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COME TUTTO FINÌ...



Quando Hazel aprì gli occhi, Victor era in piedi di fronte alla finestra; fissava fuori, in mano una tazza che era piena di tè, ci avrebbe scommesso. Ripiegò il braccio sotto la testa e sorrise perdendosi nella vista di quelle spalle muscolose, di quel corpo ben definito. Era incredibile che fosse suo, ma lo era e lei lo amava ogni giorno di più. Era passato più di un anno da quando si erano trovati, ma sembrava fosse ieri: la passione non si era mai spenta, l'amore era solo aumentato. Piano, provando a non far rumore, si alzò e lo raggiunse, si sollevò sulla punta dei piedi e gli diede un bacio sul collo, poi un altro sulla nuca. Lui ridacchiò reclinando poco il capo all'indietro.

«Ah, non farlo» gemette. «O finiremo per essere in ritardo all'inaugurazione del nostro stesso negozio.» Il loro negozio... quello studio che avevano deciso di affittare e che avrebbe offerto ai clienti un servizio fatto di make-up e foto per eventi. Entrambi lo avevano voluto fortemente, Victor però con maggiore entusiasmo, Hazel invece aveva un po' di paura.

«Quello, giusto» mormorò andandogli davanti. «Ma siamo i proprietari, possiamo essere in ritardo. O no?»

Victor corrugò la fronte, allungò la mano e le accarezzò il viso: «Che succede, Haze?» le domandò chiamandola con quel nomignolo che a lei piaceva solo quando veniva fuori dalla sua bocca.

«Niente, perché me lo chiedi?»

«Perché dovrebbe essere un giorno felice ma tu hai l'aria piuttosto triste.»

Lei respirò a fondo, gli prese la tazza di mano e bevve un lungo sorso. «Sono solo un po' nervosa. Stanotte non riuscivo a prendere sonno, continuavo a pensare a oggi. Che succede se non partecipa nessuno? Mio Dio... pensaci. Noi andiamo lì, tutti felici, pieni di dolcetti e bevande di ogni tipo pronti ad accogliere gli ospiti e nessuno viene. Non abbiamo neppure una pianta.»

«Una pianta?»

«Sì», annuì Hazel. «Una pianta che abbellisca l'ambiente. Vivian mi ha consigliato di non acquistarne perché sicuramente ne riceveremo tantissime dagli ospiti, e io le ho dato retta. Ma ho fatto male, perché se nessuno si presenta rimarremo senza nessuna pianta e quel posto sarà spoglio e vuoto.»

Victor la fissò con attenzione, la vide bere un altro sorso dalla tazza, ridurre gli occhi a due fessure mentre fissava un punto indefinito. Pensò che forse avrebbe dovuto dire qualcosa, ma era certo che lei non avesse ancora finito e infatti dopo un istante ricominciò.

«Però in fondo poco male, se non viene nessuno a cosa ci servono le piante per abbellire il posto?» gli ridiede la tazza e lo guardò. «Dobbiamo annullare l'inaugurazione, sì.»

Victor si piegò per baciarla e sorrise. «Respira, amore mio. Andrà tutto bene, l'inaugurazione sarà un successo e ci sarà un fiume di persone.»

«E se ti sbagliassi?»

«Se dovessi sbagliarmi, uscirò fuori per la strada e inviterò tutte le persone che vedrò a passeggio. Li pagherò per entrare se necessario.»

Hazel rise. «Grazie» gli disse baciandolo. «Grazie per amarmi nel modo in cui mi ami.»

Victor le spostò la frangia spingendola indietro con le dita, le baciò la fronte e poi la punta del naso.

«Andiamo a fare colazione. Ho preparato i pancake, i tuoi preferiti» le disse.

Hazel lo seguì in cucina.

◊◊◊◊

Era stata una giornata perfetta.

L'inaugurazione era stata un successo e soprattutto, contro ogni preoccupazione di Hazel, tanti invitati si erano presentati con una pianta come omaggio di buon augurio. Victor guardò sua madre ridere insieme a Vivian, suo padre fissare affascinato Daisy, Patricia raccogliere tutta l'immondizia in un grande sacco aiutata da Robert. Cercò Hazel con lo sguardo e la trovò davanti alla parete di fianco alla porta di ingresso.

Le si avvicinò e le passò un braccio sulle spalle, sorridendo quando lei lo avvolse con entrambe le braccia. «Abbiamo tantissime piante.»

Hazel rise. «Sì, così tante che forse dovremo portarcene qualcuna a casa, sono troppe.»

Victor la strinse forte. «Stai bene?»

«Sì», la sua bella donna annuì. «Questa foto sta benissimo qui» disse indicando con un dito la grande cornice appesa al muro, dentro c'era la foto che ritraeva lei e sua madre. Maria le teneva il viso tra le mani, le loro fronti si toccavano. L'aveva scattata Victor, con il suo cellulare, attraverso la porta aperta, più di un anno prima in ospedale. Ed era con quella stessa foto che il suo lavoro nel mondo della fotografia era ricominciato.

«Hai ragione» concordò lui. «La mia foto migliore». Si guardarono e, facendolo, loro sapevano dirsi tante cose. Le loro labbra si incontrarono in un bacio, e fu come la prima volta: la nebbia sparì, e il futuro sembrò più limpido che mai.

Insieme... ma non troppoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora