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IL PIANO

L'appartamento di Victor era esattamente come Hazel l'aveva immaginato: un grande attico all'ultimo piano di uno dei palazzi più antichi dell'intera città. A due passi da Harvard, di fronte ad uno dei pub più in voga di Boston. Probabilmente era lì che rimorchiava alcune delle sue clienti, anche se forse era meglio dire che erano loro a rimorchiare lui.

Ad aprirle la porta era stato lui in cappotto, in una mano stringeva le chiavi dell'auto, con l'altra le fece cenno di entrare dicendole che si era ricordato di una commissione e che doveva uscire. «Tornerò in men che non si dica, fai come se fossi a casa tua.»

Hazel aveva sospirato, poi si era addentrata all'interno di quel soggiorno spazioso e, avvicinatasi alla finestra, si era persa nella magnificenza di Boston; il sole stava tramontando e offriva un'esplosione di luce arancione che si dissolveva man mano che faceva buio. Era rimasta lì per un po', fino a quando non aveva sentito la porta aprirsi e voltandosi aveva visto un uomo che si era fermato a osservarla perplesso. «Ciao», le aveva detto. E Hazel aveva ricambiato.

Lui le raccontò di chiamarsi Robert e di essere il migliore amico di Victor. «Victor è sul pianerottolo» disse infine, dopo un istante di silenzio. «Sta parlando con un vicino, rientrerà a momenti. Tu devi essere Hazel, la finta fidanzata.»

La donna annuì titubante: «Sono io.»

L'uomo poggiò sul tavolo alcune scatole e si schiarì la voce «Victor mi ha detto del piano, o meglio, si è lasciato sfuggire qualcosa e poi l'ho praticamente costretto a dirmi altro. Ha accettato per sfinimento, credo.»

«Quindi sai tutto?»

«So che il mio amico è un pazzo», le disse. «Come ha fatto a convincerti a partecipare a questa cosa?»

«È una lunga storia», iniziò Hazel. «Diciamo che mi ha trovata nel momento giusto.»

«Che vuoi dire?»

«Lavoravo alla Global, l'azienda di cosmetici, ma hanno fatto dei tagli al personale e così, quando Victor me lo ha proposto, ho accettato.»

Robert rimase zitto, pensieroso. Poi respirò a fondo. «Il piano di Victor mi sembra una follia, e proprio per questo, potrebbe funzionare. Ci hai mai fatto caso? Le cose strane funzionano sempre, alla fine.»

Hazel non sapeva come rispondere, perché la cosa più folle che avesse mai fatto nella sua vita era stato un viaggio di quattro giorni in Messico, due dei quali era stata costretta a letto per un virus intestinale. Preferì non dirlo però, e con un sorriso si mise a sedere sul grande divano angolare che dava le spalle a un tavolo da biliardo. Cambiò argomento.

«Siete amici da molto?»

«Da anni. Mentre lo aspettiamo vuoi qualcosa da bere? O da mangiare, magari?» le chiese Robert togliendosi finalmente il cappotto. «Ho portato degli hamburger.»

«Dell'acqua sarebbe perfetta» accettò di buon grado lei, seguendolo in cucina. «Starai pensando che sono una persona veramente terribile, se mi presto a questa cosa.»

Robert le passò un bicchiere d'acqua.

«Non è per i soldi» Hazel bevve un sorso, «non solo, almeno. Ho considerato diverse volte l'idea di tirarmi fuori da questa follia, ma poi ho pensato che forse, io sono lo strumento di cui il fato si sta servendo per mettere insieme due persone che sono destinate ad amarsi. Non sono stata proprio io a pensarci a dire il vero, è stata Daisy.»

«Daisy?»

«Sì, la mia migliore amica. Quando le ho raccontato cosa sto facendo se ne è uscita fuori con questa storia del destino. Credi che sia possibile?»

Insieme... ma non troppoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora