualcosa di più. Sorrise accarezzandosi le labbra, era la decima volta che lo faceva da quando l'aveva riaccompagnata la sera prima.

Non avevano parlato di quello che era successo, ma erano rimasti chiusi dentro una specie di bolla per tutto il tempo in cui si erano trattenuti in quella casa, il camino li aveva scaldati e avevano parlato e avevano riso.

Lei avrebbe voluto fare tante domande, prima fra tutte se avesse intenzione di vedere comunque Charlotte il giorno successivo a pranzo. Poi avrebbe voluto chiedergli se quel bacio aveva significato qualcosa o se era stato solo un momento di profonda amicizia.

Ma non aveva chiesto nulla.

Lo aveva semplicemente salutato, e una volta a casa, dopo un bagno caldo, si era messa a letto e aveva fissato il soffitto.

Non aveva idea di cosa stesse succedendo nella sua vita; si era invaghita di Victor? E lui si era invaghito di lei? Oppure semplicemente si erano fatti trasportare dall'atmosfera, dal pozzo dei desideri, dal crepitio del fuoco? I pensieri l'avevano tenuta sveglia fino alle due passate, fino a quando il ricordo di quel bacio, del brivido che aveva provato quando la lingua di Victor aveva incontrato la sua, non aveva spazzato via le preoccupazioni permettendole di addormentarsi.

Al mattino le ansie si erano risvegliate, lei le mise a tacere decidendo che, indipendentemente dal significato, quel bacio le aveva scaldato il cuore e l'aveva fatta felice e Dio solo sapeva quanto ne avesse bisogno. Si era vestita, era passata a salutare Daisy, aveva portato un cappuccino a Vivian e un succo di zenzero, carota e arance a suo cognato.

Aveva pensato che ne avessero bisogno visto quanto stavano lavorando in quegli ultimi giorni. Poi aveva pranzato con un tramezzino e aveva fatto un giro in centro fermandosi a guardare le vetrine, individuando uno o due negozietti in cui sarebbe decisamente tornata a fare qualche acquisto. Aveva trascorso, insomma, una giornata tranquilla e rilassata e prima di tornare a casa si era fermata al Mondo delle ciambelle per fare scorta di dolciumi per il dopocena. Era stato proprio lì che aveva incrociato Byron Brown; lo aveva salutato con calore.

Non si era scordata della pallina da tennis, delle dicerie e delle probabilità che quelle scemenze fossero vere, ma quel giorno, niente poteva scalfire la sua serenità.

«Oh Hazel cara, come stai?» le chiese l'uomo con tono gentile. «Come va la testa? Non hai avuto gravi ripercussioni, vero?»

Lei sorrise. «Sto bene, davvero. È bastato un po' di ghiaccio e un unguento. Forse non lo sa, ma mia sorella è un'infermiera e mio cognato è un dottore. Si sono presi cura di me.»

«Grazie al cielo. Dove hai lasciato Victor?»

«È in giro, aveva tante cose da fare» Hazel respirò a fondo. «È strano incontrarla proprio qui, Byron. Non avrei mai detto che fosse un tipo da ciambelle.»

«Infatti non ne mangio spesso, ma è il mio negozio e ogni tanto passo a dare un'occhiata.»

La donna sgranò gli occhi. «Il suo negozio? Vuol dire che lei è proprietario di questo meraviglioso, paradisiaco, posto?»

Insieme... ma non troppoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora